Il divario di competenze
fra Nord e Sud si può riassumere più o meno in questi termini:
problemi che al Nord sanno risolvere la metà dei ragazzi, al Sud
vengono risolti da uno su cinque. (1) Secondo
Bratti-Checchi-Filippin (2007), il 70 per cento del divario è dovuto
al contesto (famiglia, legalità, servizi pubblici, infrastrutture) e
il 30 per cento a problemi interni al governo della scuola. (2)
Dunque, il divario è profondo, e solo in parte dovuto a carenze
interne del sistema scolastico. D’altra parte, l’impegno politico
sul problema è serio: nei programmi 2007-2013 di politica regionale
per lo sviluppo ci sono 4,2 miliardi di euro destinati ad
interventi sull’istruzione, a fronte di 1 miliardo nel 2000-2006 (www.dps.tesoro.it/qsn/qsn.asp).
Dal sapere al saper fare
Il governo sembra aver fatto proprio l’obiettivo del passaggio
"dal sapere al saper fare" che è oggi il punto di riferimento degli
standard internazionali di misurazione della qualità dei
sistemi scolastici: è necessario sapere la regola di risoluzione di
un’equazione algebrica, ma è importante capire quando un problema
non algebrico si risolve con quell’equazione. Perché a questo
"imparare a ragionare" si riferisce, da un lato, il ministero della
Pubblica istruzione quando pone l’accento sull’importanza della
matematica e dell’italiano; e dall’altro, il ministero dello
Sviluppo economico, quando inserisce nel Programma sull’istruzione
2007-2013 obiettivi "vincolanti" definiti in termini di variabili
misurabili, in particolare la frazione di studenti che acquisisce
competenze superiori al primo livello Pisa.
Sull’aspetto fondamentale della realizzazione dei programmi del
governo, il Quaderno bianco sulla scuola propone alcuni passi
da attuare già nella attuale fase di avvio. In particolare:
(1) Costruire quanto prima una base ampia di informazioni sulle
competenze degli studenti, sfruttando possibilmente i risultati di
Pisa 2006 che arrivano a dicembre, oltre che sul contesto, al fine
di orientare gli interventi in funzione delle necessità reali del
territorio.
(2) Stabilire nei singoli istituti scolastici un collegamento
diretto con l’Invalsi, che fornisca supporto nell’analisi
della situazione e nella ricerca delle direzioni di miglioramento. A
tal proposito, di grande utilità sarebbe a nostro avviso una "banca
test" gestita dall’Invalsi contenente esercizi, problemi e test
disciplinari che le scuole possano utilizzare quotidianamente.
(3) Sperimentare forme di incentivi agli istituti e ai
docenti basati sui risultati ottenuti in termini di competenze,
utilizzando i fondi addizionali 2007-2013.
Aggiungeremo qui un paio di considerazioni che assumono particolare
rilevanza nella realtà del Mezzogiorno in cui bisogna
produrre una discontinuità. Ma va premesso che il ministero ha senza
dubbio individuato le criticità principali del sistema:
infrastrutture, autonomia scolastica, contenuti dell’apprendimento,
valutazione dei risultati, centralizzazione (almeno parziale) degli
esami, tempo pieno, infanzia.
Autonomia, misurabilità, incentivi
È largamente confermata da ricerche empiriche, citate anche nel
Quaderno, l’idea che la qualità della scuola dipende in larga
misura dal lavoro degli insegnanti, ai quali va
garantita autonomia di gestione in un contesto di misurabilità dei
risultati ottenuti (nel caso italiano, con funzioni manageriali dei
dirigenti scolastici e di supporto dell’Invalsi). Il discorso è
chiaro: la decentralizzazione delle scelte operative permette
di sfruttare meglio l’informazione in possesso degli agenti locali,
ma perché il sistema nel suo complesso si attesti su livelli
accettabili occorre poter misurare i risultati raggiunti nei diversi
centri di decisione. Altrettanto chiaro è però che la misurabilità
dei risultati induce comportamenti volti a massimizzarli soltanto
se questi vengono adeguatamente premiati. Nel Quaderno,
la necessità della presenza di forti incentivi agli insegnanti non
sembra essere sottolineata, forse per motivi "politici", con
sufficiente fermezza. (3)
Infanzia e tempo pieno
Su entrambi i fronti il governo sta già intervenendo, il problema
riguarda l’ordine di priorità.
A nostro avviso, queste non sono due fra le mille cose che devono
essere fatte: sono le più importanti. Perché se il divario di
competenze è dovuto per il 70 per cento al contesto, una buona parte
delle risorse dovrebbe servire a far vivere i bambini e i ragazzi
svantaggiati in ambienti migliori di quelli familiari e sociali
di provenienza. Si noti che per quanto riguarda l’infanzia,
importanti ricerche indicano che una parte significativa del
differenziale di capacità cognitiva fra figli di genitori con
diverso grado di istruzione si determina prima dei cinque anni.
(4)
Il tempo pieno, poi, è essenziale e uno sguardo alla figura
1.19 del Quaderno dà un’idea dei termini del problema nelle
scuole primarie. Tuttavia, resta da chiarire cosa si va a fare a
scuola di pomeriggio. L’obiettivo di "favorire l’ampliamento
dell’offerta formativa e un pieno utilizzo degli ambienti e delle
attrezzature scolastiche" (5) è ambiguo, laddove è
fondamentale sfruttare il servizio addizionale precisamente per quel
passaggio dal sapere al saper fare che permea tutto il programma. In
altre parole, di pomeriggio si dovrebbero fare esercizi. Con
il tutoraggio di insegnanti bravi che in tal modo potrebbero essere
adeguatamente ricompensati.
Governo e opposizione
I processi di cui stiamo discutendo hanno orizzonti temporali
lunghi, non si può pensare che il paese possa fare passi avanti se
ogni governo disfa quello che il precedente ha realizzato. Quello
attuale, in materia di istruzione, non sembra avere un
atteggiamento disfattista verso chi l’ha preceduto, ma ha la
responsabilità di non aver ancora aperto un confronto approfondito
sulla questione. Per esempio, al centro del quadro tracciato nel
Quaderno bianco si trova un Invalsi trasformato in un alto centro di
competenza e ricerca, punto di riferimento di tutto il sistema: un
soggetto di questo tipo o è di tutti o dura poco. E se dura poco è
un guaio grosso.
(1) Vedi i dati dell’indagine Pisa, Programme for International
Student Assessment, che nel 2003 si è incentrata sulle
competenze in matematica.
(2) Bratti, M., Checchi, D., Filippin, A. (2007) "Territorial
Differences in Italian Students’ Mathematical Competencies: Evidence
from Pisa 2003", IZA Discussion Paper No. 2603 (February).
Per il divario Nord-Centro, le quote sono rispettivamente 25 e 75
per cento.
(3) Per inciso, se alcuni insegnanti vanno pagati più di
altri, dove si prendono i soldi quando finiscono i fondi
addizionali? Una risposta possibile è: dalle paghe dei docenti
universitari. Considerando lo sviluppo del nostro sistema
universitario, che sarà sempre più marcatamente suddiviso in due
livelli – uno inferiore delle lauree brevi, uno superiore che
produce conoscenza –, viene subito da chiedersi perché un bravo
insegnante di scuola debba guadagnare la metà di un docente
universitario che ha prodotto ricerca mediocre e che da un certo
punto in poi fa solo didattica elementare.
(4) Vedi Heckman, J.J., "The New Economics of Child Quality",
2007. E "Millennium Cohort Study", Center of Longitudinal Studies,
www.cls.ioe.ac.uk
(5) Comunicato stampa del ministero dell’Istruzione del 31
agosto 2007.
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