La cultura di massa del nostro tempo, quella reale di
chi non legge né giornali né libri (2 italiani su 3), è il risultato dello
sversamento nei cervelli di valori non teorici, ma assorbiti dalla realtà,
attraverso lo sport, la musica, la moda, la TELEVISIONE, fenomeni che vengono
gestiti da cervelli raffinatissimi e sostenuti da imperi finanziari che hanno
degli scopi precisi, teorizzati e applicati dalla ideologia piduista.
L’obiettivo strategico è quello di perpetuare l’individualismo, la competizione,
la voglia di vincere sugli altri, di dimostrare che con la ricchezza si compra
tutto (dalle donne alla politica), e quindi spingere le persone a qualsiasi
nefandezza pur di arricchirsi, ad esibire simboli modaioli dell’apparire, ad
“avere per essere”, insomma fabbricare persone idonee all’accettazione totale
della società capitalista e consumista.
Per quanto riguarda le grandi masse, quelle che ti fanno vincere le elezioni,
questo “pensiero unico”, così fortemente programmato e gestito, ha trionfato,
anche perché non contrastato da un altro sistema di valori, e forse
incontrastabile per la potenza di fuoco del grande capitale contro il nulla.
Se oggi ci limitiamo a qualche riflessione sul calcio nella giornata che ha
visto l’Inter campione d’Italia, possiamo vedere come dei sentimenti come
l’esigenza di appartenenza ad un gruppo, l’illusione di vincere qualcosa, di
sentirsi forti e protagonisti, siano usati e strumentalizzati per integrare le
persone nel pensiero unico capitalista.
Facciamo degli esempi:
-i presidenti delle squadre di calcio non sono eletti da nessuno. E’ è il denaro
che posseggono che gli dà quel ruolo, sono dei monarchi che decidono tutto, e
sono benvoluti e applauditi dai sudditi tifosi in modo direttamente
proporzionale alla loro capacità di spesa e di portare i migliori giocatori del
mondo a militare nella propria squadra. La squadra risulta, nel caso dell’Inter,
essere composta da mercenari miliardari, di cui uno solo italiano (Materazzi),
non ha nulla a che fare con i colori sociali e lo Sport, poiché è a tutti gli
effetti una Società per azioni. I giocatori vanno e vengono come pacchi postali,
la società stessa può essere venduta in qualunque momento ad un capitalista
russo o americano, come avviene in Inghilterra e forse avverrà per la Roma in
Italia.
La prima lezione del pensiero unico è dunque la venerazione per il capo e il
capitale, valori che poi sono assai utili in fabbrica e nel lavoro subordinato,
concetti che nessuna teoria scritta avrebbe potuto mai far passare.
-“panem et circenses”: già gli antichi romani avevano compreso il ruolo sociale
di alimentare i peggiori sentimenti attraverso i giochi, eventi in cui si dava
sfogo a frustrazioni e violenza che venivano indirizzate verso i duellanti e non
verso il potere costituito.
Anche oggi nel calcio, quelle menti raffinate di cui parlo, non fermano la
violenza che negli stadi si esprime, per il semplice motivo che è il “pathos”
della guerra che aggancia i più, dove il nemico è l’avversario, e la divisione
tra tifoserie e città alimenta nel profondo la cultura che la vita è una guerra
di tutti contro tutti e riconoscersi come classe sociale o popolo diventa una
chimera. Altra acqua al mulino di chi fabbrica il pensiero unico del dominio
capitalista.
Berlusconi, che insieme a Licio Gelli, è il principale regista e attuatore della
strategia della destra attraverso il potere dei media, ha anche egli utilizzato
il fatto di essere il presidente, padrone, mecenate del Milan, per accreditarsi
come personaggio di successo, vincente, per arrivare al potere politico,
stravolgendo la democrazia umiliata dal potere del denaro e dalla visibilità
luccicante di chi controlla i media con cui, in 20 anni, ha indottrinato quelli
che una volta erano classe operaia e popolo.
Chiunque voglia cambiare qualcosa in Italia non può prescindere dal fatto che
chi controlla TV, calcio, musica, moda, controlla i cervelli e i sentimenti,
determina la cultura dominante e se questo potere dittatoriale non viene
indebolito la destra sarà in eterno al potere.
Per rimanere nel campo calcistico, immaginiamo quale cultura alternativa
potrebbe nascere se, per legge, il calcio avesse le seguenti regole:
-le società sportive sono enti senza fine di lucro e regolamentate solo dal
diritto sportivo
-i calciatori nel campionato italiano possono essere solo italiani
-i calciatori non possono essere comprati né venduti come al mercato, devono
essere allevati nei vivai delle squadre e restare nella società di appartenenza
-i presidenti delle società sono eletti democraticamente dagli iscritti e dagli
abbonati e non possono rimanere in carica per più di due mandati
-le trasferte dei tifosi al seguito della squadra sono vietate
-il servizio d’ordine intorno allo stadio deve essere garantito non dalla
polizia, ma da un servizio d’ordine di iscritti scelti tra i più responsabili e
capaci
-la retribuzione dei calciatori deve essere stabilita all’interno di un bilancio
in pareggio tra costi e ricavi.
Questo calcio sarebbe una palestra di democrazia e partecipazione.
Quello di oggi è un immondo mercato per tifosi sudditi e monarchi despoti.
Paolo De Gregorio
19.05.08
http://www.comedonchisciotte.org
Archivio Sport
|