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21/04/2008 Vietare, vietare, vietare. È l'unica soluzione? (Redazione, http://www.korazym.org)

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Ratificata la Convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della Sanità sulla lotta al tabagismo. Anche in Italia, potrebbe essere introdotto il divieto di fumo per i minori di 18 anni. Ma siamo sicuri che questa strada sia sufficiente?

La notizia è di qualche giorno fa: il nostro Paese ha ratificato la Convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della Sanità sulla lotta al tabagismo, approvata dall'Assemblea dell'Oms nel 2003, che impegna le nazioni ad adottare misure legislative, esecutive e amministrative per vietare la vendita di prodotti del tabacco a chi non è maggiorenne secondo l'età prevista dal diritto interno. La proposta rilanciata due anni fa anche dal ministro della Salute, Livia Turco, potrebbe dunque concretizzarsi molto presto. Oggi il limite per la vendita del tabacco è 16 anni, mentre questa ratifica aprirebbe la strada ad una legge che estenda il divieto ai 18 anni.

Una strada quasi obbligata perché fumare fa male e la lotta contro il fumo, ha sempre detto il ministro, “resta tra le grandi priorità delle politiche di salute del Governo e del ministero della Salute in particolare”. Come non sottoscrivere dichiarazioni simili? Sembra quasi che si scopra l'acqua calda. E' vero: con il livello di informazioni disponibili oggi giorno, fumare è un passatempo se non pericoloso, quanto meno molto stupido. Eppure, siamo realmente convinti che un divieto sia sufficiente per educare?

Da qualche anno è in voga un'abitudine piuttosto curiosa che porta il mondo della politica a percorrere scorciatoie e non ad affrontare i problemi a monte. I ragazzi si drogano? Semplice, li si punisce. L'erba arriva anche a scuola? Semplice, li si perquisisce. Fumare e bere crea danni alla salute? Semplice, basta vietare. La dimensione educativa invece, rimane orfana: nessuno ne parla, pochi si sporcano le mani, pochissimi hanno il coraggio di dire le cose come stanno. E cioè che la droga uccide, che la salute non è un'opinione e che il vuoto deve essere riempito con risposte profonde e non con pannicelli caldi.

Oggi, viviamo una situazione paradossale. Le varie ricerche che hanno individuato particelle di stupefacenti nell'aria di Roma o nelle acque dei fiumi di Torino e Firenze, mostrano in modo traumatico il sistema delle doppie morali e delle doppie convinzioni. Ovvero, un senso comune che condanna gli stupefacenti e una prassi che li legittima; con parole e predicozzi a buon mercato e l'assenza totale di una sanzione - non penale, ma sociale - dei comportamenti. Questo perché non si ha il coraggio di andare a fondo, di dialogare con i protagonisti dei fenomeni, per capire cosa spinge un adolescente a fumarsi la canna o ad aspettare il sabato sera per sballare e ubriacarsi. E al tempo stesso, cosa spinge la massa a considerare mosche bianche chi sceglie stili di vita diversi.

È in gioco una sfida decisiva che interpella le agenzie educative di questo Paese: la famiglia, la scuola, la stessa Chiesa. La logica dei divieti non porta lontano o almeno non è l'unica strada. Cominciare a capirlo sarebbe già un primo passo importante.

http://www.korazym.org
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