Giovanni
Palatucci (1909-1945) laureato in giurisprudenza, nel 1937 venne destinato alla
questura di Fiume, dove c'era un'importante comunita' ebraica e dove dirigera'
l'ufficio stranieri, divenendo poi questore.
Nel 1938 ci fu
l'avvento delle leggi razziali e del prefetto Temistocle Testa, fervente
antisemita. Giovanni Palatucci era iscritto al Partito nazionale fascista ma era
anche un cattolico di profonda fede. Rodolfo Grani, ebreo fiumano, ricorda nel
marzo del 1939 il salvtaggio ad opera di Palatucci di 800 fuggiaschi che
dovevano entro poche ore essere consegnati alla Gestapo e che invece furono
nascosti temporaneamente sotto la protezione del Vescovado.
Quando nel giugno
del 1940 scoppiò la guerra e gli Ebrei di Fiume e dintorni furono arrestati ed
accompagnati al campo di concentramento di Campagna, Palatucci li raccomandò
alla benevolenza di suo zio, il Vescovo di Campagna Giuseppe Maria Palatucci. A
partire dal giugno del 1940, il giovane responsabile dell’Ufficio stranieri,
inviava gli Ebrei che non era possibile far emigrare presso il campo di
concentramento di Campagna affidandoli alla protezione dello zio. Per non avere
ostacoli dal Prefetto e dal Questore, presentava loro la soluzione
dell’internamento nell’Italia meridionale come rimedio per liberarsi della
presenza dei profughi che costituiva una minaccia per la sicurezza pubblica.
Nel 1941, dopo
l'invasione della Jugoslavia, nei territori sotto controllo tedesco e croato
cominciano i rastrellamenti di ebrei, in quelli controllati dagli italiani no.
Il comandante delle divisione "Murge", generale Paride Negri, oppose ad un
generale tedesco che gli chiedeva di svuotare Mostar dagli Ebrei questa
motivazione: "La deportazione degli ebrei è contraria all'onore dell'esercito
italiano". Fino all’8 settembre 1943 il ponte sul fiume Eneo, che divideva il
territorio fiumano dalle terre Jugoslave controllate dall’esercito italiano,
divenne quindi il canale di salvezza per migliaia di Ebrei.
Nel novembre del
1943 il territorio di Fiume fu incorporato nella Adriatisches Kustenland, che si
estendeva dalla provincia di Udine a quella di Lubiana, a Fiume l’ufficiale
tedesco poteva decidere vita e morte di chiunque. Giovanni Palatucci rimase a
Fiume continuando la sua opera a rischio della vita. Preso contatto con i
partigiani italiani, sotto il nome di Danieli, concordo' con loro un progetto
per la creazione, a guerra finita, di uno Stato libero di Fiume.
A febbraio
Palatucci venne nominato Questore reggente di Fiume e continuo' la sua opera. Il
13 settembre 1944, pero', Palatucci venne arrestato dalla GESTAPO e tradotto nel
carcere di Trieste; il 22 ottobre fu poi trasferito nel campo di sterminio di
Dachau dove trovò la morte a pochi giorni dalla Liberazione, a soli 36 anni,
ucciso dalle sevizie e dalle privazioni o - come fu detto anche - a raffiche di
mitra.
Altri Italiani
che aiutarono i perseguitati dal nazifascismo furono Giorgio Perlasca e Gino
Martinoli.
Giorgio Perlasca
(1910-1992), era stato fascista ed aveva in tal veste combattuto in Spagna. La
sua opera di aiuto agli Ebrei si svolse a Budapest, dove si spaccio' per il
Console spagnolo, dato che questi era fuggito. Salvo' cosi' da 5.200 a 6.000
Ebrei riparandoli nella "casa rifugio" extraterritoriale, emettendo documenti
falsi, trovando cibo per loro e strappando i ragazzi dal "treno della morte". Fu
resa giustizia alla sua memoria solo dopo quasi mezzo secolo. E' stato
riconosciuto "uomo giusto" in Israele.
Gino Martinoli
(1901-1996), ingegnere e dirigente della Olivetti di Ivrea, sottrasse al carcere
e alla deportazione 800 antifascisti, tra cui molti Ebrei, facendoli passare per
impiegati della impresa dove lavorava, perche' questa era protetta in quanto
lavorava per i Tedeschi.
Archivio Giornata della Memoria
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