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05/10/2007 Medici sul campo/9. Ancora risposte fra testamento biologico, eutanasia e cure palliative
(Daniele Lorenzi, http://www.korazym.org)
Testamento
biologico? "Non serve". Interviste a raffica di Scienza&Vita.
Giorgio Fossale è medico chirurgo, presidente dell’Ordine dei Medici di
Vercelli, dove è anche assessore alla Cultura del Comune. Scienza&Vita
ha posto anche a lui le domande su testamento biologico ed eutanasia:
ecco le sue risposte.
Che cosa pensa di una norma che sancisca il testamento
biologico?
Sono assolutamente contrario ad una norma, perché ritengo che di leggi
che in qualche maniera interferiscono nel rapporto medico-paziente ce ne
sono già troppe. Le volontà, le decisioni, si costruiscono nella
relazione tra medico e paziente. Tutto quel che interferisce in questa
relazione è pericoloso.
Che cosa intende per accanimento terapeutico?
Quando, da una valutazione che emerge da quel singolo caso - e non da
casi astratti – fa scaturire un’operazione che miri a terapie
sproporzionate per eccesso, c’è accanimento terapeutico.
Che cosa intende per eutanasia?
Determinata, consapevole scelta di porre termine alla vita. Attiva o
passiva, non fa differenza. L’eutanasia interrompe comunque un percorso
di vita.
Nel codice deontologico ci sono le risposte necessarie a questa
problematica?
No. Il codice deontologico ha l’unico vantaggio di non essere
ultimativo, ha una dose di ambiguità, che può essere un’opportunità da
utilizzare nel rapporto medico-paziente. Il codice deontologico è un
precetto, poi ci dev’essere dell’altro, soprattutto le norme morali.
C’è e in che cosa consiste il conflitto tra volontà espresse in
precedenza dal paziente e posizione di garanzia del medico?
Si inseriscono tanti temi in questa domanda. Sottolinerei innanzitutto
come l’autonomia, la libertà del medico non sono strumenti che possono
essere affidati al paziente. Occorre una contestualizzazione delle due
volontà. Oggi c’è una grande confusione nell’uso dei termini; è
incredibile, ad esempio, la confusione che si fa tra sanità e salute.
Bisogna ritrovare il tempo per una riflessione complessiva su questi
temi.
Nel corso della sua professione ha mai avuto problemi, nel senso
di denunce legali, nel caso di interventi contrari alle indicazioni del
paziente che pur hanno consentito di salvare la vita o di ristabilire un
equilibrio di salute o di sospensione di terapie sproporzionate da cui è
derivata la morte del paziente?
Mai.
Può indicare la differenza tra testamento biologico e
pianificazione dei trattamenti, contestualizzata nella relazione
medico-paziente?
Il testamento biologico è un concetto estensivo, lo definirei una
scaffalatura dove bisogna mettere dei libri; per quanto riguarda la
definizione di pianificazione dei trattamenti, direi che tutto quello
che è catalogato non tiene conto di un fattore imponderabile,
l’imperfezione dell’essere umano. Come comprende, sono contrario a
qualsiasi cosa statuita che condizioni in qualche modo il rapporto
medico-paziente. Oggi fare il medico è molto difficile; lo si può fare
bene con il dialogo, potenziando il rapporto medico- paziente ed anche
tenendo presente quanto sostiene Emanuele Severino: nel mondo d’oggi si
fa una gran confusione tra mezzi e fini e la tecnoscienza è la
confusione tra mezzi e fini. A questo, occorre stare molto attenti.
L’implementazione delle cure palliative e dell’assistenza
domiciliare, delle strutture di lungodegenza e degli Hospice possono
essere una risposta all’eutanasia e all’abbandono terapeutico? Come si
presenta la sua realtà geografica da questo punto di vista?
Ha detto bene: possono essere una risposta. Sulle forme del morire
occorrono risposte differenziate e a mio avviso, queste strutture devono
essere affidate ai medici di famiglia o di fiducia del paziente. Ho
molto timore delle cosiddette case della salute. Insomma, non voglio
fare l’idraulico della morte, il medico che chiude il rubinetto. Spero
ci sia sempre per il medico la possibilità dell’obiezione di coscienza.
www.korazym.org
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