La fotografia annuale dell'Istat sulla situazione del nostro Paese
conferma una sostanziale disparità tra Nord e Sud. In ripresa l'economia,
ma le famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese, soprattutto nel
Mezzogiorno. LINK:
Il Rapporto
Si conferma ancora una volta il dualismo tra Nord
e Sud che caratterizza l'Italia, spaccata sotto tutti i profili,
economici e sociali. Il Rapporto annuale 2006 sulla situazione del paese
presentato oggi a Montecitorio dall'Istat sottolinea con evidenza le
differenze che ancora permangono tra il Mezzogiorno e il resto d'Italia: dal
tasso di occupazione alla produttività, dal reddito delle famiglie alla
presenza di stranieri. Intanto, si registra una ripresa dell'economia e
dell'occupazione, anche se l'Italia conferma il proprio ritardo rispetto
agli altri paesi europei e il 14,7 per cento delle famiglie residenti in
Italia ha dichiarato di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà. La
nostra penisola è, infine, anche il paese più vecchio d'Europa. La
15a edizione del Rapporto
Istat, organizzato in sei capitoli, si concentra sull'analisi
della congiuntura economica recente e sulla struttura e la competitività
delle imprese italiane nel contesto europeo. Inoltre, il testo approfondisce
le trasformazioni del mercato del lavoro e le condizioni economiche delle
famiglie e il sistema di protezione sociale. L'elemento di maggiore novità è
rappresentato dall'analisi dell'immigrazione.
Vediamo più in dettaglio il contenuto dei sei capitoli:
LA CONGIUNTURA ECONOMICA
L'economia italiana è innegabilmente in ripresa, ma il ritmo di
crescita dell'Italia è più lento e incerto rispetto all'Europa in
termini di espansione del pil, di occupazione, di produttività. Nel 2006 il
pil italiano ha registrato un aumento dell'1,9%. Come in Europa, anche in
Italia, l'economia è ripartita soprattutto nel settore industriale (+2,5%
contro il -1,8% del 2005). Nella media dell'anno, la spesa per consumi
interni è aumentata dello 1,6 per cento. L'espansione della spesa delle
famiglie è stata sostenuta da una nuova riduzione della propensione al
risparmio, mentre il reddito disponibile reale è rimasto stabile.
L'inflazione al consumo ha continuato a rimanere moderata,
risentendo in misura minima dell'accelerazione dei prezzi alla
produzione. I prezzi al consumo, nella media del 2006, sono cresciuti del
2,1 per cento, in leggera accelerazione rispetto al 2005 (l'1,9 per cento).
Infine, la dinamica inflazionistica nazionale nel 2006 e nei primi mesi del
2007 si è mantenuta in linea con quella media dei paesi dell'Unione
monetaria.
IL SISTEMA DELLE IMPRESE
Molte imprese e pochi dipendenti: questa la caratteristica
principale del sistema produttivo italiano, dove un lavoratore su
tre è autonomo. In Spagna il rapporto si dimezza e scende ulteriormente
negli altri paesi, fino ad arrivare a uno su 20 in Francia. In Italia la
quota di lavoratori indipendenti si riduce, tuttavia, di un punto
percentuale rispetto al 2000. Tra i principali paesi europei l'Italia mostra
senza dubbio il profilo produttivo più caratterizzato. Nel 2004 sono i
classici comparti del "made in Italy" a fornire il contributo più
significativo alla specializzazione. Nel triennio 2002-2004 la quota
italiana di imprese innovatrici, sebbene inferiore a quella media europea
(35,4 per cento contro 38,0) registra un lieve aumento rispetto agli anni
1998-2000.
SVILUPPO LOCALE E SPECIALIZZAZIONI PRODUTTIVE
Tra il 1971 e il 2004 il baricentro delle attività
manifatturiere, pur confermando il dualismo territoriale che
caratterizza il Paese, si è spostato da nord verso sud e, in misura minore,
da ovest verso est. È l'effetto dei processi di "delocalizzazione" di alcune
grandi imprese verso il Mezzogiorno (particolarmente evidenti per la
fabbricazione dei mezzi di trasporto) e dell'intenso sviluppo industriale
del Nord-est-centro (Nec). Rimane sensibile la differenza tra la
distribuzione delle attività economiche e quella della popolazione: lo
spostamento verso sud della distribuzione spaziale degli addetti, avviato
negli anni Settanta, rallenta poi fino quasi a fermarsi. Il Mezzogiorno si
conferma la principale area di origine dei flussi migratori di lungo raggio,
mentre il Nord-est e il Centro sono caratterizzati dalle maggiori capacità
attrattive (misurate dai saldi migratori attivi più consistenti). Il
Nord-ovest, nel passato tradizionale destinazione dei flussi migratori
nazionali, mantiene una moderata capacità attrattiva rispetto alle regioni
meridionali, ma ha ormai saldi negativi rispetto al Nord-est e al Centro.
ASPETTI STRUTTURALI DEL MERCATO DEL LAVORO
Nell'ultimo decennio si è registrato nell'insieme dei paesi Ue15
un sostanziale miglioramento del tasso di occupazione, cresciuto
tra il 1996 e il 2006 dal 60,2 al 65,9 per cento, ma l'Italia resta il
grande paese europeo con il più basso tasso di occupazione. Nell'ultimo
decennio questo è cresciuto di quasi sette punti percentuali, con un
incremento di 2,7 milioni di occupati, ma il livello complessivo (58,9 per
cento) resta nettamente inferiore sia a quello dell'Ue15, sia a quello
dell'Ue25. In dieci anni, l'occupazione femminile nel nostro Paese è
cresciuta a un ritmo annuo del due per cento, più che doppio rispetto a
quello relativo alla componente maschile. Ciò nonostante il grado di
inserimento complessivo delle donne nel mercato del lavoro resta ancora
limitato.
Gran parte dei giovani italiani restano nel sistema formativo:
nel 2006 studia circa l'88 per cento di quelli in condizione non attiva, con
una prevalenza della componente femminile. Tuttavia, in Italia il 21 per
cento di giovani tra i 18 e i 24 anni abbandona gli studi prima di un titolo
di studio secondario, a fronte di una quota del 15 per cento nell'Ue25. Tra
i fattori che incidono maggiormente sulla prosecuzione o meno degli studi,
assumono forte rilevanza le caratteristiche familiari: la permanenza nel
sistema formativo è più frequente per giovani che provengono da famiglie con
alta scolarizzazione e da quelle con più componenti.
CONDIZIONI ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE E PROTEZIONE SOCIALE
Nel 2004 le famiglie residenti in Italia hanno percepito in media
un reddito netto, inclusi i fitti imputati delle abitazioni, di
circa 2.750 euro mensili. Metà delle famiglie ha guadagnato tuttavia meno di
2.300 euro mensili (1.800 euro al mese al netto dei fitti imputati). Il
reddito delle famiglie che abitano nel Mezzogiorno è pari a circa tre quarti
del reddito delle famiglie residenti al Nord. La Lombardia presenta il
reddito medio più alto (oltre 32 mila euro); il reddito medio familiare più
basso si osserva invece in Sicilia (quasi 21 mila euro).
Le famiglie appartenenti al 20 per cento più povero della
distribuzione percepiscono soltanto il 7,8 per cento del reddito
totale, mentre la quota del quinto più ricco risulta cinque volte maggiore
(39,1 per cento). Nel 2005 il 14,7 per cento delle famiglie residenti in
Italia ha dichiarato di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà: il
28,9 per cento delle famiglie ha invece specificato di non aver potuto far
fronte ad una spesa imprevista di importo relativamente modesto (600 euro).
Tutti gli indicatori considerati segnalano situazioni di maggiore difficoltà
nel Mezzogiorno rispetto alle altre ripartizioni. Nel Mezzogiorno il 5 per
cento degli individui intervistati nel 2004 e nel 2005 ha dichiarato di non
potersi permettere un'alimentazione adeguata.
Tra le voci di spesa per le politiche di welfare, la formazione è
quella che ha sperimentato l'incremento maggiore dal 1996 (media
annua +10,6 per cento). Anche la spesa per l'istruzione e la sanità ha
registrato rilevanti incrementi (rispettivamente + 6 per cento e + 5,9 per
cento). La spesa per l'assistenza sociale, invece, dal 1996 è aumentata solo
del 2,3 per cento in media annua, perdendo quindi terreno, in termini reali,
rispetto al complesso delle funzione di spesa per la protezione sociale.
I pensionati nel 2005 sono 16 ,5 milioni, di cui il 53 per cento
donne, ma gli uomini assorbono il 56 per cento del reddito da
pensione complessivo: in media annua 16 mila euro per gli uomini, 11 mila
per le donne. Nelle regioni settentrionali si concentra la maggior parte
delle prestazioni previdenziali (48 per cento del totale) e della spesa
erogata (51 per cento); nel Mezzogiorno le pensioni erogate sono il 31 per
cento, la spesa il 27 per cento. Il 31% dei pensionati percepisce un importo
compreso tra 500 e 1000 euro; il 24% meno di 500 euro; il 23% un importo
compreso tra 1000 e 1500 euro; il restante 22% supera i 1500 euro mensili.
IMMIGRATI E NUOVI CITTADINI
L'Italia è il paese più vecchio d'Europa: al primo
gennaio 2006 si contano 141 persone di 65 anni e oltre per ogni 100 giovani
con meno di 15 anni. Nel mondo ci supera solo il Giappone (154 anziani ogni
100 giovani). La fecondità italiana, scesa a metà degli anni Settanta sotto
il "livello di sostituzione" (2 figli per donna), è tuttora a livelli molto
bassi (1,35 figli per donna nel 2006), nonostante la modesta ripresa
verificatasi a partire dal 1995 (quando si è riscontrato il minimo assoluto
di 1,19). Le migliorate condizioni di vita, una maggiore attenzione alla
prevenzione e ancor più il progresso della tecnologia medico-sanitaria,
accanto a stili di vita più salutari che in altri paesi avanzati hanno fatto
salire nel nostro Paese la speranza di vita ai primi posti della graduatorie
mondiali (78,3 anni per gli uomini e 84 per le donne, alla nascita; 16,8
anni per gli uomini e 20,6 per le donne, a 65 anni).
Attualmente l'Italia è divenuta una delle mete europee
privilegiate di consistenti flussi in entrata dall'estero, tali da
far raggiungere alla popolazione straniera regolarmente presente (in
possesso di permesso di soggiorno valido) quasi i tre milioni di persone:
due milioni e 768 mila al 1° gennaio 2006 pari al 4,7 per cento della
popolazione residente totale. Al 1° gennaio 2006 la popolazione straniera
residente è di circa 2,7 milioni di unità, pari al 4,5 per cento del totale
della popolazione residente. Rispetto all'anno precedente gli iscritti in
anagrafe sono aumentati di 268 mila unità (+11,2 per cento).
Gli stranieri residenti sono prevalentemente giovani e in età
attiva. Circa uno su due ha un'età compresa tra i 18 e i 39 anni
(50,8 per cento), contro il 28,8 per cento della popolazione italiana; oltre
uno su cinque è minorenne (22 per cento), contro il 16,9 per cento della
popolazione italiana. Sono sempre più numerosi, inoltre, gli stranieri che
scelgono di unirsi in matrimonio nel nostro Paese. I matrimoni misti, ovvero
quelli celebrati tra cittadini italiani e stranieri, rappresentano la quota
più consistente del complesso dei matrimoni con almeno uno sposo straniero
(l'83 per cento). I matrimoni misti costituiscono la causa più frequente di
acquisizione della cittadinanza italiana (circa il 45 per cento).
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