L'annuncio in diretta a Radio radicale: il medico
anestesista Mario Riccio ha interrotto le terapie che lo tenevano in
vita. Ieri il Consiglio superiore di Sanità aveva confermato: "Quello di
Welby non è un caso di accanimento terapeutico".
E' morto Piergiorgio Welby. E' morto nella notte fra mercoledì 20 e
giovedì 21 dicembre: è stato il medico anestesista Mario Riccio a
praticare la sedazione e a staccare la spina del respiratore. L’annuncio
della morte dell'uomo è stato dato, la mattina di giovedì 21 dicembre,
da Radio radicale, con un intervento di Marco Pannella: "Questa notte" -
ha detto - dopo una "tortura indicibile" Welby "ha raggiunto quello che
ha desiderato, per cui ha lottato". Immediatamente dopo, in una
conferenza stampa (nel giorno dello sciopero dei giornalisti di
quotidiani, agenzie stampa e web) il medico che si è assunto la
responsabilità del gesto ha affermato: "Lunedì ho conosciuto Piergiorgio
e mi ha confermato la sua volontà di interrompere l'assitenza e la cura
e che la cosa potesse avvenire sotto sedazione. Ieri sera ho chiesto a
Piergiorgio se la decisione del tribunale di riesaminare il ricorso
potesse modificare la sua scelta e mi ha ribadito che no, non cambiava
la sua determinazione. Piergiorgio mi ha chiesto di essere sedato e di
interrompere la cura". Riccio ha giustificato la sua decisione
ricordando il proprio impegno decennale come componente della Consulta
Bioetica Onlus presieduta dal professor Mori, bioeticista a Torino; gli
esponenti radicali hanno definito questo un atto di "disobbedienza
civile" di fronte al rifiuto del parlamento di avviare unì'indagine
conoscitiva sul problema dell'eutanasia.
Nelle scorse settimane Welby aveva aperto nell'opinione pubblica un
ampio dibattito su eutanasia e accanimento terapeutico, con la lettera
indirizzata a settembre al presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano, nella quale chiedeva il riconoscimento del suo diritto a
metter fine alla sofferenza delle sue condizioni di vita. Dopo che il
tribunale civile di Roma aveva dichiarato inammissibile il ricorso di
Welby, chiedendo un intervento legislativo sul tema, proprio ieri,
mercoledì 20 dicembre, il Consiglio superiore della Sanità
aveva confermato che nel suo caso non poteva parlarsi di accanimento
terapeutico, perché di accanimento si può parlare “in quei casi in cui
un paziente è sottoposto a trattamenti sanitari in eccesso rispetto ai
risultati ottenibili e non in grado, comunque, di assicurare al paziente
una più elevata qualità della vita residua in situazioni in cui la morte
sia imminente e inevitabile".
Nonostante ciò, come più volte annunciato, è arrivata la scelta dei
militanti politici radicali di dare corso alle volontà di Welby.
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