Quanti saranno gli studenti
della scuola nei prossimi anni? Di quanti insegnanti avremo bisogno,
e dove? Non è semplice rispondere a queste domande, fondamentali per
ogni serio esercizio di pianificazione in un campo cruciale come
l’istruzione pubblica. Nel Quaderno bianco sulla scuola un
modello di simulazione cerca di farlo, ma sconta il mancato
aggiornamento delle previsioni demografiche e una scarsa
considerazione dell’effetto della recente "rivoluzione demografica"
sulla presenza di alunni stranieri.
Demografia e scuola
Chi andrà in prima elementare nel 2012? La risposta a
questa domanda è potenzialmente banale: a meno degli anticipi
scolastici e di fattori demografici tra oggi e il 2012 (decessi, e
soprattutto immigrazioni), alla prima campanella si presenteranno i
nati in Italia nel 2006: 560mila circa. Forse alcuni tra noi saranno
sorpresi nel sapere che i nati nel 2006 sono quasi il 16 per cento
in più dei nati di un decennio prima: 484mila. (1)
Insomma, in questi dieci anni non è continuato il ben noto calo, ma
le nascite sono aumentate.
L’effetto della demografia sulla scuola è sempre stato importante.
Caso da manuale è quanto è successo nella Romania di
Ceausescu: l’introduzione di una politica improvvisamente
pronatalista (con la proibizione dell’aborto legale) ha fatto quasi
raddoppiare le nascite da un anno all’altro: 274mila nel 1966 e
528mila nel 1967. Non è un caso così lontano da noi: è successo nel
paese che è oggi il primo per presenza straniera in Italia, in
numero superiore a quello dei nati in Romania del 1966. Ovviamente,
la carriera scolastica della leva romena del 1967 è stata
disastrosa: improvvisamente le scuole si sono trovate,
impreparate, di fronte a una mole doppia di studenti, con classi di
40 alunni e lezioni fino a tre turni. (2) Pur essendo lontani
da quell’esempio, è bene ricordare che una seria programmazione
scolastica (e non solo) non può che poggiare su solide ipotesi
demografiche, per non doversi scontrare con una realtà colpevolmente
inattesa.
La scuola italiana tra vent’anni
Dallo sforzo congiunto dei ministeri della Pubblica istruzione e
dell’Economia e delle Finanze è nato il Quaderno Bianco sulla
Scuola. Contiene un interessante, e ambizioso, prototipo di
modello per prevedere il numero di studenti da qui a vent’anni a
livello nazionale e regionale.
Partendo dal numero di studenti, il modello consente di prevedere il
fabbisogno di insegnanti. Non presenta una sola previsione
"centrale", ma una forchetta compresa tra un’ipotesi alta
(con più studenti e insegnanti) e un’ipotesi bassa (con
numeri minori).
Quali sono i risultati? In Italia nell’anno scolastico 2006/07 gli
studenti (dalle scuole dell’infanzia alle secondarie superiori) sono
stati 7736 mila. Tra dieci anni gli studenti sarebbero da
7655 (ipotesi bassa) a 8135mila (ipotesi alta). Tra venti anni,
da 6994 (ipotesi bassa) a 7863 mila (ipotesi alta). A venti anni,
dunque, il modello prevede un aumento massimo del numero di studenti
dell’1,64 per cento. E nel caso minimo una diminuzione del 9,6 per
cento rispetto a oggi. La diminuzione colpirebbe soprattutto il Sud,
che è in piena crisi demografica, e si ripercuoterebbe in tempi
diversi per livello di scuola. In generale, per il Quaderno
si prospetta un cambiamento graduale e senza rivoluzioni sul
numero di studenti per i prossimi vent’anni.
La previsione dell’andamento del numero di studenti si riverbera sul
tendenziale fabbisogno di insegnanti, per i quali è prevista
comunque un’allocazione più efficiente rispetto allo stato attuale
(ovvero: meno insegnanti per alunno). Partendo da 888mila nel
2006/07, il fabbisogno a dieci anni sarebbe di 853 (ipotesi bassa)
oppure 906mila (ipotesi alta). A venti anni, il fabbisogno sarebbe
di 778 (ipotesi bassa) oppure 875mila (ipotesi alta) insegnanti.
Dunque, il Quaderno prevede in ogni caso una riduzione del
numero di insegnanti nella scuola pubblica da qui al 2026-2027.
Ma siamo proprio sicuri?
Il modello prototipo del Quaderno è molto ben congegnato e
delinea in modo trasparente le ipotesi adottate. In questo senso, è
un ottimo esempio di modello utile per le policy, con uno
stile che dovrebbe essere adottato più in generale, come dagli
stessi ministeri quando pensano all’università. La trasparenza ha un
costo: si individuano più facilmente i punti deboli e i rischi
insiti nelle previsioni. Queste previsioni dovranno essere riviste,
come già previsto dallo stesso Quaderno, sperando che il
provvisorio non diventi definitivo senza riflessioni.
Ma quali sono i punti deboli e i rischi della previsione dei
ministeri sulla scuola nei prossimi vent’anni?
Il problema principale è demografico, ma anche squisitamente
politico: la scarsa considerazione di quella che è stata la vera e
propria rivoluzione demografica degli ultimi anni in Italia,
e che si riverbera nell’aumento degli alunni stranieri. Il
Quaderno parla pochissimo degli alunni stranieri o di origine
straniera, citati solo otto volte in 246 pagine di rapporto.
Come si fa a parlare del futuro della scuola in Italia senza avere
una grande attenzione verso i nuovi italiani? Nel 2005/06 sono stati
quasi il 5 per cento degli alunni, più dell’8 per cento nel Nord
Est, e la quota è destinata ad aumentare. Sempre nel 2005, il
12,2 per cento dei neonati in Italia ha una madre straniera, con
punte del 28 per cento nella provincia di Prato e del 25,4 per cento
in quella di Brescia e, all’opposto, l’1,5 per cento in quella
Taranto. Inoltre, i nuovi immigrati portano spesso con sé i figli,
andando a incrementare anche la popolazione nelle fasce di età
scolastica. La sfida dell’integrazione per le seconde generazioni
passa, com’è ovvio, primariamente dalla scuola: nessuna
considerazione del potenziale maggiore fabbisogno di docenti
a parità di studenti nelle scuole con molti alunni stranieri, né in
generale delle nuove sfide generate dai "nuovi italiani" è presente
nel modello. Poca attenzione su questo tema sembra pervadere
l’intero Quaderno. Un atteggiamento molto rischioso.
La questione è ancora più problematica considerando le previsioni
demografiche sottostanti: quelle "ufficiali" Istat del 2003 (ormai
datate, riferite alla situazione pre-censimento 2001, con un numero
di stranieri pari a circa la metà di oggi) e del 2007 (ancora
incomplete). A rischio di sottostima dei numeri è in particolare
l’ipotesi alta del Quaderno, che prevede un flusso netto
di immigrati pari a 162mila unità annue nei prossimi
vent’anni. Come possiamo pensare che si tratti di un estremo
superiore per la programmazione se il flusso netto di immigrati è
stato 377mila nel 2006, 300mila nel 2005, 558mila (per le
regolarizzazioni) nel 2004, e così via? Insomma: l’ipotesi alta
rischia una sottostima del numero di alunni nei prossimi
vent’anni, soprattutto se i flussi migratori continueranno al ritmo
attuale, contribuendo sia alle presenze di bambini sia alle nascite.
Il Quaderno mette in guardia verso gli alti costi della non
programmazione "alla Ceausescu" e di un sottodimensionamento delle
strutture e del numero di docenti. Ma proprio per questo l’ipotesi
alta è troppo bassa ed è ben lontana dal rappresentare una soglia
di sicurezza per la programmazione. In presenza di forti
migrazioni, come oggi in Italia, la proverbiale inerzia della
demografia va messa in discussione: soprattutto per i bambini, tanto
può cambiare in poco tempo.
Le previsioni sulla scuola saranno riviste quando l’Istat rilascerà
le nuove proiezioni demografiche, la cui frequenza è oggi troppo
diradata. Il modello di fondo è valido, ma occorrerà porre maggiore
attenzione al numero di alunni di origine straniera e agli effetti
della loro presenza sulle necessità di docenza.
(1) I dati sono di fonte Istat per l’Italia
(http://www.demo.istat.it/), Eurostat per la Romania (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/).
(2) Si può vedere ad esempio: Manuela Lataianu, The
1966 Law Concerning Prohibition of Abortion in Romania and its
Consequences. The Fate of one Generation, Euresco Workshop "The
Second Demographic Transition in Europe", Bad Herrenalb, 2001 (http://www.demogr.mpg.de/Papers/workshops/010623_paper25.pdf).
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