Da molti anni la crescita della spesa
sanitaria è caratterizzata dal formarsi di consistenti debiti
sommersi verso i fornitori a causa dei disavanzi discendenti
dall’insufficienza dei fondi disponibili e dal mancato o inadeguato
controllo della spesa. I disavanzi sono diventati una caratteristica
strutturale della nostra sanità.
A quanto ammontano i debiti
Nel periodo 2002-2005 il disavanzo medio è
stato di 4 miliardi. Nel 2005 sei Regioni su venti avevano conti
in attivo, nove erano in perdita. Nel 2006 l’aumento della spesa ha
generato un nuovo disavanzo di circa 3-4 miliardi, pari a oltre 0,2
punti di Pil. Di fatto, la spesa sanitaria ha superato il 7 per cento
del Pil, un tasso più elevato di quello indicato nei documenti del
governo (6,9 per cento).
Partendo dai dati della Corte dei conti si
stimano debiti sommersi per 38 miliardi (2006), di cui oltre 24 verso
fornitori.
La distribuzione dei debiti tra le Regioni è molto differenziata.
Tre Regioni - Calabria, Lazio e Sicilia - registrano il 68 per cento del
debito complessivo.
I debiti accesi con i fornitori sono criticabili perché
finanziano spesa corrente e perché l’aumentano, i fornitori infatti
caricano gli oneri derivanti dai ritardi nei pagamenti. Circa 9 miliardi
di debiti sono stati cartolarizzati.
I diffusi disavanzi non sono peraltro
l’unica disfunzione del Servizio sanitario. Nonostante le riforme,
sussistono ancora ampie ed estese inefficienze nella gestione,
soprattutto in alcune Regioni. Una stima ha valutato che esse avrebbero
aumentato i costi in media del 20-30 per cento.
La spesa sanitaria nel prossimo
triennio
L’eliminazione dei disavanzi e la
correzione delle disfunzioni sono gli obbiettivi posti nel “patto per
la salute” sottoscritto dal governo e dalle Regioni per il periodo
2007-2009. Nel triennio lo Stato assicurerà 300 miliardi. A queste
risorse si sommeranno entrate aggiuntive delle Regioni ed entrate per i
ticket.
Si è anche stanziato un fondo
straordinario triennale di 3 miliardi per le Regioni in situazione
critica, condizionato a un percorso di risanamento da perseguire entro
il 2010. Le Regioni che non rispetteranno il patto dovranno applicare le
addizionali dell’Irpef e dell’Irap alle aliquote massime previste.
Nel triennio dovrebbero essere raggiunti
livelli di spesa pari in ciascun anno al 6,7 per cento del Pil.
Non dovrebbero più formarsi disavanzi grazie a una serie di misure,
quali la riduzione del prezzo dei farmaci, l’introduzione di ticket e il
ricorso a specifici strumenti fiscali a copertura degli sforamenti.
Ma l’obbiettivo di contenere la spesa del
prossimo triennio al 6,7 per cento del Pil non sembra affatto
assicurato. Se si registreranno disavanzi dell’ordine di grandezza dello
0,2-0,3 per cento del Pil (4-5 miliardi), come è avvenuto negli ultimi
anni, la spesa continuerà a superare il 7 per cento del Pil.
Manca ancora un federalismo
pienamente responsabile che attribuisca alle Regioni i poteri di
stabilire i livelli delle prestazioni, e nello stesso tempo imponga loro
l’onere di finanziarli in modo autonomo.
Questo modello di federalismo richiede
un’adeguata perequazione solidale tra le diverse Regioni, un
finanziamento congruo a coprire il costo dei livelli essenziali
dei servizi determinato da un’analisi dei costi standard, che peraltro
ancora manca e un ampio spettro di entrate proprie che le Regioni
possano manovrare per finanziare la spesa.
La copertura ex-post dei disavanzi con
fondi statali genera sperequazioni, perché attua una redistribuzione tra
le Regioni in direzione opposta a quella desiderabile e conduce
all’irresponsabilità e al mantenimento delle disfunzioni.
Archivio Sanità
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