Aborto ed eutanasia furono al centro quattro anni
fa del confronto fra George Bush e lo sfidante democratico, il cattolico
Kerry. Situazione più lineare oggi, con Obama e Clinton in cerca di
consenso. Con sullo sfondo il messaggio del papa.
Non si è ancora
raggiunta la pregnanza (e la veemenza) della precedente corsa alla Casa
Bianca, quando il cattolico John Kerry da posizioni liberal sfidò il
metodista George Bush anche sui temi etici, ma in un paese come gli
Stati Uniti, da sempre fieramente diviso fra "pro-life" e "pro-choice",
aborto ed eutanasia sono da sempre argomenti chiave delle campagne
elettorali, soprattutto di quelle presidenziali. La visita di Benedetto
XVI, che cade a sette mesi dalle elezioni, a quattro dalle convention
che dovranno eleggere i candidati presidenti e a pochi giorni da una
sfida fondamentale per la nomination democratica (le primarie in
Pennsylvania, nuova puntata della sfida fra Barack Obama e Hillary
Clinton), potrebbe avere ricadute non solo sul versante culturale, ma
anche su quello – assai più prosaico – delle urne.
Le parole del papa sul rispetto della vita e della dignità di ogni
essere umano, dal concepimento alla morte naturale, hanno come sempre
valenza generale, ma si inseriscono in un contesto quanto mai attento ad
ogni riferimento a temi sensibili. Il presidente in carica, George Bush,
ha caratterizzato da sempre la sua esperienza politica con il sostegno
alle richieste dei pro-life: ha avversato aborto ed eutanasia, ha
appoggiato la legge che ha messo al bando l'aborto "a nascita parziale",
ha negato finanziamenti federali ai programmi di ricerca con cellule
staminali embrionali, ha nominato alla Corte Suprema due giudici
palesemente critici con la sentenza Roe-Wade, quella che all'inizio
degli anni settanta ha legalizzato l'interruzione di gravidanza nel
paese. Il suo aspirante successore per parte repubblicana, il senatore
John McCain, già di fatto investito della nomination del partito, seppur
meno profondamente inserito dell'attuale inquilino della Casa Bianca nei
movimenti della destra cristiana - al punto da essere percepito da
alcune frange come troppo tiepido e timido – ha un orientamento
chiaramente pro-life, in piena continuità con la "legge" non scritta che
vede il Partito Repubblicano schierarsi per la promozione della "cultura
della vita". Un impegno che da parte del Vaticano – prima con Giovanni
Paolo II e poi con Benedetto XVI – è stato negli ultimi anni sempre
apprezzato e sottolineato: una sintonia che è invece totalmente mancata
su altri temi, ad iniziare da quelli della lotta al terrorismo e della
guerra all'Iraq, profondamente e tenacemente avversata dalla Santa Sede.
Apparentemente piatta, sui temi etici, la lotta in casa democratica,
dove i due grandi sfidanti Barack Obama e Hillary Clinton figurano
stabilmente nell'elenco dei "pro-choice": è pubblico e dimostrato il
loro appoggio al diritto di aborto e la loro intenzione, in caso di
elezione, di compiere azioni e scelte conseguenti. In particolar modo,
la posizione di Obama è sempre stata particolarmente coerente e più
volte definita come "estremista": si ricorda in tal senso, ormai sette
anni fa, una sua astensione sulla questione della protezione dei bambini
nati vivi in seguito ad un aborto tardivo, giustificata in modo alquanto
capzioso con la mancanza della definizione di prematuro nato vivo e con
l'impossibilità dunque di stabilire giuridicamente se quei neonati
fossero persone e dunque dovessero essere rianimati. Riserve che non
ebbe la sua rivale Hillary Clinton che votò a favore di un simile
provvedimento a New York in quanto non pregiudicava minimamente il
diritto di scelta della donna. Entrambi i candidati democratici,
nell'aprile dello scorso anno, hanno invece attaccato la sentenza della
Corte Suprema che, rovesciando un suo precedente pronunciamento, ha
confermato con lo scarto minimo di cinque voti a quattro la validità di
una legge approvata dal Congresso nel 2003 che proibisce una specifica
forma di aborto tardivo, praticato solo a gravidanza avanzata con un
metodo definito di "nascita parziale" e che riguarda negli Usa poco più
di 2mila casi l'anno. Un risultato frutto delle due nomine pro-life nel
frattempo attuate dal presidente Bush.
Anche le posizioni bioetiche dei due aspiranti candidati democratici,
avvertite ai più come coincidenti, potrebbero valere molto nel prossimo
appuntamento con le primarie in Pennsylvania, dove alta è la percentuale
dell'elettorato cattolico (3,8 milioni, pari a un terzo della
popolazione statale) e dove grande successo sta avendo in queste
settimane il film "Juno", storia di una teen-ager di provincia che
decide di non abortire dando invece il suo bimbo in adozione. Qui anche
il messaggio di Benedetto XVI potrebbe avere maggiore presa,
nell'immediato, che in altre regioni degli Stati Uniti.
Due settimane fa una dichiarazione ha messo in seria difficoltà Obama,
poco cauto nell'affermare che "se le mie figlie facessero un errore, non
dovrebbero essere punite con un bimbo": una frase che ha appannato la
sua immagine di uomo moderato, vero fulcro della sua campagna
elettorale. Washington Post e Wall Street Journal hanno messo in rilievo
le sue posizioni estreme, ricordando quanto egli sia "molto più liberal
di quanto non sembri". Anche per rispondere a queste accuse, il senatore
dell'Illinois ha nei giorni scorsi ammorbidito la sua posizione con
alcune caute dichiarazioni proprio in tema di aborto: "La gran parte
degli americani riconosce che ciò che dobbiamo fare è quello di evitare,
o di aiutare le persone ad evitare che si debba mai ricorrere a questa
scelta così difficile. Nessuno infatti è a favore dell'aborto, l'aborto
non è mai una cosa buona". Una frase rafforzata poi con la
considerazione che l'errore compiuto talvolta in passato dalle
formazioni pro-choice è stato quello di sottovalutare i risvolti morali
connessi all'aborto. Se a ciò si aggiunge la costituzione di un gruppo
di supporto di area cattolica alla nomination di Obama (il Catholic
Advisory Council, voluto da due parlamentari pro-life) e le stesse
dichiarazioni del senatore che ha parlato dell'astinenza come di "una
parte della battaglia contro l'Aids", appare chiaramente una strategia
volta a strizzare l'occhio all'elettorato cattolico e democratico della
Pennsylvania e – sul lungo periodo, in caso di designazione per la sfida
alla Casa Bianca – a contrastare il candidato repubblicano John McCain,
dato dagli ultimi sondaggi in netta ripresa (una ricerca condotta a
livello nazionale da Associated Press e Ipsos suggerisce che in un
eventuale scontro diretto con Obama, McCain otterrebbe il 45% delle
preferenze, come il suo avversario: in febbraio lo stesso sondaggio
aveva dato il senatore dell'Illinois un vantaggio di 10 punti, con il
51% delle preferenze contro il 41% di McCain). Un comportamento simile a
quello attuato da Hillary Clinton, che avendo affermato che l'aborto
deve rimanere legale e sicuro, anche se raro, ha poi sottolineato di
essere "convinta che il potenziale per la vita inizia al concepimento".
Nel gioco elettorale, dunque, la conquista del voto cattolico rimane una
delle mosse più importanti per la vittoria della Casa Bianca e ogni arma
può essere giocata. Negli ultimi decenni, l'elettorato che si riconosce
nella Chiesa di Roma si è allontanato dalla tradizione che lo voleva
solidamente democratico, fino al risultato delle ultime elezioni, quando
John Kerry, il primo candidato presidenziale cattolico dai tempi di John
Kennedy, ha perse - anche se di misura - il voto dei cattolici, che gli
preferirono il metodista George Bush. Quattro anni fa pesarono anche le
prese di posizione di molti vescovi statunitensi che si schierarono
apertamente contro Kerry per il suo sostegno all'aborto: si arrivò a
parlare anche della necessità di negargli la Comunione, molti vescovi lo
intimarono a "non presentarsi" nelle chiese delle loro diocesi perché
non avrebbe ricevuto il Sacramento e da Roma anche il cardinale Francis
Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti, ribadì la possibilità per un sacerdote di rifiutare la
comunione ad un politico dichiaratamente favorevole all'aborto. Vicende
come queste non si ripeteranno nel corso di questa tornata elettorale
(né Obama né la Clinton sono cattolici), ma i temi bioetici
continueranno ad essere ancora uno dei punti focali della lotta per la
Casa Bianca.
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