Ratificata la Convenzione quadro
dell'Organizzazione mondiale della Sanità sulla lotta al tabagismo.
Anche in Italia, potrebbe essere introdotto il divieto di fumo per i
minori di 18 anni. Ma siamo sicuri che questa strada sia sufficiente?
La notizia è di
qualche giorno fa: il nostro Paese ha ratificato la Convenzione quadro
dell'Organizzazione mondiale della Sanità sulla lotta al tabagismo,
approvata dall'Assemblea dell'Oms nel 2003, che impegna le nazioni ad
adottare misure legislative, esecutive e amministrative per vietare la
vendita di prodotti del tabacco a chi non è maggiorenne secondo l'età
prevista dal diritto interno. La proposta rilanciata due anni fa anche
dal ministro della Salute, Livia Turco, potrebbe dunque concretizzarsi
molto presto. Oggi il limite per la vendita del tabacco è 16 anni,
mentre questa ratifica aprirebbe la strada ad una legge che estenda il
divieto ai 18 anni.
Una strada quasi obbligata perché fumare fa male e la lotta contro il
fumo, ha sempre detto il ministro, “resta tra le grandi priorità delle
politiche di salute del Governo e del ministero della Salute in
particolare”. Come non sottoscrivere dichiarazioni simili? Sembra quasi
che si scopra l'acqua calda. E' vero: con il livello di informazioni
disponibili oggi giorno, fumare è un passatempo se non pericoloso,
quanto meno molto stupido. Eppure, siamo realmente convinti che un
divieto sia sufficiente per educare?
Da qualche anno è in voga un'abitudine piuttosto curiosa che porta il
mondo della politica a percorrere scorciatoie e non ad affrontare i
problemi a monte. I ragazzi si drogano? Semplice, li si punisce. L'erba
arriva anche a scuola? Semplice, li si perquisisce. Fumare e bere crea
danni alla salute? Semplice, basta vietare. La dimensione educativa
invece, rimane orfana: nessuno ne parla, pochi si sporcano le mani,
pochissimi hanno il coraggio di dire le cose come stanno. E cioè che la
droga uccide, che la salute non è un'opinione e che il vuoto deve
essere riempito con risposte profonde e non con pannicelli caldi.
Oggi, viviamo una situazione paradossale. Le varie ricerche che
hanno individuato particelle di stupefacenti nell'aria di Roma o nelle
acque dei fiumi di Torino e Firenze, mostrano in modo traumatico il
sistema delle doppie morali e delle doppie convinzioni. Ovvero, un senso
comune che condanna gli stupefacenti e una prassi che li legittima; con
parole e predicozzi a buon mercato e l'assenza totale di una sanzione -
non penale, ma sociale - dei comportamenti. Questo perché non si ha il
coraggio di andare a fondo, di dialogare con i protagonisti dei
fenomeni, per capire cosa spinge un adolescente a fumarsi la canna o ad
aspettare il sabato sera per sballare e ubriacarsi. E al tempo stesso,
cosa spinge la massa a considerare mosche bianche chi sceglie stili di
vita diversi.
È in gioco una sfida decisiva che interpella le agenzie educative di
questo Paese: la famiglia, la scuola, la stessa Chiesa. La logica dei
divieti non porta lontano o almeno non è l'unica strada. Cominciare a
capirlo sarebbe già un primo passo importante.
http://www.korazym.org
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