Parole e gesti forti del papa sullo scandalo degli
abusi sessuali su minori commessi da preti. Un esempio da seguire e
l’occasione per una riflessione più ampia sulla tendenza di una certa
gerarchia a trasmettere di se stessa un’immagine edulcorata.
Il viaggio di
Benedetto XVI negli Stati Uniti sarà ricordato senza dubbio per la
schiettezza con cui il papa ha parlato delle ferite della Chiesa. La
vicenda degli abusi sessuali su minori compiuti dal clero è risuonata in
ogni occasione, fino a spingersi al gesto bellissimo dell’incontro con
le vittime. Il papa ha scelto la trasparenza, ha espresso dolore e
vergogna, ha dato nome e cognome alle responsabilità di una gestione “a
volte pessima” dello scandalo: una chiarezza che ha l’obiettivo di
sanare le ferite e indicare alla Chiesa degli Stati Uniti una
prospettiva di riconciliazione.
I gesti e le parole di Benedetto XVI non sono arrivate all’improvviso,
ma si ricollegano ad altre prese di posizione, a cominciare da quella
di Giovanni Paolo II a Toronto, durante
la GMG
del 2002, quando ai giovani confessò che “il danno fatto da alcuni
sacerdoti e religiosi a persone giovani o fragili riempie noi tutti di
un profondo senso di tristezza e di vergogna” (Il
testo integrale). O la denuncia dell’allora cardinale Ratzinger a
commento della IX stazione della Via Crucis del Venerdì Santo 2005 al
Colosseo, quando parlò di “sporcizia nella Chiesa”, anche “tra coloro
che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui” (Il
testo integrale). Per non dimenticare la riflessione di Benedetto
XVI alla GMG di Colonia del 2005, con l’immagine della Chiesa come “una
rete con dei pesci buoni e dei pesci cattivi, un campo con il grano e la
zizzania” (Il testo
integrale) o il discorso ai vescovi irlandesi nel 2006 ((La
notizia e il testo integrale).
Chiarezza e trasparenza che sembrano indicare davvero un nuovo corso e
rispondere ad un altro genere di considerazioni, certamente più ampie,
che chiamano in causa
la Chiesa
e il suo modo di raccontare sé stessa al mondo. Non è un mistero che
negli ambienti ecclesiastici a lungo si sia negata, fortissimamente
negata, la sola ipotesi che tali abusi fossero potuti accadere. Il tutto
in piena coerenza con quell’atteggiamento che vede molti uomini di
Chiesa (laici o consacrati che siano) nascondere, coprire, celare tutto
ciò che dà scandalo o che semplicemente non rientra nei canoni della
perfezione. È quanto successo nel caso degli abusi, con vescovi che
hanno taciuto, insieme a confratelli, priori, abati, superiori,
cardinali e via elencando. Per vergogna, per orrore, per inadeguatezza e
incapacità. “Per il bene della Chiesa”, per non danneggiarne la
credibilità.
Con un paradosso: una Chiesa che parla di verità, che è addirittura
chiamata ad annunciare
la Verità,
spesso si è trovata in grande difficoltà quando è stata chiamata da essa
direttamente in causa. Per capirsi: se il cristiano avesse dovuto fare
affidamento solo sulla stampa vicina alla gerarchia, degli scandali
della Chiesa probabilmente non avrebbe saputo mai niente. È solo sugli
altri giornali, sugli altri mezzi di comunicazione, generalmente quelli
cosiddetti “laici”, che certe vicende balzano all’onore della cronaca. È
senz’altro vero che questi quotidiani sono talvolta più interessati allo
scandalo che non alla ricerca della verità (oggigiorno parlar male della
Chiesa è pur sempre uno degli sport preferiti dai giornalisti), ma non
di meno essi hanno un enorme pregio: quello di portare alla luce vicende
che non meritano, per un semplice principio di giustizia, di rimanere
nel silenzio. Poi, dopo, solo quando il marcio è stato già svelato, ecco
intervenire i mezzi di comunicazione cosiddetti “cattolici”: per
smentire, se possibile, oppure per precisare, per contestualizzare, per
non generalizzare. Come se non capissimo da soli che l’esistenza di un
prete pedofilo, o di un prete ladro, o di un prete usuraio non comporta
che anche tutti gli altri coltivino simili passatempi. Anzi.
Ecco, anche negli aspetti meno gravi e più banali, è mancata alla Chiesa
una buona dose di trasparenza, o se preferite la capacità di presentarsi
davvero per quella che è: una realtà di uomini e donne. E dunque di
gente che commette sbagli, che non vive la perfezione e talvolta neppure
si preoccupa di inseguirla. Preti che mal si sopportano, vescovi che si
scannano, cardinali che cercano di farsi reciprocamente le scarpe;
credenti laici che sfruttano la propria posizione – ad esempio nel
movimento ecclesiale di cui fanno parte – per mero interesse personale.
Ma anche la violazione della promessa di castità di molti preti, vescovi
e cardinali (sia sul piano eterosessuale che omosessuale): una piaga
diffusa che viene costantemente nascosta con grande ipocrisia, e che
vede messi in un angolo coloro che provano a sollevare il coperchio.
Insomma, per dirla con semplicità, gente che predica bene e razzola
male.
Di fronte a tutto questo, la reazione dei mass media cattolici è quella
di nascondere, di eclissare, di ignorare. “Per il bene della Chiesa”,
naturalmente: formula magica utilizzata per coprire tutto ciò che
cristiano non è. Ci si trova così di fronte ad una Chiesa che riconosce
gli errori del passato, ma che nasconde quelli del presente con la
parola d’ordine del “silenzio necessario”. E che all’occorrenza addita
come traditori coloro che, dall’interno, si spingono non necessariamente
fino all’aperta e diretta denuncia, ma anche solo fino alla critica più
semplice, cauta e misurata. Per molti esponenti ecclesiali, della Chiesa
bisogna sempre parlare bene, “a prescindere”, come diceva Totò. Tutto
deve apparire lindo, perfetto, immacolato, privo di ogni macchia. Tutto
deve essere esaltato: dalla figura di quel cardinale al risultato di
quel convegno, dal modo di gestire i quattrini alla grande devozione
popolare per questo o quel santo. Nulla è perfetto, naturalmente, ma
tutto deve apparire tale. Inevitabile poi che quando ci si trova di
fronte a situazioni da codice penale, l’atteggiamento seguito non
cambia: si è nascosto il poco, si nasconde il tanto. E la credibilità
della Chiesa – o quel che ne rimane – va davvero a farsi benedire.
In duemila anni di storia i cristiani ne hanno combinate davvero di
tutti i colori, eppure
la Chiesa
è ancora lì, a ricordarci che non solo di una costruzione umana
trattasi, ma di un popolo unito nella fede in quel Cristo che amava il
silenzio della preghiera ma non quello che nasconde la verità.
Trasparenza e verità, dunque, e anche un minimo di furbizia: meglio
ammettere le proprie reali mancanze, anche sui mass media, anche su
quelli legati a realtà ecclesiali, piuttosto che essere trascinati con
ignominia (e con merito) dalle stelle alle stalle. Lo stile del papa
negli Stati Uniti serva da esempio e da metodo per il futuro.
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