Un incontro profondo, all’insegna dell’ascolto e della spontaneità.
Benedetto XVI tocca con mano per la prima volta la realtà del carcere.
Lo ha fatto con una visita all’istituto penale per minorenni di Casal
del Marmo a Roma, dove ha celebrato messa e incontrato i ragazzi per un
saluto: cinquanta detenuti, la gran parte stranieri, soprattutto rumeni,
ma anche serbi, bosniaci, croati e macedoni. Si trovano “dentro” dopo
aver commesso reati, per lo più contro il patrimonio: furto, furto
aggravato e rapina le fattispecie più diffuse, ma ci sono anche un caso
di violenza sessuale e uno di omicidio. Sono praticamente tutti in
custodia cautelare: solo un paio di loro scontano una pena. Il tempo di
permanenza in carcere è brevissimo, arriva al massimo a qualche mese. E
infatti, a fronte di 50 presenze giornaliere, in un anno transitano a
Casal del Marmo almeno trecento giovani. Storie difficili di chi
certamente ha sbagliato, ma – ha ricordato alla vigilia il cappellano
dell’istituto, padre Gaetano – “non dimentichiamo che a pagare in
carcere sono sempre i più poveri e sprovveduti: colpevoli soprattutto di
essere soli, senza famiglia, stranieri”.

Foto di Tony Gentile - Reuters.
Il papa lo sa bene e lo ha sottolineato nell’omelia della messa,
pronunciata interamente a braccio, dopo aver messo da parte il discorso
previsto. “Sono venuto volentieri qui”, ha detto il pontefice,
riflettendo sulla parabola del figliol prodigo che mostra come "l'amore
di Dio consoli e dia pace specialmente nei momenti difficili della
vita". Il figliol prodigo "voleva una vita libera, diceva di voler
essere solo e avere la vita tutta e totalmente per sé, con tutte le sue
bellezze". Questa "era la sua idea di libertà - prosegue il papa - di
fare ciò che voglio, di non essere nel carcere delle discipline e delle
regole, di fare tutto ciò che mi piace, avere la vita con tutta la sua
pienezza". In realtà, la vita “senza Dio non funziona”: manca
“l'essenziale, manca la luce”, manca “il grande senso di essere uomo”. E
“i Comandamenti di Dio non sono ostacoli ma indicatori della strada da
percorrere” per raggiungere Dio, ma anche per realizzare un mondo ''più
libero e bello”.
Al termine della messa, il papa ha ricevuto il ringraziamento del capo
dipartimento per la giustizia minorile, Melita Cavallo, e del ministro
della Giustizia, Clemente Mastella, che ha invocato un patto educativo
tra Chiesa e Stato. ''I principi cardine, starei per dire biblici, della
nostra Costituzione – ha detto - pongono a fondamento della convivenza
civile valori condivisi dalla fede cristiana e dal magistero della
Chiesa. In nessun momento in me fa capolino l’idea che la laicità voluta
dalla Costituzione consista nell’assenza di valori e di prospettive
etiche”. Un riferimento alla “centralità di ogni singolo individuo e la
sua autonomia morale rispetto a qualsiasi autorità civile; la
valorizzazione della persona in tutte le sue collocazioni sociali; il
rifiuto di ogni discriminazione, il rispetto reciproco, la solidarietà e
la tolleranza”.
La visita è proseguita poi nella palestra, dove il papa ha incontrato i
ragazzi, gli agenti di polizia e i familiari. Un’occasione per ascoltare
storie di sofferenza, ma anche per dare speranza. I sentimenti che sono
risuonati nelle parole della direttrice dell’istituto Maria Laura
Grifoni (“La sua visita ha portato il sorriso in carcere”) e di un
giovane che a nome di tutti i ragazzi ha ringraziato il papa per la sua
presenza, esprimendo dispiacere per gli sbagli compiuti e al tempo
stesso la volontà di dare una svolta alla vita. Benedetto XVI ha
ricambiato con un discorso di fiducia. "Il papa vi vuole bene, vi segue
con affetto e prega per voi", ha detto, spiegando poi che la chiave di
tutto è l’amore di Dio. “Pur avendo tutto ciò che si desidera, si è
talora infelici – è il ragionamento - si potrebbe invece essere privi di
tutto, persino della libertà o della salute, ed essere in pace e nella
gioia se dentro il cuore c’è Dio. Il segreto, dunque, sta qui: occorre
che Dio occupi sempre il primo posto nella nostra vita. Ed il vero volto
di Dio ce lo ha rivelato Gesù”. È seguito un saluto personale, faccia a
faccia, con ogni ragazzo, per poi rientrare in Vaticano in tempo per
l’Angelus, come sempre previsto per mezzogiorno.
Archivio Vaticano
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