Si allungano i tempi di attesa per una prestazione diagnostica, così
come per gli interventi chirurgici, mentre si segnala un crescente ricorso
alla spesa privata per tutelare la propria salute. Questi alcuni risultati
emersi dalla Relazione Pit Salute 2005 realizzata da
Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato
Si allungano i tempi di attesa per una prestazione
diagnostica, così come per gli interventi chirurgici, mentre si
segnala un crescente ricorso alla spesa privata per tutelare la propria
salute. Inoltre, si moltiplicano gli ostacoli alla "mobilità" sanitaria tra
Regioni, con un'affermazione di un federalismo che ci fa sentire cittadini
privati dei propri diritti, anche se ci si trova a soli 200 chilometri dalla
propria residenza abituale. Questi alcuni dei principali risultati emersi
dalla Relazione Pit Salute 2005, la "fotografia" della sanità italiana
realizzata annualmente da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del
malato, giunta alla sua nona edizione.
Attese sempre più lunghe. Tra i dati più allarmanti, la
crescita dei tempi di attesa; questo tema rappresenta il 12,5% sul totale
delle segnalazioni. Si può attendere fino ad un massimo di 365 giorni per
una mammografia, 350 per una ecografia mammaria e 360 per una addominale;
365 i giorni di attesa anche per l'ecodoppler cardiaco, solo per citare
alcuni degli esempi possibili. Stessa sorte infelice tocca a chi deve
sottoporsi ad un intervento chirurgico programmato. L' attesa massima per
una protesi d'anca od un intervento al femore tocca i 550 giorni (l'attesa
media è di 180), per l'estrazione di un dente del giudizio 365 giorni, così
come per un intervento alla prostata o alla cataratta. Va meglio a chi deve
sottoporsi, ad esempio, ad un intervento di varicocele, con un attesa di
"soli" 270 giorni. Un dato preoccupante è poi quello legato all'area
oncologica: per un intervento si può arrivare ad una attesa di 120 giorni. E
chi non volesse attendere tanto? Deve mettere la mano al portafogli e
pagarsi la prestazione, che sia in intramoenia piuttosto che in regime
privatistico.
Il Rapporto Pit Salute conferma il dato allarmante
contenuto nell'ultimo rapporto elaborato dal Ceis-Tor Vergata su dati Istat:
nel 2004 300.000 famiglie italiane si sono indebitate proprio per far fronte
alle spese legate alla salute.
Farmaci. L'anno appena passato è stato quello delle polemiche sui prezzi dei
farmaci in classe C, cioè quelli che non prevedono prescrizione e sono a
totale carico dei cittadini. Ma i farmaci rappresentano, da soli, circa il
6% delle 22.000 segnalazioni giunte ai Pit Salute nel corso del 2005. I
cittadini si sono quindi impegnati nella "caccia allo sconto", introdotto,
su questa specifica classe di farmaci, a luglio (25,5% delle segnalazioni
sui farmaci).
Una significativa parte delle segnalazioni sui farmaci (16,3%) riguarda
quelli di ultima generazione non ancora rimborsati dal SSN e molte volte
difficili da reperire nel nostro paese anche pagandoli.
Errori medici. Grande peso le segnalazioni su presunti
errori medici, che rappresentano da sole circa un terzo del totale (30,3%),
anche se con un piccolo miglioramento rispetto al 2004 (-0,5%). Quattro le
aree specialistiche che da sole raccolgono più del 50% delle segnalazioni
sul tema: ortopedia e traumatologia (18,1), oncologia (13,1%), ostetricia e
ginecologia (13 %) e chirurgia generale (12,5&). Il 23% dei cittadini
segnala un presunto errore nella pratica, il 23,5% ritardo nella diagnosi
della patologia, il 48,8% l'interpretazione errata di test o indagini
strumentali e il 4,7% l'uso di test diagnostici non appropriati.
RSA e lungodegenze. Sempre più importanza sta assumendo il tema del post
ospedale. Infatti, dopo una riforma che punta sempre di più all'Ospedale
come luogo in cui curare solo la parte acuta della malattia, a favore di un
territorio che dovrebbe aiutare il cittadino nel periodo di "recupero", il
ricorso alle Residenze Sanitarie Assistite (RSA) o alle strutture di
lungodegenza diventa sempre più una necessità. Per quanto riguarda le RSA, i
cittadini che devono accedervi, sono costretti ad affrontare una spesa
mensile che può andare dai334 ai 1024 Euro al mese.
Vivere la disabilità. Cresce il numero di segnalazioni
legate all'area. In particolare, crescono le difficoltà nel rapportarsi alla
pubblica amministrazione. Il 26,3% dei cittadini che si è rivolto ai Pit
Salute nel corso del 2005 chiede informazioni sulle procedure per ottenere
il riconoscimento di invalidità e i benefici previsti dalle norme vigenti a
tutela dei portatori di handicap. Le richieste di informazioni riguardano le
modalità di presentazione della documentazione (17,5%), lo stato di
avanzamento della pratica (12,5%), il calcolo delle percentuali di
invalidità (15,3%), i benefici economici (40,0%), compresa la indennità di
accompagnamento per pazienti in trattamento chemioterapico (9,8%).
Una parte rilevante delle richieste si concentra sugli aspetti economici, in
particolare sulla decorrenza dei benefici economici, sulle ragioni per le
quali non vengono erogati gli assegni, se esistono o meno incompatibilità e
di quale natura.
Altro nodo è quello dei tempi troppo lunghi della burocrazia,
con la richiesta pressante di mezzi per sollecitare la conclusione del
procedimento. I cittadini subiscono, e se ne lamentano, una serie di
ostacoli frapposti continuamente tra loro e il riconoscimento dei benefici
ai quali hanno diritto, dal mancato rilascio della certificazione medica
(14%) a commissioni di valutazione la cui composizione sembra essere
studiata per negare i benefici più che per facilitarne l'acquisizione, dai
verbali che tardano ad arrivare (17,1%) alla documentazione che si smarrisce
(20,7%). Per quanto riguarda, in particolare, la composizione delle
commissioni, le segnalazioni riferiscono di commissioni striminzite, che si
limitano ad esaminare la documentazione invece che visitare i pazienti.
Si attendono, in media, più di otto mesi per ottenere la prima visita, ma si
può aspettare sino ad un anno, anche se la normativa prevede un tempo
massimo di tre mesi. E se nel frattempo si è subito un ricovero o si ha
necessità di ricevere la stessa visita al domicilio, si devono mettere in
conto altri quattro mesi di attesa. Occorrono, poi, almeno sette mesi per
ottenere il verbale che attesta la percentuale di invalidità o il grado di
handicap (con o senza accezione di gravità) eventualmente riconosciuti,
augurandosi che tutta la documentazione riesca a passare indenne, senza che
si perda nulla, tra i vari uffici, altrimenti si perdono, in media, altri
quattro mesi. A questo punto, se il riconoscimento c'è stato, basta entrare
in possesso, effettivamente, della indennità riconosciuta. Ma non è così
semplice, per godere pienamente dei benefici economici, considerati spesso
assolutamente inadeguati per far fronte alle principali necessità (44,1%) si
attende, in media, più di tre anni (39,6 mesi). E' evidente quanto tutto ciò
sia problematico in tutte quelle situazioni nelle quali questi stessi
benefici "aiutano" la famiglia al sostentamento, e a volte finiscono
addirittura per rappresentare l'unica fonte di reddito, o la parte di budget
interamente dedicata alle cure della persona, dal pagamento della badante,
alle spese di viaggio per spostarsi fuori regione, dal pagamento della
riabilitazione a quello dei farmaci.
Odontoiatria. La maggioranza dei cittadini si è rivolta
a Cittadinanzattiva per segnalare l'esiguità delle prestazioni passate dal
SSN, i tempi di attesa molto lunghi (8-12 mesi) e sospetti errori
diagnostici e terapeutici. Tra questi, interventi sui denti sani (30%),
infezioni post intervento (21,4%) e impianti e protesi mal eseguiti (15,1%).
Un tema molto importante segnalato è quello della scarsa trasparenza nel
rapporto con gli odontoiatri. In particolare, poco più della metà (52,9%)
lamenta la mancata consegna di fatture e ricevute di pagamento, quasi uno su
cinque (19,1%) la pratica di sconti in cambio della rinuncia a fatture e
ricevute. La lamentela più ricorrente riguarda preventivi incompleti e
parziali e, comunque, scarsamente rispettati, con parcelle finali più
elevate. I costi elevati, ed estremamente variabili, rappresentano, oramai,
una nota costante di quasi tutte le segnalazioni, che riferiscono di visite
odontoiatriche che possono oscillare, nel costo, tra i 100 e i 360 euro, una
pulizia della bocca che può variare tra 50 e 250 euro, e di spese rilevanti
per l'acquisto di apparecchi odontoiatrici (sino a 2.000 euro), per
l'inserimento di viti e perni (si va dagli 800 sino agli 8.000 euro) o per
l'impianto di protesi (dai 4.000 ai 22.000 euro).
Mobilità sanitaria: un federalismo che crea distanze.
Sono sempre più numerose le segnalazioni di cittadini che per motivi legati
alla professione, allo studio, alle cure sanitarie o alla assistenza (in
particolare per gli anziani che trascorrono parte dell'anno presso figli in
altre regioni o altri distretti sanitari) vedono non riconosciuta o limitata
l'assistenza sanitaria di base. Tutto ciò non è in linea con quanto previsto
dall'Accordo stipulato in Conferenza Stato-Regioni-Province l'8 maggio 2003,
con il quale si dispone che è possibile ottenere assistenza sanitaria per
motivi di studio, lavoro o assistenza. Ci si trova quindi di fronte ad una
situazione in cui, mentre in Europa si cercano strumenti per affermare
maggiormente la piena libertà di movimento di merci, cose, persone e
professioni, nel territorio nazionale si creano ostacoli a che questo
avvenga.
Si va dalla mancata assegnazione temporanea del pediatra di libera scelta
(16,6%) o del medico di famiglia (23,2%), al rifiuto delle prescrizioni
diagnostico-specialistiche (11,3%) e di farmaci (23,6%) effettuate nella
Regione di provenienza, alla impossibilità di ottenere prestazioni di
assistenza domiciliare (5,3%), ricoveri in strutture post-acuzie (5,7%) e
persino pannoloni, cateteri, traverse e cibi aproteici (10,3%), perché non
residenti. Tutto ciò, nella gran parte dei casi, oltre a rappresentare una
occasione forzata di confronto con vari ostacoli di natura burocratica,
finisce per gravare sulle tasche dei cittadini o in forma di anticipi, che
non sempre avranno un rimborso adeguato, e in tempi certi, o perché, più
semplicemente, chi può consentirselo, evita procedure lunghe ed estenuanti e
paga di tasca propria.
Spazio a parte meritano i cosiddetti viaggi della speranza.
Anzitutto le "direttrici". Ci si sposta verso le regioni del nord e verso il
centro. Verso nord da altre Regioni del nord (15,0%), dal centro (37,7%),
dal Sud e dalle isole (complessivamente il 47,4%). Verso il centro da altre
regioni del centro (il 59,7%), dal sud e dalle isole (il 36,3%), pochissimo
dal nord (4,0%) per ovvie ed evidenti ragioni. Nessuno si reca al sud o
nelle isole per ottenere cure migliori e anche la mobilità interna alle
regioni meridionali è molto bassa.
Se andiamo a verificare quali sono le ragioni all'origine di questi
spostamenti, quasi la metà (45%) si sposta per un intervento chirurgico per
il quale non si fida di ciò che mettono a disposizione le strutture presenti
nella sua regione, gli altri per ottenere una diagnosi (29,1%), per
prestazioni di radioterapia (10,2%), per partecipare ad una sperimentazione
in ambito oncologico (10,1%), per garantirsi una riabilitazione di qualità
(5,6%).
Ingenti, inoltre, i costi sopportati da chi si sposta per
curarsi. Solo pescando qua e là tra le segnalazioni ricevute, si
possono spendere 15 mila euro per evitare liste di attesa di anni per un
intervento di chirurgia ortopedica, 25 mila euro per aggirare le liste di
attesa di tre mesi per un tumore al seno, 45 mila euro per un protocollo di
chemioterapia associata all'ipertermia. Oppure ci si trova di fronte ai
familiari che si indebitano fino al collo per assistere i propri cari
ricoverati in strutture lontane dalla propria residenza abituale.
Cittadinanzattiva chiede:
- Verificare sul campo l'attuazione di quanto previsto dalle nuove norme
in materia di divieto del blocco delle prenotazioni e riduzione dei tempi
di attesa per le principali prestazioni di diagnostica strumentale,
specialistica e per alcuni interventi chirurgici. Allo stesso tempo vanno
sostenuti e promossi programmi di differenziazione dell'accesso alle
prestazioni sulla base di codici di priorità diversificati.
- Riformulare le norme sulla libera professione intramuraria in maniera
da tenere nel debito conto la situazione dei tempi di attesa nel canale
istituzionale e prevedere tetti per l'espletamento della stessa attività.
E' inaccettabile che in presenza di tempi di attesa molto lunghi nel
canale istituzionale, in quella stessa struttura si consenta l'esercizio
della libera professione intramuraria.
- Investire in un programma nazionale per la sicurezza delle strutture
sanitarie e delle prestazioni offerte, coordinato dal centro e attuato al
livello regionale, rendendo obbligatoria ai fini dell'accreditamento per
il Ssn la introduzione di sistemi di registrazione degli errori nella
pratica medica ed assistenziale e di prevenzione del rischio (risk
management).
- Introdurre un fondo per il risarcimento di quanti abbiano subito un
danno in seguito ad un trattamento medico o chirurgico, anche nel caso in
cui non si riesca ad individuarne il responsabile.
- Porre il rafforzamento della assistenza oncologica tra gli obiettivi
prioritari al livello nazionale, attraverso un piano di interventi per
l'assistenza territoriale, la realizzazione di nuove strutture di tipo
hospice e di unità di radioterapia e la promozione della terapia del
dolore;
- Garantire la rimborsabilità dei farmaci di classe C a chi è affetto da
una patologia cronica o rara, e aumentare l'efficacia del sistema di
controllo dei prezzi di questi stessi farmaci e della informazione nei
confronti dei cittadini sulla esistenza di equivalenti totalmente
gratuiti.
- Riportare l'odontoiatria all'interno dei livelli essenziali di
assistenza
- Integrare significativamente e in maniera qualificata il numero dei
centri di riferimento regionali per le patologie rare, puntando sulla loro
messa in rete effettiva e sullo sviluppo di sinergie tra i centri più
efficienti presenti sul territorio.
- Sviluppare un piano nazionale di interventi per la tutela della salute
mentale, individuando priorità di azione e atti concreti, in maniera da
cominciare a dare risposte a chi si misura, quotidianamente, con problemi
così gravi, sottraendo la questione alle dispute ideologiche.
- Promuovere un tavolo nazionale per la semplificazione delle procedure
per l'invalidità, con il coinvolgimento del Ministero della Salute e della
Funzione pubblica, che abbia come obiettivo prioritario lo snellimento di
queste stesse procedure, nell'interesse dei cittadini, e l'eliminazione di
tutti gli ostacoli che impediscono, attualmente, la piena fruibilità dei
diritti in tempi ragionevolmente brevi e accettabili. A tal fine, vanno
individuati dei tempi massimi non derogabili entro Ie quali le procedure
vanno espletate.
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