Benedetto XVI arriva
negli Stati Uniti dopo i viaggi di Paolo VI e soprattutto, di Giovanni
Paolo II, nel Paese per ben 5 volte. Ripercorriamo il filo di questa
eredità che copre oltre 20 anni di storia.
IL PRIMO VIAGGIO. “E’
arrivato a Boston alle 2.50 di lunedì 1 ottobre, in orario perfetto sul
programma, mai più poi rispettato. Non viene come straniero, viene come
campione della libertà e della speranza umana”. 1979: Giovanni Paolo II
arriva negli Stati Uniti per la prima volta da papa. Padre Giovanni
Giorgianni, gesuita, inviato della Radio Vaticana racconta così l’attesa
di quell’arrivo. Sono i pensieri di uno scrittore più che di un
giornalista. L’America aspetta la vista di quello che un giovane
tassista di Boston definisce ”il vicepresidente di Dio”. A questo
viaggio ne seguiranno altri, alcuni solo piccole tappe tra un paese e un
altro, poi la Giornata Mondiale della Gioventù a Denver nel 1993. E per
due volte Giovanni Paolo II parlerà alle Nazioni Unite.
A New York, nel 1979, Giovanni Paolo II si rivolge alla folla riunita
sulla Quinta strada davanti alla Cattedrale di San Patrizio e dice: “Una
città deve avere un’anima, tocca a voi uomini darle quest’anima,
amandovi a vicenda”. Parole forti per un città segnata dalla diffidenza
e dall’egoismo, dalla differenza assoluta tra ricchi e poveri. Il punto
più alto di popolarità e di entusiasmo nella Grande Mela in quel primo
viaggio è al Madison Square Garden con 20mila giovani. Suonano, battono
il tempo, gli regalano jeans e chitarra, lui li segue canticchiaando,
tenendo in tempo, sorridendo, dialoga con lo sguardo. Poi dice: ”Se vi
interrogate sul mistero di voi stessi, guardate a Cristo che vi dà il
senso della vita”.
Allo Yankee Stadium, lo stesso dove celebrerà la messa Benedetto XVI,
Woytjla parla dei poveri a 75mila persone. Quei poveri che ha incontrato
ad Harlem, nel Bronx, nella parte più diseredata della metropoli, quelli
che lo hanno accolto come mai nessun altro. “Noi siamo il popolo della
Pasqua -dice-alleluia è la nostra canzone”.
Giovanni Paolo II con il presidente Jimmy Carter (Foto Ap)
A Filadelfia, conquista la gente improvvisando in spagnolo, ringrazia
chi alle 7,45 della mattina di un qualsiasi giovedì lo ha voluto
incontrare davanti alla chiesa che custodisce le spoglie di Giovanni
Neumann, il primo santo statunitense. Quella stessa sera si affaccia
alla finestra della residenza di Chicago. Ha da poco incontrato i
vescovi parlando di matrimoni, aborto, omosessualità, uguaglianza delle
razze. Anche a Washington si affaccia al balcone della residenza. Sono
passate le 22.00, ma non c’è il microfono, allora scende per salutare la
gente.
E l’ultimo giorno della vista, lo dedica a Maria. Alle 8.30 di mattina è
già nel poderoso santuario nazionale della Immacolata Concezione,
all’interno del campus della Catholic University of America. Ogni
cappella laterale è legata ad un gruppo etnico. Ancora oggi una targa
ricorda la sosta del papa davanti alla immagine di Nostra Signora di
Czestochowa. E c’è poi la prima visita alla Casa Bianca, impensabile
fino a pochi anni prima di quel ‘79. Pace, giustizia, disarmo: il papa e
il presidente Carter in fotografie che segnano la storia.
Non ha ancora 60 anni Giovanni Paolo II quando visita per la prima volta
gli States, pellegrino della pace e della giustizia, si immerge nel
mondo per annunciare il Vangelo. Negli Stati Uniti non c’è una
maggioranza cattolica, eppure Karol Wojtyla polarizza l’attenzione di
tutta una nazione. Non è solo il fascino della sua personalità, è la
speranza di qualcosa di diverso, di superiore. Amabile nell’ incontro,
inflessibile nell’annuncio della dottrina, suscita un entusiasmo
assoluto. Alla Casa Bianca dice: “Col permesso del presidente vi
benedico”. Alla folla in delirio fuori della residenza che gli urla “JP
II we love you” risponde: “Dirò al presidente che è colpa vostra se
ritardo”.
Giovanni Paolo II con il presidente George Reagan
IL SECONDO VIAGGIO. E’ già il 1987 quando il papa
torna negli Stati Uniti per un vero viaggio. Il presidente è Ronald
Reagan. A Miami parla di libertà: ”L’unica libertà che si possa
veramente soddisfare è la libertà di fare ciò che abbiamo il dovere di
fare come esseri ukmani creati da Dio secondo il suo disegno”. E ai
giovani di New Orleans dice: “ Voi giovani siete orgogliosi di vivere in
un paese libero, ma non siete veramente liberi se vivete sotto il potere
dell’errore e della falsità, o dell’inganno o del peccato”.
A Los Angeles, nella città tempio del cinema, della fantasia che diventa
realtà, incontra gli operatori dei mass-media: ”Lavorando costantemente
con le immagini, subite la tentazione di scambiarle per la realtà, ma
dovete coltivare l’integrità consona alla vostra dignità umana. Non
lasciate che il vostro lavoro vi guidi ciecamente, perché se il lavoro
vi rende schiavi presto renderete schiava la vostra arte”.
IL TERZO VIAGGIO. 1993, Denver. C’è preoccupazione per
la logistica e la sicurezza. La Giornata mondiale della gioventù
riunisce centinaia di migliaia di giovani. Ma è un successo. A
ricevere il pontefice è ancora un altro presidente Bill Clinton, gli
regala un bastone da passeggio con l’impugnatura a forma d’angelo. Il
papa lo usa per le escursioni sulle Montagne Rocciose. Ai ragazzi parla
sempre con la chiarezza che non ammette ombre. Condanna aborto,
eutanasia e la tendenza a “considerare la persona come merce”. Un
combattimento apocalittico della morte contro la vita. “Nel nostro
secolo ,come mai prima nella storia, la cultura della morte ha assunto
una forma sociale ed istituzionale di legalità”. A salutarlo all’aereoporto
di Denver è il vice presidente Al Gore.” Siamo tornati tutti
ringiovaniti”, dichiara il papa.
IL QUARTO VIAGGIO. Nel 1995, la visita del papa ha uno
scopo preciso: il discorso alle Nazione Unite. Ma non è una visita
politica, piuttosto pastorale come ricorda lo stesso Giovanni Paolo II
ai giornalisti che lo seguono nella consueta conferenza stampa in aereo.
In 15 discorsi richiama alla sua responsabilità la più grande potenza
rimasta nel mondo dopo il crollo dell’Unione Sovietica. All’ONU lancia
lo slogan della “famiglia di nazioni”, tragicamente inascoltato. “La
libertà - dice alla Assemblea Generale riunita per l’occasione - non è
semplicemente assenza di tirannia o licenza di fare tutto ciò che si
vuole. Essa è ordinata alla verità e si realizza nella ricerca e nella
attuazione della verità”.
Giovanni Paolo II con il presidente Bill Clinton
IL QUINTO VIAGGIO. L’ultima visita di Giovanni Paolo
II negli Usa fa parte del suo 85mo viaggio apostolico in Messico. Il
papa non ha più l’energia fisica del '79. E’ anziano, minato dal
Parkinson, porta le conseguenze dell’attentato del 1981, della frattura
del femore del 1994 e di altri incidenti che gli rendono faticoso il
camminare e persino parlare. Porta all’America il documento finale del
Sinodo continentale che ha voluto a Roma e che ha impegnato nel 1997 per
un mese vescovi e cardinali dopo cinque anni di preparazione.
A Saint Louis, è ancora Clinton a riceverlo e lo saluta come “messaggero
di dialogo e di pace e dei diritti umani”. Il clima però non è più
quello della prima trionfale visita. Ciò nonostante, il papa ottiene che
la pena di morte di un pluriomicida venga commutata in ergastolo dal
governatore del Missouri. Il “gran finale di una visita difficile”,
scrivono i giornali. A mezzogiorno del 28 gennaio del 1999 l’aereo del
papa atterra a Ciampino. Non ci saranno altri incontri con gli
statunitensi sul suolo americano.
Salutando e ringraziando tutti nella cattedrale di Saint Louis aveva
parlato di una vecchia, nostalgica canzone: “Alcuni mesi fa, pellegrini
provenienti da St. Louis giunsero a Roma. Ci incontrammo sul sagrato a
San Pietro, dove cantarono: 'Incontrami a St. Louis... incontrami nella
Cattedrale'. Con l'aiuto di Dio lo abbiamo fatto. Ricorderò sempre St.
Louis. Ricorderò sempre tutti voi. Dio benedica St. Louis! Dio benedica
l'America!”.
La foto: Giovanni Paolo II insieme ai presidenti Bill Clinton e
Ronald Reagan
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