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30/10/2008 L' abolizione della scuola pubblica è legge (Mariavittoria Orsolato, http://altrenotizie.org)

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Il decreto Gelmini è ora ufficialmente legge. Lo ha stabilito ieri mattina il Senato con 162 voti a favore, 134 contrari e 3 astenuti, mentre tra i banchi dell’opposizione si parlava già di referendum abrogativo con relativo striscione. Non sono quindi valsi a nulla gli appelli lanciati durante le centinaia di cortei e manifestazioni organizzati da studenti, docenti e genitori: la schiacciasassi del governo Berlusconi IV passa con la solita arroganza anche sulla scuola pubblica. Il ricorso dell’opposizione al referendum è stato confermato poche ore più tardi da Walter Veltroni, che in una conferenza stampa ha spiegato come il Pd, pur avendo chiara la necessaria parsimonia con cui misurarsi con l’istituto referendario, ritiene importantissima la materia scolastica; da qui l’urgenza di fermare la schifezza della Gelmini appena approvata. Il disegno di conversione è arrivato a Palazzo Madama dopo il maxiemendamento approvato alla Camera con lo strumento della fiducia ma, in sostanza, non una virgola è stata cambiata in merito ai tagli preannunciati sul personale e sui costi.

È lo stesso ministro per l’Istruzione a spiegare che “la scuola cambia, si torna alla scuola della serietà, del merito e dell’educazione” annunciando, fra l’altro, che entro una settimana metterà mano a un piano che riguarda l’Università. “Un grande risultato - dice Berlusconi che sproloquiando aggiunge - dispiace solo che sono stati presi in giro tanti ragazzi in Roma e in altre città”.

E proprio Roma è stata ieri teatro di un revival in pieno stile ’77: durante una delle tante manifestazioni indette nei pressi dl Senato, si è arrivati al contatto fisico tra studenti di destra appartenenti al “Blocco studentesco” e rappresentati dell’Unione degli studenti. Uno scontro a base di mazze di legno, sedie e tavolini dei bar di piazza Navona, originato da un attacco dei giovani appoggiati da Forza Nuova alla testa del corteo di protesta indetto da una delle tante anime del movimento “No-Gelmini”. Al rifiuto degli studenti a farsi sovrastare, è partita l’aggressione con caschi, cinte e bastoni. E se dapprima gli studenti avevano alzato le braccia in segno di rifiuto dello scontro, alla carica dei fascistelli sotto lo sguardo dei poliziotti che fingevano di non vedere, i ragazzi dei centri sociali e gli universitari provenienti dal corteo che arrivava dall’Università hanno reagito. Il bilancio è di tre feriti non gravi e 14 arrestati, mentre 20 teppisti filogovernativi sono finiti in questura per essere identificati. Le strumentalizzazioni dell’episodio, non hanno tardato ad arrivare.

Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, durante l’assemblea candidati Slc-Cgil, ha commentato gli scontri di piazza Navona tra gruppi studenteschi di destra e di sinistra sottolineando che “non bisogna rispondere alle provocazioni” e che i giovani della Cgil non sono stati difesi dalla polizia fino a quando non sono entrati in campo ragazzi dei centri sociali. “Un gruppo di fascisti”, ha continuato Epifani, “ha picchiato i nostri del tutto inermi. Poi sono intervenuti, non graditi, i centri sociali e lo scontro è diventato tra centri sociali e fascisti. A quel punto è intervenuta la polizia. Ma fino a quando a essere picchiati erano i nostri giovani c’è stata la sostanziale indifferenza delle forze dell’ordine”. Per il leader sindacale, questo è “lo schema che abbiamo di fronte e c’è la minaccia che sia replicato anche domani” (oggi ndr) allo sciopero generale della scuola.

Cossiga, come di consueto, lo aveva detto in un’intervista a La Nazione: “Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito. Gli universitari, invece, bisogna lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città”. Un disegno che non si è ancora realizzato, grazie anche al buon senso e all’intelligenza degli studenti del movimento, ma che potrebbe prendere sembianze fin troppo reali qualora il livello della contestazione dovesse salire ancora.

Dopotutto tra i ragazzi, i ricercatori e i genitori, c’era la diffusa speranza che una mobilitazione del genere riuscisse a contenere l’arroganza di questo esecutivo e - sulla scia di quello successo in Francia solo due anni fa - a far ritirare il disegno di legge più letale che la pubblica istruzione avesse mai visto. Sbagliavano, purtroppo. Le manifestazioni continueranno fino a nuovo ordine, nell’attesa che vengano raccolte le firme necessarie a indire il referendum abrogativo proposto dal Pd.

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