L’Eav, che controlla al 100% le
principali aziende del settore, Circumvesuviana, Sepsa e Metrocampania Nord Est,
per un totale di 4300 dipendenti, secondo le stime dell’assessorato campano
‘vanterebbe’ un buco di 500 milioni di euro
Circa 40.000 corse soppresse tra treni e bus, riduzione drastica degli orari
di esercizio, biglietterie chiuse, utenza nel panico. Parlare di semplici
tagli è riduttivo. I trasporti pubblici in Campania sono oggetto di un
massacro e la pazienza dei pendolari è al limite, con le associazioni dei
consumatori inferocite e pronte alla battaglia. Ed il tutto avviene in una
regione povera, che fa ricadere i debiti e i costi della crisi sulle categorie
più deboli: studenti, operai, lavoratori dipendenti.
I disagi sono iniziati a settembre, quando l’assessore regionale ai Trasporti,
il cosentiniano Sergio Vetrella (Pdl) ha ribadito che il
pozzo dei fondi si era asciugato, tanto da ritardare di una settimana
l’erogazione degli stipendi. Circostanza che ha scatenato lo sciopero del
personale dipendente nel settore. Colpa anche dei tagli decisi dal governo di
B. Ed il massacro compiuto all’ombra del Vesuvio è nei numeri del piano
predisposto dall’Ente Autonomo Volturno (Eav), la holding della Regione
Campania guidata dall’ex sindaco Psi di Napoli della Prima Repubblica,
Nello Polese, spin doctor della campagna elettorale del governatore
Stefano Caldoro. L’Eav, che controlla al 100% le principali
aziende del settore, Circumvesuviana, Sepsa e Metrocampania Nord Est, per un
totale di 4300 dipendenti, secondo le stime dell’assessorato campano
‘vanterebbe’ un buco di 500 milioni di euro. Una voragine che potrebbe
inghiottire i conti di tutta la regione. Di qui la decisione, nonostante la
ricapitalizzazione di 37 milioni di euro, di cancellare quasi il 30% dei
viaggi, pari a circa 40.000 corse in meno.
Ghigliottinati principalmente i viaggi “coda”, quelli che aprono e chiudono
gli orari di esercizio delle corse: di conseguenza, i primi treni slittano
dalle 5 alle 7 di mattina, gli ultimi vengono anticipati dalle 22 alle 21. Ma
i disservizi non finiscono qui. Gli straordinari non pagati hanno causato la
riduzione dell’orario di apertura delle biglietterie di decine di stazioni. I
viaggiatori sono così costretti ad approvvigionarsi in anticipo dei tagliandi
nei bar e nelle tabaccherie. Se li trovano. Anche la distribuzione, infatti,
procede a rilento. In costiera sorrentina, ad esempio, sono introvabili i
biglietti per Napoli da 4 euro (fino ad aprile costavano 3 euro e 40
centesimi). In mancanza, si viaggia a rischio sanzione e si assiste a scene da
comiche, con i passeggeri dei treni mattutini che si precipitano dai vagoni
nelle stazioni più importanti, le poche con le biglietterie aperte, per fare
il biglietto e risalire a bordo prima che il treno della Circumvesuviana
riparta. Altrimenti alla porta girevole della stazione di piazza Garibaldi,
forca caudina obbligatoria per chi deve recarsi a prendere un Intercity o un
Frecciarossa, ti attende un solerte controllore della Circum che ti appioppa
una multa salata e alle proteste furibonde replica: “Faccia ricorso e dimostri
l’impossibilità di acquistare il tagliando”.
Insomma, è un delirio. Contro il quale i senatori campani del Pd hanno
presentato un’interrogazione urgente al Ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti. “I disagi che interessano anche la ferrovia Cumana, la ferrovia
Circumflegrea e la Metrocampania Nordest sono evidenti e gravissimi per le
migliaia di viaggiatori che utilizzano il servizio per spostarsi
quotidianamente in città e raggiungere università o luoghi di lavoro”, afferma
la senatrice Teresa Armato, a lungo assessore in due giunte
regionali guidate da Antonio Bassolino. Armato precisa che “la grave
situazione mette a rischio non solo il diritto dei cittadini a spostarsi, ma
l’intero sistema economico e produttivo della Regione, nonché il settore
turistico” e sottolinea “la contraddittorietà della scelta di investire
ulteriori risorse per l’estensione dell’ammodernamento della rete di trasporto
locale su ferro in presenza di una politica che tende a ridurre l’esercizio e
ad abbandonare politiche serie di manutenzione e di elevamento degli standard
qualitativi del servizio”. La senatrice ricorda infine il danno che questi
tagli causano anche ai “lavoratori di grandi fabbriche, a partire dallo
stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco, che concludono la giornata lavorativa
in serata”. Una vicenda, quella dei pendolari Fiat, ai limiti dell’assurdo. L’Eav
e le altre aziende di trasporto, controllate e non dalla holding, hanno
infatti cancellato le corse dei bus che arrivano e partono dalla fabbrica, in
concomitanza con la fine del turno mattutino e l’inizio di quello pomeridiano.
Lasciando a piedi 930 operai che in questi giorni avevano ripreso a lavorare
per smaltire le ultime ordinazioni dell’Alfa 159. “Vorrei sapere – dice
arrabbiatissimo Gerardo Giannone, storico sindacalista dello
stabilimento pomiglianese – chi è il genio che ha pensato queste cose”.
Secondo la giunta Caldoro, è tutta colpa della situazione ereditata dalla
giunta Bassolino. “Ho segnalato più volte – ha affermato
Vetrella a fine luglio in commissione regionale Trasporti – la situazione
disastrosa con la quale la vecchia amministrazione ha lasciato tutto il gruppo
Eav”. “Le società – precisò l’assessore – stanno in una situazione di
fallimento avanzato, quindi, 37 milioni (la ricapitalizzazione, ndr) sono solo
una piccola goccia per evitare che falliscano”
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