In Italia è molto semplice per gli studenti ripetere più volte un esame
universitario finché non lo passano, magari con un buon voto. Ma tutto ciò
ha costi alti. Per gli stessi studenti perché si allunga il percorso di
studio. Per i docenti che all'esamificio devono dedicare tempo e risorse. E
alla fine, poi, si toglie ogni contenuto informativo al voto di laurea. La
soluzione è una riduzione drastica degli appelli. Ma potrebbe funzionare
anche un innalzamento delle tasse per i "ripetenti" e i fuoricorso.
Un articolo pubblicato prima
dell’estate su questo sito evidenziava come il voto di
laurea in molte università italiane sia sempre meno
indicativo. Quando il 30 per cento degli studenti si laurea con la
lode, la sensazione è che le valutazioni appaiano fin troppo generose.
O quantomeno, pur ammettendo che non esistano distorsioni, risultati
così appiattiti verso l’alto non permettono alcuna discriminazione tra
gli studenti.
IN ATTESA DELLA MANO FORTUNATA
Tra le numerose cause dell'inflazione da voto, c'è l’inspiegabile
facilità con la quale in Italia gli studenti possono tentare e
ritentare gli esami, teoricamente un numero infinito di volte,
rifiutando eventuali voti bassi o comunque non soddisfacenti, in
attesa della “mano” fortunata che permetta di portarne a casa uno
alto. L’anomalia italiana emerge da un rapido
confronto con i sistemi universitari di altri paesi. (1)
Un esame per corso ogni anno senza possibilità di appello: Canada.
Un esame per corso ogni anno con possibilità di un appello: Danimarca,
Francia, Germania, Messico, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti.
(2)
Un esame per corso ogni anno con possibilità di due appelli: Austria,
Olanda
Fino a dieci esami per corso per anno con possibilità illimitata di
appello: Italia
Come in una lotteria, lo studente italiano può comperare a costi
contenuti un biglietto per tentare la fortuna dell’esame. Il voto è
per alcuni studenti ormai un evento probabilistico,
il cui risultato atteso può essere artificialmente accresciuto, non
necessariamente studiando di più, ma semplicemente aggiungendo
alcampione ilprossimo evento. Ritenta e sarai più fortunato: è
l’imperativo.
Un primo paradosso del sistema è che mentre l’appello praticamente
mensile viene spesso giustificato come un meccanismo per permettere
allo studente di “dare più esami” e quindi di accelerare il
percorso di studi, in realtà la durata media degli studi
universitari in Italia è tra le più alte d’Europa, anche se è
decisamente migliorata con il 3+2. Vi è correlazione tra appelli
ricorrenti e maggiore durata del percorso di studi? Secondo noi sì, ed
emerge a causa di questo approccio da lotteria all’esame.
L’esamificio Italia, oltre a svuotare di contenuto informativo
il voto di laurea e contribuire all’allungamento del corso degli
studi, porta con sé anche un considerevole costo sociale in termini di
strutture universitarie utilizzate improduttivamente e di ore/uomo di
ricercatori e professori sprecate per preparare, supervisionare e (se
scritti) correggere i “biglietti della lotteria” degli studenti.
Dieci estrazioni all’anno (più o meno) per la lotteria dell’esame
italiano: pensiamo a cosa significano in termini di costi.
L’esamificio Italia è costruito in maniera tale da abbattere quasi
completamente il costo opportunità di “ritentare”
l’esame per lo studente: il suo costo opportunità è aspettare qualche
settimana per il successivo appello. Rende però significativo il costo
per l’esaminatore che deve preparare almeno dieci prove diverse,
dedicare dieci giornate all’esame e cosi via, con la ragionevole
certezza di rivedere più volte alcune facce già conosciute, che si
ripresentano in cerca del tema facile o della domanda fortunata.
L'altra faccia delal medaglia della frammentazione degli esami è il
diverso grado di difficoltà delle prove. Un docente
dovrebbe decidere all’inizio dell’anno accademico il loro livello di
difficoltà; dovrebbe quindi preparare tanti differenti testi che
presentino tutti il medesimo grado di difficoltà. L’impresa potrebbe
rivelarsi ardua e verosimilmente alcuni appelli d’esame potrebbero
avere prove più semplici di altri. Lo studente potrebbe presentarsi
continuamente, proprio in attesa di svolgere l’esame per lui più
semplice.
Inoltre, si pensi a un’azienda che deve selezionare un valido
economista. Il massimo dei voti preso in un appello “facile” di
economia politica potrebbe non valere un voto leggermente più basso
preso in un appello “difficile”. L’impresa non potrebbe più basare il
suo giudizio unicamente sul curriculum universitario del potenziale
economista: si rischia di perdere la funzione di segnalazione dei voti
anche dei singoli esami.
La soluzione all’esamificio Italia è la correzione di questa struttura
di costi sbilanciata. Il costo opportunità del “ritentare” la fortuna
dell’esame per lo studente va aumentato, in maniera tale che si torni
a considerare imprescindibile l’opzione di studiare per passare
l'esame al primo tentativo. Ciò comporterebbe inevitabilmente una
riduzione dei costi “sociali” dell’esame, sia in termini di struttura
e personale per gestire la ripetizione dell’esame sia in termini di
tempi di laurea più brevi. Ma come si aumentano questi costi? La via
maestra è la riduzione drastica delle sessioni d’esame e del numero di
appelli.
CHIUDERE L’ESAMIFICIO
Un approccio radicale al problema sarebbe l’adozione di un modello
di tipo britannico, con la possibilità di un
solo appello a fine corso e, nel caso di fallimento, di una
sola chance di riparazione. Va da sé che i voti positivi ottenuti non
si potrebbero rifiutare. Se si dilazionano nel tempo gli appelli, si
aumenta il costo opportunità di aspettare la prossima “mano
fortunata”, fino alle conseguenze estremamente costose di troncare il
percorso accademico nel caso un esame fondamentale non sia superato
entro i due-tre tentativi concessi. Così facendo, si opererebbe una
selezione tra gli studenti universitari, premiando coloro che studiano
veramente per superare un esame e coloro che provano e riprovano
finché non ci riescono. Inoltre, con la possibilità di almeno un
secondo appello, lo studente è garantito rispetto a eventuali torti o
sfortune subite. Un’altra possibilità (complementare alla prima, più
che alternativa) è quella di impedire agli studenti il rifiuto
dei voti positivi, cioè superiori al 18.
In ogni caso, si potrebbe almeno rendere gli extra-appelli
finanziariamente costosi per gli studenti in maniera tale da far loro
internalizzare i costi/struttura dell’esamificio, magari incrementando
le tasse universitarie di una percentuale per ogni esame non superato
e ritentato. Oppure si potrebbero aumentare le tasse
universitarie per gli anni fuoricorso. In questo modo, gli
studenti stessi internalizzerebbero i costi di tale pratica e il
numero ottimo di appelli emergerebbe come un equilibrio del sistema.
Non a caso, alcune università italiane hanno già cominciato ad
applicare misure simili, a partire per esempio
dal caso di Trento.
(1)John Hey, “International
Comparison of University Examination Systems”
(2) Per essere più precisi, le regole per la
ripetizione dell’esame variano a seconda del corso e dell’università.
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