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18/11/2005 Scuoiati Vivi.
La Drammatica Realtà del Mercato di Pellicce in Cina
e le Complicità di Italia, Europa, Stati Uniti, Giappone e Russia (www.infolav.org)
(Uso consentito citando la fonte: LAV, Swiss
Animal Protection SAP, East International)
Negli
ultimi anni alcuni Paesi hanno scelto di abolire gli allevamenti di animali
“da pelliccia”, in altri, come l’Italia, si sono poste in essere condizioni
così rigorose da rendere questo allevamento antieconomico, prefigurandone
una progressiva scomparsa in considerazione di una dura condanna sia etica,
da parte dell’opinione pubblica, che scientifica grazie ad importanti studi
di etologi che hanno dimostrato la crudeltà dei metodi di allevamento.
Il
settore ha quindi trovato nuove soluzioni all’allevamento degli animali e
la Cina è il Paese che ha saputo fornire concrete risposte a una
domanda di assenza di regole e vincoli all’allevamento di milioni di esseri
viventi. La Cina è diventata la più grande produttrice ed
esportatrice al mondo di pellicce e di manufatti in pelliccia; non ha leggi
a tutela del benessere degli animali allevati,
non ha norme che vietino gli atti di crudeltà nei
confronti degli animali, e così i Paesi Europei possono eludere
le norme restrittive interne decentrando gli allevamenti e in più
risparmiano sulla mano d’opera. Negli ultimi dieci anni sono così sorti
migliaia di allevamenti in Cina, a un ritmo di crescita che neppure le
statistiche del commercio mondiale riescono a descrivere.
L’investigazione in Cina
L’Associazione Svizzera per la Protezione degli Animali e l’Associazione
East International hanno realizzato la prima investigazione al mondo sulle
condizioni di vita degli animali “da pelliccia” negli allevamenti cinesi. L’investigazione,
svoltasi nella seconda metà del 2004 e nel mese di gennaio 2005, è
stata condotta in maniera segreta, nelle principali province cinesi
in cui è praticato questo tipo di allevamento (Shandong,
Heilongjiang, Jilin, Hebei) e ha documentato per la prima volta la
totale assenza del più elementare rispetto degli animali, condizioni di vita
inimmaginabili e animai scuoiati vivi.
Animali “da pelliccia” e allevamenti
Le
specie maggiormente allevate per la pelliccia sono la volpe rossa, la
volpe artica, il procione, il
visone e i conigli della specie Rex ma anche innumerevoli cani
e gatti (l’importazione e il commercio di pelli e pellicce di cani e
gatti in Italia è vietata da alcuni anni, prima con un’Ordinanza e ora dalla
Legge 189/04). Gli investigatori hanno documentato
la diffusa presenza di piccoli allevamenti di animali da pelliccia, spesso
gestiti come azienda familiare. Gli allevamenti di medie dimensioni occupano
dai 10 ai 15 dipendenti, mentre aziende di grandi dimensioni impiegano da 50
ad alcune centinaia di braccianti. Nelle province in cui si allevano animali
da pelliccia da più anni, molte aziende di medie dimensioni con un numero di
animali compreso tra 1.000 e 10.000, sono state rafforzate con investimenti
esteri, al fine di ottenere un sicuro e controllato approvvigionamento di
pelli verso l’Occidente.
Gli
allevamenti di maggiori dimensioni stanno sviluppando internamente attività
di inseminazione artificiale e riproduzione degli animali,
uccisione, lavorazione delle pelli, concia e tutti i servizi post produzione,
compresa l’esportazione verso altri paesi. Questo conferma la capacità della
Cina di essere leader nella produzione e nei servizi per le aziende di moda
di tutto il mondo.
Il
giro d’affari in Cina e nel mondo
Membro della IFTF (International Fur Trade Federation), la Cina è la più
grande produttrice ed esportatrice al mondo di capi di abbigliamento in
pelliccia: nel
2004
il valore del commercio di pellicce e capi in pelliccia di origine cinese ha
raggiunto i 2 miliardi di dollari statunitensi, con importazioni pari
a 327 milioni di dollari.
Il giro d’affari mondiale derivante dalla vendita di pellicce ha
raggiunto, nel biennio 2001-2002, l’importo di 11 miliardi di dollari
statunitensi. L’Unione Europea è la più grande consumatrice di
pellicce di tutto il Pianeta; nel biennio 2002-2003, il commercio di
pellicce dei Paesi dell’Unione Europea, si stima abbia raggiunto circa
4,5 miliardi di dollari statunitensi.
Dati ufficiali dell’Associazione cinese dell’industria delle pellicce
indicano che in Cina le importazioni di pellicce
sono aumentate del 54% e le esportazioni del 123% nel corso del 2003.
Più del 95% dell’abbigliamento prodotto in Cina è
venduto nei mercati d’oltre mare, in particolare a Europa e Italia, USA,
Giappone, Corea e Russia, con l’80% di pellicce esportate da Hong Kong
verso Europa, Stati Uniti e Giappone. Secondo il Sandy Parker Report la Cina
ha esportato 1,2 milioni di dollari statunitensi in rifiniture di pellicce
verso gli Stati Uniti nel solo gennaio 2005. Avere statistiche
precise sull’esportazione di questi prodotti è difficile perché le
“rifiniture” non sono specificate in dogana. Inoltre i commercianti al
dettaglio possono importare delle partite che poi vengono nuovamente
esportate verso un altro paese.
L’85% delle pellicce vendute in tutto il mondo provengono da allevamenti; il
25-30% delle pellicce prodotte in Cina deriva dall’uccisione di animali
selvatici, mentre il 70-75% da animali tenuti negli allevamenti. Stime
effettuate sulla base dei dati
forniti dall’industria, indicano che la Cina produce più di 1
milione e mezzo di pelli di volpi e visoni l’anno, equivalenti
all’11% della produzione mondiale di visoni e al 27% della produzione
mondiale di volpi; il numero di procioni allevati e uccisi in un
anno è stimabile in oltre 1 milione e mezzo.
La Cina importa 5 milioni di pelli di visone e 1,5
milioni di pelli di volpe l’anno (China Business Weekly 20 gennaio 2004).
Questo corrisponde al 40% di quanto venduto attraverso le aste di tutto il
mondo. Molte di queste pelli sono tinte in Cina e le rifiniture colorate
secondo i dettami della moda sono poi riesportate. Nel periodo 2002/2003 il
40% delle pelli di volpe prodotte in Finlandia (845.325 pezzi) furono
esportate verso la Cina e Hong Kong, e anche il 38% della produzione
finlandese fu esportato verso la Cina (1.633.682 pelli di visone).
Le
condizioni di vita degli animali negli allevamenti
Negli allevamenti cinesi per animali da pelliccia, volpi e procioni sono
rinchiusi in gabbie dallo spazio assolutamente insufficiente (file di
gabbie di rete metallica che misurano circa 90 cm di lunghezza, 70 cm di
larghezza e 60 cm di altezza), completamente spoglie, senza nessun
gioco, nulla da rosicchiare, nessun ripiano, nessun box per costruire una
tana, in molti casi manca anche il tetto.
La prigionia in queste anguste gabbie provoca gravi effetti sul
comportamento degli animali, riscontrate di frequente negli allevamenti
cinesi: sono state documentate patologie comportamentali come
stereotipie (comportamenti ossessivamente ripetitivi come camminare
ripetutamente avanti e indietro, movimenti della testa come il continuo
annuire), completa passività acquisita (mancanza di sensibilità e
inattività estrema) come pure automutilazioni. Gli allevatori hanno
segnalato problemi nella riproduzione e infanticidio.
La mortalità dei cuccioli
L’infanticidio
è un problema comune negli allevamenti di volpi. La mortalità
media dei cuccioli prima dello svezzamento può arrivare fino al 50%.
Questa percentuale è eccezionalmente elevata, anche per volpi d’allevamento.
In Svezia si registra una mortalità del 15-30% prima dello svezzamento e in
Finlandia fonti degli allevatori indicano una mortalità stimata del 30%. Uno
studio norvegese citato nel rapporto su “Il Benessere degli Animali detenuti
per la Produzione delle Pellicce” della Commissione Europea, indica la
mortalità dei cuccioli di volpe argentata pari al 16,8% e pari al 22% per le
volpi rosse.
I
metodi di uccisione in Cina documentati in un filmato
In Cina gli animali sono uccisi nelle vicinanze dei mercati all’ingrosso dove
gli allevatori li portano per la vendita e le grandi compagnie vanno ad
acquistarne le pelli. Per giungere in questi mercati gli animali sono spesso
trasportati su lunghe distanze, in condizioni terribili prima di
essere uccisi.
Per
uccidere gli animali viene usato un bastone di legno o una barra
metallica; volpi, procioni e visoni vengono tenuti per le zampe
posteriori e colpiti ripetutamente, con grande crudeltà, sulla testa.
Oppure l’animale viene afferrato per le zampe posteriori e la testa
sbattuta a terra con grande violenza. Gli animali lottano, hanno
convulsioni, giacciono tremanti a terra, accennano solo qualche residuo
movimento. L’operaio controlla se l’animale resta più o meno immobile:
questo metodo di trattare gli animali ha lo scopo di stordirli.
Molti animali, nonostante siano immobili,
restano vivi. Lo scuoiamento inizia con un coltello inserito
nella parte posteriore delle zampe dell’animale, mentre l’animale è
mantenuto con un uncino a testa in giù. In molti casi le carcasse appena
scuoiate, sono raccolte in furgoni che porteranno questi resti alle
lavorazioni per il consumo umano. Partendo dalle zampe posteriori e fino
alla testa compresa, agli animali viene “strappata” via la pelle. Gli
investigatori hanno documentato in un filmato (distribuito in Italia dalla
LAV) che numerosi animali rimangono pienamente coscienti tra atroci
sofferenze mentre viene loro strappato il manto. Perfino dopo che
la loro pelle è stata strappata via, respiro, battito cardiaco, movimento
direzionale del corpo e movimenti dei bulbi oculari, sono evidenti per un
periodo compreso tra i 5 e i 10 minuti. Spesso
animali inizialmente storditi riprendono coscienza mentre li scuoiano e
cominciano a torcersi dai dolori. Gli operai usano il manico del loro
coltello per picchiare più volte sulla testa dell’animale fino a che questi
rimane di nuovo immobile. Il filmato documenta anche operai che salgono
con i piedi sulla testa o il collo dell’animale per strangolarlo. Le
condizione di detenzione degli animali negli allevamenti cinesi violano i
più elementari diritti di un essere vivente e anche i minimi standard di
benessere.
Come
è cambiato il mercato delle pellicce, il ruolo della Cina
Negli
ultimi anni la riduzione delle vendite di pellicce ha determinato una
energica reazione delle industrie del settore e la ricerca di un nuovo e
proficuo sistema di commercializzazione delle pelli. La pelliccia in senso
tradizionale non incontrava più l’apprezzamento delle donne e non era più un
prodotto in grado di adattarsi alle nuove tendenze. La risposta ha richiesto
una ristrutturazione del settore e la ricerca di nuovi modi di disegnare e
proporre la pelliccia, con la proposta di capi di vestiario in pelliccia
accessibili a chiunque; accessori, ritagli, inserti e rifiniture di
pelliccia sono oggi discutibilmente considerate “chic” e “trendy” e
stanno contribuendo al rilancio di questo prodotto. Invece di costose e
lunghe pellicce, questo cruento prodotto è usato per le rifiniture e
l’ornamento dei capi di abbigliamento e accessori.
Eppure sia che sia cucita per farne un lungo cappotto, sia che guarnisca
colli, cappelli, borse o guanti, si tratta sempre di pelle orribilmente
strappata agli animali, per banale vanità e, evidentemente, senza alcun
rispetto per la vita di questi esseri viventi.
La maggior parte di queste pellicce proviene dalla Cina, che domina la gran parte del mercato
internazionale con i suoi prodotti a basso costo. Non è un caso,
infatti, che questa strategia commerciale trovi nelle grandi catene della
distribuzione organizzata, i centri commerciali e gli
ipermercati, il loro canale distributivo ideale. Ovviamente questi capi
sono venduti anche in negozi tradizionali di abbigliamento.
E’ necessario che il consumatore sia informato di
come questi apparentemente innocui “pezzetti” di pelliccia, rappresentino in
realtà una terribile sofferenza per milioni di animali. Questi capi di
abbigliamento in pelliccia non sono etichettati e l’unico modo di non
essere complici di questa inaudita strage, è quello di evitare di
acquistare qualsiasi indumento o accessorio che contenga anche il minimo
ritaglio di pelliccia.
Le
richieste della LAV al Governo italiano, la petizione
Con
una petizione indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri,
ai Ministri delle Attività Produttive e della Salute, ai Presidenti di
Camera e Senato, la LAV chiede una legge che chiuda il mercato
italiano al commercio di pellicce provenienti dalla Cina. In particolare
la LAV chiede:
- il divieto di importazione e di
cessione a qualsiasi titolo su tutto il territorio nazionale di pelli di
animali allevati o commercializzati sul territorio della Repubblica Popolare
Cinese;
- l'obbligo di etichettatura di
tutti i capi contenenti spoglie (intere o parti) di animali sottoposte a
concia o altri trattamenti che mantengano inalterata la struttura naturale
delle fibre, indicando espressamente la specie utilizzata, il metodo di
allevamento, il metodo di uccisione, l'azienda di confezionamento e il Paese
di provenienza. Tale obbligo dovrà essere applicato anche a peluche e gadget
realizzati con i suddetti materiali.
La petizione si può firmare sul modulo cartaceo predisposto dalla LAV o
direttamente sul sito
www.infolav.org (entro il 31 dicembre 2006).
Oltre
alla petizione, per sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica, la LAV
ha predisposto uno specifico sito informativo:
WWW.NONLOSAPEVO.COM proprio per sottolineare la natura sconosciuta e
nascosta di questo orribile mercato di morte. Il sito contiene una sintesi
dei risultati dell’investigazione condotta in Cina, è possibile visualizzare
il filmato che testimonia le reali e inimmaginabili condizioni di
allevamento e uccisione degli animali “da pelliccia” in Cina e firmare la
petizione invitando altre persone a conoscere questa realtà.
(Uso consentito citando la fonte: LAV,
Swiss Animal Protection SAP, East International)
WWW.NONLOSAPEVO.COM
www.infolav.org
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