Appena approvata la legge sul risparmio (il cui spessore tecnico è ampiamente
testimoniato dai forti dubbi espressi delle stesse Autorità di vigilanza e
dall’immediato intervento del Parlamento per procrastinarne l’entrata in vigore)
arriva, puntuale, una incomprensibile e chiaramente "elettorale"
convocazione del Cicr, Comitato interministeriale per il credito e il risparmio.
Un organo inutile
Fin dai tempi dell’approvazione del
Testo unico bancario nel 1993 (Tub) un coro di voci aveva chiesto
l’abolizione di un organo ormai completamente inutile, tornato in vita più di
recente soltanto come triste teatro degli scontri all’arma bianca tra il
ministro del Tesoro e l’allora Governatore della Banca d’Italia. Nel corso della
discussione del progetto di legge sul risparmio ci furono alcuni maldestri
tentativi di trasformarlo in una sorta di megacoordinatore politico dei
controlli sul mercato finanziario, tentativi fortunatamente e rapidamente
rintuzzati.
Così, attualmente le competenze del Cicr rimangono quelle indicate
dall’articolo 2 del Tub solo ed esclusivamente in ambito bancario e cioè l’alta
vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio: non ha alcun potere
di direttiva e non può adottare provvedimenti specifici su singoli soggetti.
Per il
Testo unico della finanza il Cicr, invece, è uno sconosciuto ed è, quindi,
del tutto privo di competenze sulla disciplina in materia di trasparenza e
correttezza degli operatori e sul funzionamento dei mercati.
Le Autorità si coordinano da sole
In sostanza, il nostro ordinamento si regge sul ruolo centrale delle
Autorità indipendenti, nel presupposto che i poteri di controllo debbano essere
esercitati, non soltanto con un adeguato grado di professionalità, ma anche e
soprattutto in modo del tutto autonomo rispetto alle determinazioni politiche. È
questo il filo conduttore che ha caratterizzato l’evoluzione del nostro
ordinamento negli ultimi anni e si può senz’altro dire che, seppure con non
poche contraddizioni, come testimoniano le ultime vicende, siamo sulla buona
strada.
È evidente, poi, che le Autorità di vigilanza non possono agire per
compartimenti stagni, e devono evitare che la mancanza di coordinamento generi,
come poi è effettivamente avvenuto, buchi nel sistema, prontamente sfruttati da
chi vuole fare il furbo. Ma per questo non c’è certo bisogno del Cicr, sia
perché non ha alcuna competenza di coordinamento, sia perché proprio la legge
sul risparmio, all’articolo 20 ha opportunamente stabilito che le Autorità si
devono autonomamente coordinare tra di loro attraverso protocolli
d’intesa o comitati, riunendosi almeno una volta l’anno. Ed è solo e soltanto
questa la sede prevista per il coordinamento. L’autonomia delle Autorità non
deve, naturalmente, tradursi in autoreferenzialità. La legge sul risparmio ha
perso l’occasione di creare, come pure era stato proposto, una commissione
parlamentare permanente che potesse rappresentare il luogo di "rendicontazione"
delle Autorità (in altri termini, un conto è una relazione davanti all’intero
Parlamento, un conto è una relazione presentata a un numero ristretto e
qualificato di parlamentari che può più facilmente e utilmente interloquire con
le Autorità). Non vi è dubbio, comunque, che se da un lato è necessario ampliare
e rafforzare i meccanismi di accountability, dall’altro è
evidente che anche in questo campo il Cicr non riveste alcun ruolo e, con la
pletora di ministri che ne fanno parte, finisce con il rappresentare un vecchio
residuo della legislazione previgente del tutto obsoleto.
Le tentazioni politiche
Alla luce di queste considerazioni c’è da chiedersi cosa si (e cosa ci)
racconteranno i partecipanti a una riunione che si preannuncia decisamente
affollata. Non si comprende, cioè, quali possano essere le finalità
dell’incontro, a meno di dover subire i solito generici, e in fin dei conti
inutili, proclami sulla tutela del risparmio.
In realtà, come è del tutto evidente, il vero pericolo è un altro e cioè il
tentativo di utilizzare il grimaldello del Cicr per riportare l’attività di
vigilanza sotto l’ombrello governativo e quindi sottoporre a un controllo
politico i mercati finanziari e i soggetti che vi operano. Sebbene un simile
tentativo sia in assoluto contrasto con il nostro ordinamento e con le regole
comunitarie, non bisogna mai arretrare la guardia perché, soprattutto in un
momento dove farsi (a parole) paladini dei risparmiatori può rendere in termini
elettorali, il rischio che si ripropongano interventi che ormai appartengono
all’antiquariato dei sistemi finanziari è sempre in agguato.
Sono allora necessarie soluzioni drastiche: c’è qualche forza politica disposta
a mettere nel suo programma elettorale la semplice e banale proposta di abolire
il Cicr?
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