La rianimazione neonatale ha fatto grossi passi avanti e consente a
prematuri sempre piu' piccoli di continuare a vivere. Rischiando pero'
degli strascichi non ignorabili. Fin dove possono arrivare i medici,
tenuto conto che la scienza e' in continua evoluzione? Per tentare di
rispondere a questa domanda, Académie de médecine pubblica un
rapporto realizzato da un gruppo di lavoro presieduto da Claude Sureau
e redatto da Bernard Salle.
La prematurita' si sviluppa di pari passo con l'aumentare delle gravidanze
multiple, a loro volta conseguenti della fecondazione medicalmente
assistita. Cosi', lo 0,5% delle nascite e' composto di bambini che hanno
meno di 28 settimane. In Francia non c'e' un consenso unanime sulla
gestione della prematurita' estrema, e le cifre sui risultati a breve,
medio e lungo termine sono poche. La mortalita' dei prematuri sotto le 28
settimane e' del 25-30%; tra coloro che riescono a sopravvivere, il 15%-20
dovra' sopportare conseguenze pesanti. Alcuni studi hanno valutato a
posteriori -in differita di dieci anni- lo sviluppo a lungo termine dei
bimbi prematuri. Hanno rilevato turbe cognitive (concentrazione, memoria…)
a carico soprattutto dei nati prima delle 28 settimane. Peraltro, le
tecniche di trattamento sono progredite negli anni, per cui e' difficile
interpretare i dati sui prematuri nati piu' di dieci anni fa.
In conclusione, i relatori ritengono che dopo 25 settimane dalle ultime
mestruazioni della madre, l'esperienza e la letteratura medica
giustifichino interventi volti a favorire la sopravvivenza del prematuro
in sala parto prima e nell'unita' di neonatologia poi. Se le condizioni
sussistono, bisogna tentare tutto il possibile per salvare la vita di un
simile prematuro; quello che non appare accettabile e' l'accanirsi in modo
irragionevole con trattamenti sproporzionati in rapporto ai benefici
attesi in termini di durata e qualita' della vita. Quando poi si tratta di
prematuri sotto le 25 settimane o di peso inferiore ai 700 grammi, gli
esperti ritengono che i postumi a lungo termine siano rilevanti e
colpiscano oltre il 30% dei prematuri. Ancora: le pubblicazioni
scientifiche dimostrano che, oggi, un bambino con meno di 23 settimane non
ha nessuna possibilita' di sopravvivenza. Comunque, si ribadisce che non
esiste consenso unanime sul mantenere in vita un prematuro a tutti i
costi. Sono sempre decisioni individuali, fondate sull'esperienza
dell'équipe medica e adottate previa informazione e con l'accordo dei
genitori. Se la rianimazione e' stata efficace in sala parto e anche in
seguito, l'équipe deve tenere conto delle complicazioni che potrebbero
condizionare pesantemente il futuro del bambino, e agire di conseguenza.
In ogni caso, il parere informato dei genitori e' un elemento essenziale
nelle decisioni mediche difficili.
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