Fa discutere il ripiano di 2,3 miliardi
di debiti della sanità operato dal governo a favore della Regione
Lazio, che negli ultimi tre anni aveva cumulato un deficit di 3,9
miliardi di euro. Altre cinque regioni - Campania, Sicilia, Abruzzo,
Molise, Liguria - sono in lista d’attesa per spartirsi i 2,5 miliardi di
euro stanziati dalla Finanziaria 2007 per i disavanzi elevati.
Vale sempre l’argomento che la nuova
giunta regionale non può essere ritenuta responsabile dei debiti della
precedente. E così a ogni nuova legislatura scatta l’operazione “voltare
pagina”, con l’immancabile sanatoria dei debiti pregressi, anche se
pagata al caro prezzo dell’“affiancamento” ministeriale.
Il provvedimento può essere letto secondo
due prospettive opposte: come una forma di “solidarietà” nazionale verso
le Regioni più deboli del Sud e il Lazio, che fin dalla creazione del
Servizio sanitario nazionale sono sempre state in difficoltà. Oppure
come un “premio” all’irresponsabilità gestionale di queste Regioni che,
a differenza delle altre, non si sono mai mosse con iniziative proprie,
contando sempre sulla benevolenza dello Stato.
Gli strumenti delle Regioni
La presenza di deficit è una costante
del Ssn che ha la sua origine nella politica di sotto-finanziamento,
perseguita indistintamente da tutti i governi, nel tentativo, assai
riuscito, di controllare la crescita della spesa sanitaria.
Eccetto il primo anno, dal 1981 in poi il Ssn ha sempre accusato
deficit, in valori nominali assommano a 76,4 miliardi di euro,
che sono stati regolarmente ripianati dallo Stato. Tutto ciò fino
all’accordo dell’8 agosto 2001, in base al quale sono ora le Regioni a
doversi accollare i debiti per cause non dipendenti da provvedimenti
statali, come accordi di lavoro o prezzo dei farmaci.
Per garantire l’equilibrio di bilancio, le
Regioni hanno a disposizione tre strumenti principali: il
controllo della spesa sanitaria, l’aumento delle entrate tributarie,
attraverso i ticket e la maggiorazione dell’Irap e dell’addizionale
Irpef, e le risorse stornate da altri capitoli del bilancio regionale.
Possono operare, dunque, dal lato della spesa, delle entrate fiscali o
di entrambi. Oppure da nessun lato, lasciando lievitare il deficit.
Dopo l’accordo del 2001, sei Regioni di
centrodestra (Piemonte, Lombardia, Veneto, Molise e Calabria) hanno
maggiorato l’addizionale Irpef, portandola dallo 0,9 all’1,4 per
cento, a scaglioni o aliquota secca, e reintrodotto le compartecipazioni
sui farmaci. Umbria e Marche sono invece intervenute solo
sull’addizionale Irpef. Dopo le elezioni del 2005, le nuove giunte di
centrosinistra in Lazio, Abruzzo, Calabria e Sardegna si sono affrettate
ad abolire i ticket sui farmaci, misura non decisiva sul piano
finanziario, ma di sicuro aiuto, se ben congegnata. Altre Regioni hanno
preferito contare sulla distribuzione diretta dei farmaci e sul
controllo della spesa: sono Emilia-Romagna, Toscana, Basilicata. Le
cinque Regioni che sono intervenute sull’Irap - Lombardia,
Veneto, Marche, Lazio e Sicilia - lo hanno fatto soprattutto per
rimodulare l’imposta rispetto alla tipologia delle imprese. Da ultimo,
lo scorso anno le sei Regioni con gravi deficit, più l’Emilia-Romagna,
hanno maggiorato l’addizionale Irpef, portando a 13 il totale delle
Regioni che sono intervenute su questa voce.
Tra il 2003-2005, il Ssn ha accumulato
quasi 13 miliardi di disavanzo, dei quali il 30 per cento è concentrato
in Lazio, il 25 per cento in Campania e il 13 per cento in
Sicilia: insieme assommano quasi il 70 per cento del
totale. Seguono il Piemonte con l’8 e la Sardegna con il 5 per cento.
Tuttavia, in termini pro-capite anche altre regioni presentano
valori elevati: Lazio (253 euro), Molise (210), Campania (190), Abruzzo
(137), Sardegna (126), Sicilia (111) e Valle d'Aosta (102).
Comportamenti virtuosi e no
Osservando i comportamenti delle Regioni
nel triennio 2003-05 si possono delineare sei tipi di condotta e
comprendere i motivi del deficit (vedi tabella).
Un gruppo di Regioni virtuose -
Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Puglia, Basilicata e Calabria - conta
solo sulla capacità di controllo della spesa, senza ricorrere
all’imposizione fiscale, riuscendo a contenere il deficit su bassi
livelli. All’opposto, un gruppo di Regioni meno responsabili -
Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Sardegna - non sembra capace di
controllare la dinamica della spesa e non si affida all’imposizione
fiscale, se non dal 2006, per obbligo di legge. Sono le Regioni con i
maggiori deficit di bilancio. Terzo e quarto gruppo puntano sul
controllo della spesa sanitaria e ricorre, in aggiunta, all’imposizione
fiscale (Lombardia, Veneto, Marche), oppure a risorse autonome di
bilancio (Bolzano, Emilia-Romagna, Toscana). Hanno disavanzi minimi
o addirittura degli avanzi. Al loro si può accostare il comportamento di
un quinto gruppo, costituito da Valle d'Aosta e Trento, per il quale
però le risorse aggiuntive di bilancio non bastano a compensare il
mancato controllo della spesa o la pretesa di migliori livelli
qualitativi dei servizi (15 per cento la spesa pro-capite oltre la media
nazionale). Infine, un sesto gruppo dal comportamento problematico,
comprendente Piemonte, Liguria e Sicilia, pur contando sul gettito
aggiuntivo delle imposte e dei ticket e pur con livelli di spesa
inferiori alla media nazionale, presenta comunque disavanzi consistenti.
Nell’insieme, nel 2005, undici
Regioni agiscono soprattutto attraverso il controllo della spesa, mentre
altre dieci sembrano incapaci di contrastare la sua dinamica. Inoltre,
dieci Regioni non usano la leva fiscale e i ticket, mentre sei vi fanno
ricorso e cinque attingono comunque a risorse autonome del proprio
bilancio.
Il nodo della responsabilità
Cambiano i tempi, ma la lezione è sempre
la stessa: il rigore non è premiato in questo paese. Ed è sempre
una lezione diseducativa, oltre che ingiusta per i cittadini colpiti dal
fisco della propria Regione. La situazione andrebbe approfondita sia
rispetto alle previsioni della teoria sul federalismo fiscale
(insensibilità degli elettori all’aumento di imposte e alla
sostenibilità del debito), sia rispetto alla rigidità del vincolo di
bilancio nei rapporti tra Stato e Regioni.
Rimane un nodo centrale: la
responsabilità dei comportamenti. Le Regioni e province autonome del
Nord, favorevoli al federalismo, dovrebbero far seguire i fatti alle
dichiarazioni di principio, mentre quelle del Centro e del Sud, se non
possono contare su una maggiore capacità fiscale, possono almeno
impegnarsi nel controllo della spesa. Con o senza federalismo, la
responsabilità non dovrebbe mai venire meno.
Fonte:
Ns. elaborazioni su dati ministero della Salute
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Imposte regionali e ticket |
Risorse di bilancio |
NO |
SI |
Controllo
spesa
sanitaria |
SI |
Friuli-V.G. (+)
Umbria (--)
Puglia (--)
Basilicata (--)
Calabria (--) |
Lombardia (--)
Veneto (+)
Marche (-) |
Bolzano (++)
Emilia-R. (-)
Toscana (--) |
NO |
Lazio (++)
Abruzzo (+)
Molise (++)
Campania (++)
Sardegna (+) |
Piemonte (-)
Liguria (-)
Sicilia (-) |
Valle d'Aosta (++)
Trento (++) |
Note:
I
segni (+) e (-) indicano il livello superiore o inferiore alla media
nazionale di spesa pro-capite
L'area grigia denota un elevato disavanzo regionale; eccetto Bolzano,
Lombardia, Friuli-V.G. e Puglia
tutte le Regioni presentano disavanzi nel periodo 2003-05
Archivio Sanità
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