Potrebbe essere inopportuna e non attirare le
simpatie di molti, ma la scelta di Giuliano Ferrara di presentarsi alle
elezioni con una “lista di scopo” di carattere antiabortista alcuni
meriti li ha. E non sono da sottovalutare.
E’ certamente scomoda, ma in una campagna elettorale come quella che
ci sta davanti non per questo è sbagliata: potrebbe essere inopportuna,
ma gli aspetti positivi potrebbero alla fin fine anche superare quelli
negativi. La lista pro-life di Giuliano Ferrara, che il direttore del
Foglio intende presentare in tutte le regioni alle prossime elezioni
politiche, sia alla Camera sia al Senato, fa discutere e spiattella sul
piatto del contendere con forza inusitata il tema dell’aborto e tutti
gli altri cruciali aspetti bioetici del vivere contemporaneo. Lo fa
costringendo tutti gli altri a tenerne conto, e dunque a prendere
posizione, a non nascondersi dietro lo scudo della “libertà di
coscienza”, tanto inviolabile quanto politicamente incomprensibile di
fronte ad una tornata elettorale.
I temi della bioetica e quello dell’interruzione volontaria di
gravidanza in primo luogo sono – va da sé - argomenti “politici”, che
riguardano la vita e le sue articolazioni, che riguardano la vita reale
molto più di mille altri argomenti da campagna elettorale. Affermare,
come qualcuno fa, che i temi etici debbano rimanere “fuori dalla
campagna elettorale” è – ci pare - semplicemente sbagliato, perché le
decisioni su queste questioni possono e devono entrare a far parte del
bagaglio di considerazioni svolte dall’elettore nella sua decisione di
voto. Perché mai dovremmo decidere il nostro voto solo in ragione delle
scelte dei partiti e dei singoli candidati in tema di tasse, di
sicurezza, di immigrazione e di politica estera, e non anche sulla base
delle proposte programmatiche sui temi della vita e della famiglia?
E’ chiaro che una parola sui temi bioetici da parte dei partiti e in
misura ancora maggiore da parte dei singoli candidati (un partito
potrebbe anche non voler esprimersi in modo netto) non è solo possibile,
ma anche doverosa. E bene hanno fatto il Forum delle Associazioni
familiari, il Movimento per la vita e l’Associazione Scienza&Vita, in
tre distinti manifesti, a chiedere a tutti i partiti – tutti i partiti –
di “dire qualcosa di bioetico”, di presentare anche su questi temi le
proprie idee, per poterle considerare e valutare. Questione di
trasparenza. E bene hanno fatto queste realtà associative a rivolgersi a
tutti i partiti, perché i temi della vita e della famiglia devono essere
trasversali, non possono essere appannaggio solo di alcuni, ma trovare
in tutti le proprie risposte.
Epperò, la forza propulsiva innestata dalla presentazione della lista di
Giuliano Ferrara ha spaiato le carte e reso questo fenomeno ancora più
evidente. Se fosse stato per i principali competitori in campo, il Pd e
il Pdl, Veltroni da una parte e Berlusconi dall’altra, i temi bioetici
sarebbero rimasti in secondo piano, per amore di pace e di serenità,
viste le differenze sostanziali che all’interno dei due schieramenti
(chi più chi meno) sono presenti. E allora: l’aborto non è un tema da
“campagna elettorale” nel senso che non merita di essere ridotto al
gioco di batti e ribatti e di urla e contro-urla tipico dei dibattiti
televisivi, ma è certamente un tema da “campagna elettorale” nel senso
che deve entrare a far parte delle questioni intorno alle quali ci si
confronta e ci si spiega riguardo alle esigenze, ai problemi, ai
bisogni, alle prospettive di un paese. Quella di Ferrara è palesemente
anzitutto una battaglia culturale, tant’è che la proposta di “moratoria”
è nata ben prima della caduta del governo Prodi e del ricorso alle urne:
in questo senso la lista elettorale è solo un’ulteriore cassa di
risonanza che si aggiunge – con i suoi pro e i suoi contro – agli altri
strumenti tramite i quali un dibattito acceso e appassionante è stato
risvegliato nel paese.
La questione se votarla o meno, o se porsi nei confronti di questa lista
in modo contrario o favorevole o benevolmente neutrale o indifferente, è
forse perfino prematuro al momento: la questione cruciale è ora
posizionare sul terreno di gioco la proposta culturale, spiegarla e
farla comprendere. Spiegare che c’è qualcosa di storto se l’aborto è
diventato una normalità e una formalità, se lo si pensa come una
“conquista” e non come una triste soluzione da evitare ogni volta che si
può, se lo si confina ad ossessione della morale cattolica. E di
spiegare tutto questo ce n’è bisogno davvero se la reazione sgangherata
di ampi settori della politica è stata quella di una pregiudiziale
difesa della legge 194/78, il cui testo nessuno fra i competitori
elettorali, Ferrara incluso, ha proposto di toccare.
Nessun altra iniziativa, e forse nessun altro personaggio, poteva
riuscire in questa Italia che si prepara al voto del 2008 a mettere al
centro in questo modo la questione aborto. I risultati si vedranno col
tempo: ma per quanto provocatorio possa essere il tono, e per quanto
occorra non sottovalutarne le insidie, la lista pro-life genera
discussione e dibattito. E fosse solo per questo ha già vinto la sua
battaglia.
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