Nei tanti toto-ministri che si leggono sui giornali in questi giorni, il
ministero dell’Università viene citato molto raramente; si ha la sensazione
che questo dicastero svolga un ruolo residuale nel risolvere i problemi di
rappresentanza all’interno della nutrita maggioranza di Governo. Sarebbe un
grave errore.
Nel lungo periodo, l’università e la ricerca sono
fondamentali per la crescita del paese, ma negli ultimi decenni hanno
conosciuto un continuo, inesorabile declino. Per questo l’Italia ha bisogno di
un taglio netto con il passato, e quindi di un ministro competente e aperto –
due qualità che difficilmente si troveranno in un ministro scelto in base al
manuale Cencelli, o magari per il suo prestigio all’interno di un establishment
culturale intimamente legato proprio a una università così antiquata.
Le priorità dell’ università italiana
Per questo, a nostro avviso un buon ministro dell’università
dovrà perseguire i seguenti fini:
1. Mettere al centro dell’attività accademica la ricerca. Un buon
ricercatore è di norma anche un buon insegnante; un cattivo ricercatore non può
trasmettere conoscenza ad alto livello. La capacità di produrre ricerca secondo
gli standard internazionali deve dunque diventare il perno della selezione e
della promozione dei docenti.
2. Per questo, è necessario modificare la struttura degli incentivi e
ridisegnarli in modo da premiare chi – persona o ateneo - produce ricerca di
alto livello, condizionando a questo una quota rilevante dei finanziamenti
agli atenei e almeno una parte del salario o delle risorse dei ricercatori.
L’esperienza inglese (un sistema interamente pubblico) degli ultimi dieci anni
dimostra che le scelte delle istituzioni universitarie rispondono notevolmente
agli incentivi economici e che questi, se ben, congegnati, sono in grado di
accrescere di molto la qualità del sistema universitario. Oggi invece
l’università italiana si basa su di un complicatissimo sistema dirigistico e
centralizzato di migliaia di regole formali e di decine di organi istituzionali
che hanno poco o nulla a che vedere con l’unico scopo importante: fornire gli
incentivi per fare buona ricerca. Il futuro ministro dell’Università dovrà
essere in grado di riconoscere l’importanza di un sistema di incentivi corretti
e abbandonare la tradizione umanistica e sud-europea di affidarsi esclusivamente
a regole formali tanto complicate quanto vuote di effetti sostanziali.
3. Riconoscere e accettare la diversità nella qualità degli atenei. Un
sistema corretto di incentivi migliora la qualità media, ma crea anche
dispersione, per un motivo molto semplice: esso convoglia più risorse ai
migliori. La mentalità egualitarista che ha sempre pervaso l’università italiana
tende a ottenere l’effetto opposto: livellare in nome di un malinteso senso
dell’equità. Ma l’università non è il liceo: essa deve produrre eccellenza,
solo così si fanno fruttare i finanziamenti del contribuente. Il futuro ministro
dell’Università dovrà avere la capacità di rompere con gli schemi
egualitaristici del passato e la forza di imporre questa scelta
all’establishment universitario.
4. Abbandonare la retorica dell’università gratuita. Nonostante questa
retorica, poche istituzioni sono più inique dell’università italiana, pagata da
tutti i contribuenti, ma frequentata soprattutto dai ricchi. Ma non è solo una
questione di equità: con tasse studentesche più elevate, ogni ateneo sarà
costretto a sudare le proprie risorse, e quegli atenei che non forniscono un
servizio adeguato saranno costretti a chiudere, come è giusto che sia. Un
sistema di borse di studio e di prestiti condizionati al reddito permetterà
anche ai meno abbienti di frequentare l’università, impedendo però ai ricchi di
avvantaggiarsene senza motivo.
Tutte ciò richiede un ministro dell’Università consapevole
delle esperienze internazionali e slegato dalle vecchie logiche dirigistiche,
legalistiche ed egualitaristiche che hanno fallito in modo così plateale
nell’università italiana. Non vediamo queste caratteristiche nei pochi nomi che
sono circolati finora fra i candidati alla posizione.
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