Dopo l'idea dei Nas a scuola contro la droga, dal
ministro della Salute, Livia Turco, arriva una nuova proposta: vietare
la vendita di sigarette ai minori di 18 anni. Ma siamo sicuri che il
divieto aiuti l'educazione?
Dopo l'idea dei
Nas a scuola contro la droga, dal ministro della Salute, Livia Turco,
arriva una nuova proposta: vietare la vendita di sigarette ai minori di
18 anni. Una strada quasi obbligata perché fumare fa male e la lotta
contro il fumo, dice il ministro, “resta tra le grandi priorità delle
politiche di salute del Governo e del ministero della Salute in
particolare”. Come non sottoscrivere dichiarazioni simili? Sembra quasi
che si scopra l'acqua calda: è vero, con il livello di informazioni
disponibili oggi giorno, fumare è un passatempo se non pericoloso,
quanto meno molto stupido. Eppure, siamo realmente convinti che un
divieto sia sufficiente per educare?
Da qualche anno è in voga un'abitudine piuttosto curiosa che porta il
mondo della politica a percorrere scorciatoie e non ad affrontare i
problemi a monte. I ragazzi si drogano? Semplice, li si punisce. L'erba
arriva anche a scuola? Semplice, li si perquisisce. Fumare e bere crea
danni alla salute? Semplice, basta vietare. La dimensione educativa
invece, rimane orfana: nessuno ne parla, pochi si sporcano le mani,
pochissimi hanno il coraggio di dire le cose come stanno. E cioè che la
droga è merda, che la salute non è un'opinione e che il vuoto va
riempito con risposte profonde e non con pannicelli caldi.
Oggi, viviamo una situazione paradossale. La ricerca del Cnr che
ha individuato particelle di stupefacenti nell'aria di Roma mostra in
modo radicale il sistema delle doppie morali e delle doppie convinzioni,
con un senso comune che condanna gli stupefacenti e una prassi che li
legittima; con parole e predicozzi a buon mercato e l'assenza totale di
una sanzione - non penale, ma sociale - dei comportamenti. Questo perché
non si ha il coraggio di andare a fondo, di dialogare con i protagonisti
dei fenomeni, per capire cosa spinge un adolescente a fumarsi la canna o
ad aspettare il sabato sera per sballare e ubriacarsi. E al tempo
stesso, cosa spinge la massa a considerare mosche bianche chi sceglie
stili di vita diversi.
È in gioco una sfida decisiva che deve essere accolta dalle agenzie
educative di questo Paese: la famiglia, la scuola, la stessa Chiesa. La
logica dei divieti non porta lontano o almeno non è l'unica
strada. Cominciare a capirlo sarebbe già un primo passo importante.
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