Milioni di animali allevati in condizioni brutali e
scuoiati vivi: accade in Cina per il mercato internazionale della
pellicceria, in particolare quello di Italia, Europa, Stati Uniti,
Giappone, Corea e Russia. Un’investigazione e un filmato, realizzati
nel 2004 e 2005 nelle principali province cinesi in cui è praticato
questo tipo di allevamento (Shandong, Heilongjiang, Jilin, Hebei),resi
pubblici oggi dalla LAV insieme all’Associazione Svizzera per la
Protezione degli Animali e East International che hanno condotto
l’indagine, denunciano orrori inimmaginabili: sul web dedicato
www.nonlosapevo.com è
possibile vedere una breve sequenza video, invitare altre persone a
visitare questo sito e firmare la petizione della LAV al Governo
italiano per chiedere un bando nazionale all’importazione e al
commercio di pelli e pellicce provenienti dalla Cina e l’obbligo di un
completo sistema di etichettatura per questi prodotti.
La Cina è diventata la più grande produttrice ed esportatrice al mondo
di pellicce e di manufatti in pelliccia: nel 2004 il valore del
commercio di questo tipo di prodotti made in Cina ha raggiunto i 2
miliardi di dollari statunitensi. La Cina produce più di 1 milione e
mezzo di pelli di volpi e visoni l’anno, equivalenti all’11% della
produzione mondiale di visoni e al 27% della produzione mondiale di
volpi, mentre il numero di procioni allevati e uccisi in un anno è di
oltre 1 milione e mezzo. Milioni anche i cani e ai gatti uccisi per la
pelliccia. Più del 95% dell’abbigliamento prodotto in Cina è venduto
in particolare a Europa e Italia, USA, Giappone, Corea e Russia, con
l’80% di pellicce esportate da Hong Kong verso Europa, Stati Uniti e
Giappone. La Cina importa 5 milioni di pelli di visone e 1,5 milioni
di pelli di volpe l’anno: questo corrisponde al 40% di quanto venduto
attraverso le aste di tutto il mondo. Molte di queste pelli sono tinte
in Cina e poi riesportate.
Il giro d’affari mondiale derivante dalla vendita di pellicce ha
raggiunto, nel biennio 2001-2002, l’importo di 11 miliardi di dollari
statunitensi. L’Unione Europea è la più grande consumatrice di
pellicce di tutto il mondo; nel biennio 2002-2003, il commercio di
pellicce dei Paesi dell’Unione Europea, è stimato in circa 4,5
miliardi di dollari statunitensi.
“L’investigazione documenta squallidi allevamenti, animali storditi a
bastonate o sbattuti a terra, ai quali la pelliccia viene strappata
via mentre sono ancora vivi: respiro, battito cardiaco, movimento
direzionale del corpo e movimento dei bulbi oculari, sono evidenti per
un periodo compreso tra i 5 e i 10 minuti dopo che sono stati
scuoiati. Si vedono anche operai che salgono con i piedi sulla testa o
il collo dell’animale per strangolarlo - dichiara Roberto Bennati,
responsabile LAV campagne europee - Il settore della pellicceria ha
trovato nuove strategie di vendita proponendo un’infinità di capi di
abbigliamento e accessori con rifiniture in pelliccia, grazie al
mercato cinese di allevamento, trasformazione e confezionamento, dove
manodopera a basso costo e con minori tutele, l’assenza di leggi a
tutela del benessere degli animali allevati e di norme che vietino
atti di crudeltà, permettono di aggirare norme restrittive interne, di
proporre prezzi accessibili a un vasto pubblico e di realizzare ottimi
guadagni. I consumatori devono sapere quali atrocità si nascondono
dietro tali prodotti, per i quali non esiste un obbligo di etichetta
che indichi il paese produttore, la specie animale, il sistema di
allevamento e uccisione: a loro chiediamo di rifiutarsi di acquistare
qualsiasi capo contenente spoglie di animali. Al Governo italiano
chiediamo di mettere fine a questo mercato di morte”.
“Le condizione di detenzione degli animali negli allevamenti cinesi
violano i più elementari diritti di un essere vivente - dichiara Mark
Rissi, responsabile di World Society for the Protection of Animals e
di Swiss Animal Protection, le organizzazioni autrici
dell’investigazione - In tutta la mia carriera di giornalista
televisivo non ho mai visto tanta brutalità e crudeltà verso gli
animali. Ora che abbiamo queste prove, vogliamo rendere nota a tutti
questa terribile realtà e chiedere alle istituzioni e ai consumatori
di non rendersi complici di queste violenze”.
In tutti gli allevamenti cinesi oggetto dell’indagine è stato
riscontrato anche che la prigionia nelle anguste gabbie provoca gravi
effetti sul comportamento degli animali: sono state documentate
stereotipie (comportamenti ossessivamente ripetitivi come camminare
ripetutamente avanti e indietro o il ripetuto annuire con la testa),
completa passività acquisita (mancanza di sensibilità e inattività
estrema), automutilazioni. Gli allevatori hanno segnalato problemi
nella riproduzione e infanticidio. La mortalità media dei cuccioli
prima dello svezzamento può arrivare fino al 50%.
|