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19/04/2008  Per approfondire /5. Fede e bioetica, temi da campagna elettorale (Daniele Lorenzi, http://www.korazym.org)

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Aborto ed eutanasia furono al centro quattro anni fa del confronto fra George Bush e lo sfidante democratico, il cattolico Kerry. Situazione più lineare oggi, con Obama e Clinton in cerca di consenso. Con sullo sfondo il messaggio del papa.

Non si è ancora raggiunta la pregnanza (e la veemenza) della precedente corsa alla Casa Bianca, quando il cattolico John Kerry da posizioni liberal sfidò il metodista George Bush anche sui temi etici, ma in un paese come gli Stati Uniti, da sempre fieramente diviso fra "pro-life" e "pro-choice", aborto ed eutanasia sono da sempre argomenti chiave delle campagne elettorali, soprattutto di quelle presidenziali. La visita di Benedetto XVI, che cade a sette mesi dalle elezioni, a quattro dalle convention che dovranno eleggere i candidati presidenti e a pochi giorni da una sfida fondamentale per la nomination democratica (le primarie in Pennsylvania, nuova puntata della sfida fra Barack Obama e Hillary Clinton), potrebbe avere ricadute non solo sul versante culturale, ma anche su quello – assai più prosaico – delle urne.

Le parole del papa sul rispetto della vita e della dignità di ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, hanno come sempre valenza generale, ma si inseriscono in un contesto quanto mai attento ad ogni riferimento a temi sensibili. Il presidente in carica, George Bush, ha caratterizzato da sempre la sua esperienza politica con il sostegno alle richieste dei pro-life: ha avversato aborto ed eutanasia, ha appoggiato la legge che ha messo al bando l'aborto "a nascita parziale", ha negato finanziamenti federali ai programmi di ricerca con cellule staminali embrionali, ha nominato alla Corte Suprema due giudici palesemente critici con la sentenza Roe-Wade, quella che all'inizio degli anni settanta ha legalizzato l'interruzione di gravidanza nel paese. Il suo aspirante successore per parte repubblicana, il senatore John McCain, già di fatto investito della nomination del partito, seppur meno profondamente inserito dell'attuale inquilino della Casa Bianca nei movimenti della destra cristiana - al punto da essere percepito da alcune frange come troppo tiepido e timido – ha un orientamento chiaramente pro-life, in piena continuità con la "legge" non scritta che vede il Partito Repubblicano schierarsi per la promozione della "cultura della vita". Un impegno che da parte del Vaticano – prima con Giovanni Paolo II e poi con Benedetto XVI – è stato negli ultimi anni sempre apprezzato e sottolineato: una sintonia che è invece totalmente mancata su altri temi, ad iniziare da quelli della lotta al terrorismo e della guerra all'Iraq, profondamente e tenacemente avversata dalla Santa Sede.

Apparentemente piatta, sui temi etici, la lotta in casa democratica, dove i due grandi sfidanti Barack Obama e Hillary Clinton figurano stabilmente nell'elenco dei "pro-choice": è pubblico e dimostrato il loro appoggio al diritto di aborto e la loro intenzione, in caso di elezione, di compiere azioni e scelte conseguenti. In particolar modo, la posizione di Obama è sempre stata particolarmente coerente e più volte definita come "estremista": si ricorda in tal senso, ormai sette anni fa, una sua astensione sulla questione della protezione dei bambini nati vivi in seguito ad un aborto tardivo, giustificata in modo alquanto capzioso con la mancanza della definizione di prematuro nato vivo e con l'impossibilità dunque di stabilire giuridicamente se quei neonati fossero persone e dunque dovessero essere rianimati. Riserve che non ebbe la sua rivale Hillary Clinton che votò a favore di un simile provvedimento a New York in quanto non pregiudicava minimamente il diritto di scelta della donna. Entrambi i candidati democratici, nell'aprile dello scorso anno, hanno invece attaccato la sentenza della Corte Suprema che, rovesciando un suo precedente pronunciamento, ha confermato con lo scarto minimo di cinque voti a quattro la validità di una legge approvata dal Congresso nel 2003 che proibisce una specifica forma di aborto tardivo, praticato solo a gravidanza avanzata con un metodo definito di "nascita parziale" e che riguarda negli Usa poco più di 2mila casi l'anno. Un risultato frutto delle due nomine pro-life nel frattempo attuate dal presidente Bush.

Anche le posizioni bioetiche dei due aspiranti candidati democratici, avvertite ai più come coincidenti, potrebbero valere molto nel prossimo appuntamento con le primarie in Pennsylvania, dove alta è la percentuale dell'elettorato cattolico (3,8 milioni, pari a un terzo della popolazione statale) e dove grande successo sta avendo in queste settimane il film "Juno", storia di una teen-ager di provincia che decide di non abortire dando invece il suo bimbo in adozione. Qui anche il messaggio di Benedetto XVI potrebbe avere maggiore presa, nell'immediato, che in altre regioni degli Stati Uniti.

Due settimane fa una dichiarazione ha messo in seria difficoltà Obama, poco cauto nell'affermare che "se le mie figlie facessero un errore, non dovrebbero essere punite con un bimbo": una frase che ha appannato la sua immagine di uomo moderato, vero fulcro della sua campagna elettorale. Washington Post e Wall Street Journal hanno messo in rilievo le sue posizioni estreme, ricordando quanto egli sia "molto più liberal di quanto non sembri". Anche per rispondere a queste accuse, il senatore dell'Illinois ha nei giorni scorsi ammorbidito la sua posizione con alcune caute dichiarazioni proprio in tema di aborto: "La gran parte degli americani riconosce che ciò che dobbiamo fare è quello di evitare, o di aiutare le persone ad evitare che si debba mai ricorrere a questa scelta così difficile. Nessuno infatti è a favore dell'aborto, l'aborto non è mai una cosa buona". Una frase rafforzata poi con la considerazione che l'errore compiuto talvolta in passato dalle formazioni pro-choice è stato quello di sottovalutare i risvolti morali connessi all'aborto. Se a ciò si aggiunge la costituzione di un gruppo di supporto di area cattolica alla nomination di Obama (il Catholic Advisory Council, voluto da due parlamentari pro-life) e le stesse dichiarazioni del senatore che ha parlato dell'astinenza come di "una parte della battaglia contro l'Aids", appare chiaramente una strategia volta a strizzare l'occhio all'elettorato cattolico e democratico della Pennsylvania e – sul lungo periodo, in caso di designazione per la sfida alla Casa Bianca – a contrastare il candidato repubblicano John McCain, dato dagli ultimi sondaggi in netta ripresa (una ricerca condotta a livello nazionale da Associated Press e Ipsos suggerisce che in un eventuale scontro diretto con Obama, McCain otterrebbe il 45% delle preferenze, come il suo avversario: in febbraio lo stesso sondaggio aveva dato il senatore dell'Illinois un vantaggio di 10 punti, con il 51% delle preferenze contro il 41% di McCain). Un comportamento simile a quello attuato da Hillary Clinton, che avendo affermato che l'aborto deve rimanere legale e sicuro, anche se raro, ha poi sottolineato di essere "convinta che il potenziale per la vita inizia al concepimento".

Nel gioco elettorale, dunque, la conquista del voto cattolico rimane una delle mosse più importanti per la vittoria della Casa Bianca e ogni arma può essere giocata. Negli ultimi decenni, l'elettorato che si riconosce nella Chiesa di Roma si è allontanato dalla tradizione che lo voleva solidamente democratico, fino al risultato delle ultime elezioni, quando John Kerry, il primo candidato presidenziale cattolico dai tempi di John Kennedy, ha perse - anche se di misura - il voto dei cattolici, che gli preferirono il metodista George Bush. Quattro anni fa pesarono anche le prese di posizione di molti vescovi statunitensi che si schierarono apertamente contro Kerry per il suo sostegno all'aborto: si arrivò a parlare anche della necessità di negargli la Comunione, molti vescovi lo intimarono a "non presentarsi" nelle chiese delle loro diocesi perché non avrebbe ricevuto il Sacramento e da Roma anche il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ribadì la possibilità per un sacerdote di rifiutare la comunione ad un politico dichiaratamente favorevole all'aborto. Vicende come queste non si ripeteranno nel corso di questa tornata elettorale (né Obama né la Clinton sono cattolici), ma i temi bioetici continueranno ad essere ancora uno dei punti focali della lotta per la Casa Bianca.

http://www.korazym.org
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