Una vita sulle rotaie, fra ritardi e
disservizi. È dedicata al popolo dei vagoni l'inchiesta di novembre de La
Nuova Ecologia, che lancia la campagna Pendolaria di Legambiente Si
chiama Pendolaria, ed è dedicata al popolo dei vagoni, quelli che tutti
i giorni scelgono il treno per raggiungere il posto di lavoro, la scuola o
l’università, la nuova campagna di Legambiente per rilanciare un trasporto
pubblico efficiente e moderno in programma dal 20 al 25 novembre. È La Nuova
Ecologia, il mensile di Legambiente, a lanciare nell’inchiesta del numero di
novembre tappe e appuntamenti del viaggio che i volontari dell’associazione
ambientalista faranno per rivendicare il diritto di viaggiare in condizioni
dignitose.
Sono un milione e seicentomila gli italiani che ogni mattina si
svegliano prima degli altri e iniziano la giornata affrontando soppressioni,
ritardi, viaggi in piedi stipati come sardine, guasti ai mezzi e sporcizia.
Percorrono una media di 42 km al giorno e per l’80%, gli spostamenti si
risolvono all’interno della regione di appartenenza. Sul numero di novembre
de La Nuova Ecologia di questo mese racconti, numeri e proposte per
districarsi nel labirinto delle rotaie italiane. In allegato, anche la
cartolina per richiedere a ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture,
alle Regioni e ai vertici delle Ferrovie dello Stato più qualità della rete,
puntualità, sicurezza.
Sono numeri da vera e propria guerra, quelli delle vittime della
criminalità organizzata in Italia: oltre 2.500 morti per mafia, di cui 155
vittime innocenti e 37 tra ragazzi e bambini solo negli ultimi dieci anni.
Una guerra che si consuma tutti i giorni senza ricevere attenzione se non di
fronte all’emergenza. Magistrati, storici e personaggi di spicco nel
contrasto alle organizzazioni criminali intervengono sullo speciale de la
Nuova Ecologia per fare il punto sulla contromafia connection, analizzare il
fenomeno criminale e la situazione della lotta alle mafie. E’ a ridosso
dell’appuntamento di Contromafie: gli stati generali dell’antimafia, in
calendario per il 17, 18 e 19 novembre a Roma, che tante voci della società
civile sentono l’esigenza di confrontare esperienze e competenze.
E ancora, su questo numero, un reportage dall’Uganda del Nord, dove i
bambini per sfuggire alla ferocia dei ribelli che li rapiscono per
trasformarli in soldati, al tramonto abbandonano le loro case e vanno a
trascorrere la notte nelle città, dove sono più sicuri. Un esodo che
coinvolge dai 20 ai 25mila bambini.
27/10/2006 Parole rubate (Marco Fratoddi, http://www.lanuovaecologia.it)
Stavolta voglio scrivere l’editoriale con le parole
di un altro. Rubo con un ideale copia-incolla dieci righe da un libro
che molti lettori de La Nuova Ecologia certamente conoscono già:
«I TONI ERANO SERISSIMI: “Io voglio morire come la signora. In testa,
pam pam… e finisce tutto”. “Ma in faccia, l’hanno colpita in faccia, in
faccia è peggio!”. “No, non è peggio, è un attimo comunque. Avanti o dietro
sempre testa è!”. Mi intrufolai nei discorsi cercando di dire la mia e
facendo domande. E così chiesi ai ragazzini: “Meglio essere colpito al
petto, no? Un colpo al cuore ed è finita”. Ma il ragazzino conosceva molto
meglio di me le dinamiche del dolore e iniziò a raccontare nel dettaglio i
dolori della botta, ossia il colpo d’arma da fuoco, con una professionalità
da esperto. “No, al petto fa male, malissimo e muori dopo dieci minuti. Si
devono riempire i polmoni di sangue e poi la botta è come uno spillo di
fuoco che entra e te lo girano dentro…”».
NIENTE MALE, VERO? Del resto, se si deve copiare, meglio farlo da un
libro che merita. Come nel caso di Gomorra, l’inchiesta in forma di romanzo
(o il contrario, fate voi) con cui Roberto Saviano, lo scrittore napoletano
finito sotto scorta a causa delle minacce ricevute dai clan, ci accompagna
nei gironi infernali della camorra. Nella fattispecie siamo a Scampia e i
ragazzini di cui Saviano riporta il dialogo si aggirano intorno al corpo di
Carmela Attrice, chiamata Pupetta: la moglie appena 47enne di un
pregiudicato “scissionista” detenuto nel carcere di Poggioreale, assassinata
un paio d’anni fa sotto il portone di casa. Non aveva voluto rivelare dove
si nascondeva suo figlio, detto ’o russo, appena uscito dal carcere e
braccato dai suoi nemici. «Voglio morire come la signora», ripetono i
ragazzini.
IL MESE SCORSO, in un posto lontano migliaia di chilometri da Scampia,
un’altra donna è stata uccisa sotto il portone di casa. Si chiamava Anna
Politkovskaia, aveva 48 anni ed è stata freddata da quattro colpi di pistola
esplosi da un killer che si è dileguato nelle vie di Mosca. Proviamo a
portare i ragazzini di Saviano, con un altro ideale copia-incolla, davanti a
quella scena: «È morta subito», dicono. «Sì, ma che faceva?». «La
giornalista». «E chi l’ha ammazzata?». «Non lo so, non lo sa nessuno». I
ragazzini, si sa, sono la voce della verità. E allora ascoltiamoli un altro
minuto: «Dicono che non si voleva stare zitta, che aveva delle foto…». «E
che dicevano, queste foto?». «Mostravano delle torture». «Per questo l’hanno
fatta fuori?». «Così dicono, tre colpi al petto e uno alla testa…». È ora di
tornare a Scampia: «La testa è meglio, non ti sparpetei per mezz’ora a
terra…».
I COLPI DI PISTOLA sono uguali in tutto il mondo. Tengono insieme,
come perle di una collana troppo lunga, le vittime di tutte le mafie e di
tutte le guerre. Dedichiamo a loro questo numero de La Nuova Ecologia in
occasione degli “Stati generali dell’antimafia” che Libera organizza a Roma
fra il 17 e il 19 novembre. Alle vittime di tutti i conflitti, compresi
quelli fra i clan, e a chi continua, nonostante tutto, a raccontarne le
contraddizioni. Scrive Saviano in un altro scampolo del suo bellissimo
libro: «Qua la guerra è finita, mo che dobbiamo fare?» dice un boss del
casertano. Risponde al telefono il suo interlocutore, dall’Argentina: «Nun
te preoccupa’, un’altra guerra ci sarà».
Archivio Trasporti
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