Termini come "cartolarizzazione" e strumenti derivati complessi come CLN
(Credit Link Notes), CDO (Collateralized Debt Obligation), CDS (Credit
Default Swap) sono diventati negli ultimi tempi noti al grande pubblico
per via della questione sub-prime. Ad esempio, la scorsa estate
molti sottoscrittori di fondi comuni hanno scoperto a proprie spese cosa
puo' voler dire aver investito in simili strumenti. Fondi comuni spesso
presentati come "tranquilli ma dinamici" che di colpo hanno mostrato la
loro vera natura di rischio.
Ma ci sono molti investitori che hanno comprato prodotti altrettanto
"tranquilli" e che a tutt'oggi non sanno cosa hanno rischiato, cosa stanno
rischiando, e quante perdite hanno dovuto subire. Tutto cio' senza nemmeno
esserne informati.
Questi "prodotti tranquilli", venduti come tali, sono alcune polizze index
linked. Strumenti che gia' di norma vanno evitati perche' molto poco
efficienti e pieni di costi occulti. In questa occasione affrontiamo un
particolare aspetto di alcune di essi.
Nelle polizze index linked, contrariamente a cio' che quasi tutti credono,
il soggetto che deve pagare a scadenza quanto le condizioni contrattuali
prevedono non e' la compagnia assicurativa ma l'emittente
dell'obbligazione contenuta nella polizza stessa.
Se l'emissione obbligazionaria finisce in default, quindi, i possessori
della polizza ne subiscono le conseguenze.
Per questo motivo la normativa Isvap prevede che l'obbligazione
sottostante debba essere dotata di un rating elevato, non inferiore ad A-.
Il rating, pero', puo' cambiare nel tempo.
Il prezzo di emissione di una polizza index linked e' di regola composto
dalla somma di tre quotazioni, vale a dire:
- Un'obbligazione senza cedola, "zero coupon bond" che ha il compito di
restituire il capitale a scadenza.
- Un'opzione legata al sottostante (spesso panieri di indici o di
strumenti) che ha il compito di consentire alla polizza di puntare ad un
guadagno.
- Le provvigioni incassate dalla compagnia assicurativa.
Il costante calo dei rendimenti obbligazionari cui abbiamo assistito negli
anni passati ha comportato un inconveniente non da poco per le
assicurazioni: i prezzi degli zero coupon bond diventavano sempre piu'
alti e quindi i margini di guadagno per chi allestiva le polizze si
comprimevano.
Per abbassare il prezzo di acquisto delle obbligazioni, e quindi poter
continuare a guadagnare molto bene, a partire dal 2001 alcune compagnie
assicurative hanno iniziato ad utilizzare, al posto del classico zero
coupon bond emesso da una banca o da istituzione finanziaria dal rating
elevato, delle obbligazioni aventi sottostanti particolari, vale a dire
dei titoli "credit link notes" oppure obbligazioni emesse da societa'-veicolo
nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione.
Questi titoli offrono un rendimento maggiore rispetto ai normali zero
coupon bond e quindi il loro prezzo e' piu' basso.
Ad un maggior rendimento atteso, pero', corrisponde necessariamente un
maggior rischio. E qui veniamo ad analizzare cosa c'e' realmente
dentro queste obbligazioni.
Un CDO, Collateralized Debt Obligation, e' un'obbligazione che si basa su
un paniere di debiti. Ad esempio, i CDO utilizzati da Poste Vita
(compagnia assicurativa di Poste Italiane) hanno nei panieri dei CDS,
Credit Default Swap, che sono dei derivati sul rischio di credito.
Questi panieri hanno nel corso degli anni dovuto subire dei downgrade
(abbassamenti del rating) dovuti al fallimento di alcune grandi societa'
come Worldcom e Parmalat ma anche alle periodiche tempeste, l'ultima
risalente alla scorsa estate, che hanno scosso i mercati dei derivati
smuovendone parecchio le quotazioni.
Col passare del tempo, il rating iniziale attribuito a questi
strumenti, pari ad AAA, quindi il massimo, si e' molto allontanato da quel
livello ed avvicinato a quello minimo consentito, costringendo a delle
ristrutturazioni.
Le ristrutturazioni e le variazioni di rating si sono succedute dal 2000 e
durano ancora oggi.
Quali compagnie assicurative hanno utilizzato questi strumenti?
- Esiste un'emissione di Montepaschi Vita, che non siamo riusciti
ad individuare.
- BNL Vita ne ha emesse almeno due: Insurance High Yield e
Insurance High Yield II, emesse rispettivamente nel dicembre 2002 e nel
marzo 2003 ed entrambe con scadenza a cinque anni ed entrambe (pagina 5,
articolo 4) con avvertenze sulla natura del sottostante e sul rischio in
cui incorrono i clienti. Non abbiamo notizie su eventuali ristrutturazioni
ne' sulla situazione attuale dei sottostanti di queste due polizze.
Le note informative si trovano ai seguenti indirizzi
www.bnlvita.it/media/prodo/pdf/fascicoli_index/Insurance_High_Yield_index_-_EXUF.pdf
www.bnlvita.it/media/prodo/pdf/fascicoli_index/Insurance_High_Yield_II_index_-_EXUG.pdf
- La societa' che ha fatto man bassa di raccolta con questi strumenti e'
stata Poste Vita attraverso le serie di emissioni denominate "Programma
Dinamico 2001" e soprattutto "Programma Dinamico 2002".
Basta considerare che l'importo dei CDO sottostanti le obbligazioni
contenute nelle sue polizze ammonta alla stratosferica cifra di 2,068
miliardi di euro per capire l'entita' della questione.
Ecco le polizze interessate:
- Classe 3A, collocata dal 02/11/2001 al 30/11/2001
- Classe 3A Valore Reale, collocata dal 07/01/2002 al 09/02/2002
- Ideale, collocata dal 18/03/2002 al 20/04/2002
- Raddoppio, collocata dal 03/06/2002 al 10/07/2002
- Raddoppio Premium, collocata dal 12/08/2002 al 21/09/2002
- Index Cup, collocata dal 21/10/2002 al 16/11/2002
La nota informativa di ogni polizza si trova selezionandone il nome a
questo indirizzo
http://www.postevita.it/prodotti/
Le note informative spiegano che il bond e' legato a cartolarizzazioni e
ne evidenziano il relativo rischio, ma non entrano nei dettagli. Per
quelli occorre leggere i contratti.
Come detto, ristrutturazioni e variazioni di rating durano ancora oggi.
L'ultima attribuzione di rating da parte di Fitch ad uno dei veicoli usati
da Poste Vita, compagnia assicurativa delle Poste, è avvenuto pochi giorni
fa, lo scorso 9 ottobre.
Niente di tutto cio' e' mai stato comunicato ai clienti, nonostante i
rischi ed i costi siano da loro sopportati.
Dal punto di vista formale le Poste sono in regola, poiche' non sussiste
l'obbligo di farlo. Lo e' molto poco, invece, nella sostanza: quanti
clienti sanno di avere in portafoglio un titolo tanto rischioso? Quanti
clienti sanno che il rating e' stato abbassato? Quanti sanno che e' stato
ristrutturato piu' volte, e potrebbe esserlo ancora, con costi tutti a
loro carico?
In questo articolo ci siamo concentrati sulle perdite e sui rischi che
hanno corso e che stanno ancora correndo i possessori di queste polizze.
La storia presenta altri aspetti, non meno importanti e controversi.
Istituzioni che hanno scaricato sui sottoscrittori delle polizze il
proprio rischio di credito: nei panieri di CDS ci sono derivati sul
default di aziende come Worldcom e Parmalat, tramite i quali sui clienti
delle polizze sono stati scaricati il rischio ed il costo di questi
fallimenti. Ad esempio, vi e' inserito un credito che JP Morgan Chase
vantava nei confronti di Worldcom per ottanta milioni di dollari,
posizione che si e' invece tramutata in un guadagno di sedici milioni di
dollari per via dei trentuno milioni incassati per la ristrutturazione.
Senza contare che l'impacchettamento dei derivati e la vendita delle
polizze ha portato guadagni complessivi per JPMorgan Chase e Poste Vita
per ben duecento milioni di dollari. Per le sei polizze, Poste Vita ha di
volta in volta lavorato con Lehman Brothers, JPMorgan Chase e Credit
Suisse First Boston.
La pubblicizzazione del rating: prima dell'emissione, le Poste
chiesero all'agenzia Fitch rating di natura "privata", di quelli che si
usano tra investitori istituzionali. Un lavoro che l'agenzia di rating ha
svolto credendo che sarebbe stato letto solo da persone espertissime. Le
Poste, invece, hanno divulgato il rating al pubblico per invogliare a
sottoscrivere le polizze. Fitch, una volta accortasi di cio', ha iniziato
a pubblicizzare le successive variazioni dei rating.
Lo scivolone sull'etica: la polizza "Ideale", presentata come
investimento etico, aveva tra componenti del CDO sottostante un derivato
su un prestito ad un generatore nucleare.
Notando la comparsa sul mercato di queste polizze non tranquille, a
differenza di venivano presentate, l'Isvap intervenne il 10 giugno del
2003 con la Circolare 507/D con cui vieto' il collegamento delle
prestazioni dei contratti index-linked "a indici o altri valori di
riferimento che siano costruiti o collegati, in modo diretto o indiretto,
a titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione, effettuate anche in
maniera sintetica, ovvero a derivati del credito". Leggere le
motivazioni dell'Istituto di vigilanza è molto istruttivo:
"(Index linked) che offrono prestazioni direttamente collegate al
valore di credit linked notes o di titoli emessi da societa' veicolo
nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione di elevata complessita',
spesso associate all’utilizzo di derivati del credito, che rendono
difficile la valutazione del reale rischio di investimento da parte degli
assicurati. Caratteristica comune di tali prodotti e' il trasferimento
agli assicurati, secondo articolazioni contrattuali variamente definite,
dei rischi di credito degli attivi oggetto di cartolarizzazione ovvero di
portafogli o "entita' di riferimento".
Tutta la vicenda viene ampiamente trattata da Plus, supplemento de
IlSole24Ore del sabato, oggi in edicola. Una citazione merita senza dubbio
la rivista specializzata Risk (http://www.risk.net),
che sin dal 2004 se ne era occupata in maniera molto approfondita.
Cosa fare se ci si accorge di essere in possesso di una di queste
polizze? Non occorre farsi prendere dal panico, ma senza dubbio
bisogna chiedere adeguate informazioni alla compagnia assicurativa. In
particolare sul grado di rischio attuale e futuro. Non bisogna farsi
fuorviare dal valore attuale delle polizze, perche' la questione sta nel
rischio che si corre.
http://www.aduc.it
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