In tempo di presunte guerre di
civiltà, con la prevista concessione annuale contingentata di permessi di
soggiorno ai lavoratori stranieri, l’Italia sta conducendo una sua
piccola ma emblematica battaglia di inciviltà.
I flussi annuali
Nel nostro paese, i flussi annuali di nuovi permessi di soggiorno per
motivi di lavoro sono stabiliti sulla base di un qualche incomprensibile
calcolo che ben poco ha a che vedere con le esigenze del mercato del
lavoro italiano e molto di più con le pulsioni xenofobe di settori della
maggioranza politica e di parte della popolazione.
In teoria, comunque, pochi o tanti che siano, i permessi di soggiorno per
motivi di lavoro dovrebbero riguardare cittadini extracomunitari residenti
all’estero, ai quali futuri datori di lavoro italiani, o legalmente
stabiliti in Italia, propongono l’assunzione e quindi il trasferimento nel
nostro paese. Naturalmente, tutti sanno che si tratta di una ridicola
ipocrisia.
Sabato 18 febbraio, il giorno in cui gli oltre seimila uffici postali
preposti hanno iniziato a consegnare i kit per la richiesta del
permesso di soggiorno ai presunti "futuri datori di lavoro", centinaia di
migliaia di extracomunitari, che già vivono e lavorano, più o meno
irregolarmente, nel nostro paese, si sono precipitati a fare la fila per
ritirarli. Come hanno scritto i giornali, di futuri datori di lavoro, nelle
lunghe code, non c’era neanche l’ombra.
Sempre a quanto riferiscono le cronache, sono valse a ben poco le
esortazioni delle forze dell’ordine a non precipitarsi tutti insieme agli
uffici postali il primo giorno di consegna, in quanto i kit sarebbero
rimasti in distribuzione per almeno un paio di settimane. In tutte le città,
gli extracomunitari hanno comunque sopportato lunghe attese, fino a che i
documenti disponibili, pare fossero un milione e cinquecentomila, non sono
finiti. Il fatto che, nei giorni successivi, molti uffici postali non
fossero stati riforniti di nuovi kit porta all’amara considerazione che, in
fondo, conoscendo la burocrazia italiana, per "i futuri datori di lavoro"
fare la fila il primo giorno di distribuzione non era poi una scelta così
irrazionale.
Anzi, si è poi scoperto che la scelta poteva addirittura rivelarsi ultra
razionale, e economicamente vantaggiosa, se, riuscendo a procurarsi qualche
modulo in più, si fosse poi avviata una proficua attività di bagarinaggio.
Si vedano al proposito le cronache sul Corriere della Sera del 26 febbraio:
il prezzo di bagarinaggio dei kit nei giorni successivi si è incredibilmente
attestato su svariate centinaia di euro.
Un fatidico timbro
Ma è la totale insensatezza tecnica del passo successivo e decisivo della
procedura, la modalità di definizione della graduatoria per
l’assegnazione dei permessi, a dover ora preoccupare. Infatti, con i
documenti debitamente compilati, i "futuri datori di lavoro" devono
aspettare che un decreto del Governo fissi la data di partenza della
prossima "Grande gara di resistenza alle file per immigrati
extracomunitari", con la quale l’Italia si propone di entrare nel Guinness
dei primati…delle file. Sembra che i permessi di soggiorno verranno
assegnati a coloro i cui "futuri datori di lavoro" consegneranno per primi
la domanda in forma di assicurata accettata, alla data stabilita nel
decreto, in uno degli uffici postali abilitati. All’americana, che suona più
efficiente, il metodo per compilare la graduatoria di preferenza sarebbe
quindi first come first serve.
Gli uffici postali italiani sono stati opportunamente dotati, all’uopo pare,
di una straordinaria innovazione tecnica, ci informa sempre la stampa: un
timbro minutario, con il quale sarà possibile allineare, al minuto,
l’arrivo allo sportello dei partecipanti.
Il rischio del metodo prescelto è piuttosto chiaro. È facile prevedere che
il giorno in cui sarà resa nota la data di consegna dei documenti alla
posta, avrà inizio il bivacco davanti agli uffici postali dei "futuri datori
di lavoro" o, più probabilmente, delle centinaia di migliaia di immigrati
con la speranza del permesso di soggiorno. Potrebbe non essere un bel
vedere.
È davvero necessario questo epilogo comico, e speriamo non tragico, di una
vicenda economicamente e umanamente comunque deplorevole? Si può almeno
evitare il bivacco e la gara per la consegna? Effettivamente, basterebbe
dare disposizioni agli uffici postali di raccogliere tutte le domande e
semplicemente numerarle. Poi un computer, innovazione del secolo scorso,
crediamo successiva al timbro minutario, potrebbe estrarre a sorte i
vincitori del permesso di soggiorno. In fondo, anche gli americani,
sorteggiano i permessi. Fanno quella che chiamano una lottery.
Non diventeremmo un paese molto più civile solo grazie a un ultimo, meno
irrazionale, passaggio: l’ipocrisia e l’insensatezza economica di tutta la
questione resterebbe intatta, ma almeno eviteremmo molte sofferenze ai
"futuri datori di lavoro". Non siamo specialisti della materia, e rileggendo
quanto scritto ci viene quindi un dubbio: ma è possibile che le cose stiano
davvero così? Speriamo che qualcuno ci smentisca...
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