E' il
primo passo di "una politica nucleare comune tra Italia e
Francia in una prospettiva paritetica e di lungo periodo",
sottolinea Berlusconi, spiegando che l'Italia collaborerà
alla realizzazione di altre centrali nucleari in Francia e
in altri Paesi e costruirà centrali nucleari anche sul
proprio territorio. Centrali che, come raccontato più
volte su queste pagine, l'Italia non è in grado di
costruire da sola. Infatti Berlusconi afferma anche che la
Francia "ci ha messo a disposizione il suo know-how", un
insieme di conoscenze che l'Italia ha perso dopo il 1987 e
che, anche per il nucleare, la rende fatalmente dipendente
dall'estero.
Poi, come da 15 anni ci ha abituati il re italiano della
pubblicità e della comunicazione televisiva, inizia
l'ennesimo spot demagogico, basato su slogan che
capovolgono la realtà dei fatti. Tanto per cominciare,
Berlusconi ringrazia il presidente francese, perché "ora
la Francia con grande generosità si apre a noi". E' ovvio
che non si tratta di generosità: le aziende francesi di
costruzioni nucleari sono in grande crisi economica e
finanziaria, crisi originata dal fatto che se si escludono
Finlandia e Bulgaria, nessun Paese al mondo intende più
costruire centrali per generare elettricità con una
tecnologia che è ormai al capolinea e che è stata già
ampiamente bocciata dal mercato. I costruttori nucleari
francesi sono quindi rimasti imprigionati nel loro stesso
mercato interno, ma in Francia non si possono certo
costruire centrali nucleari come si costruiscono forbici o
scope, così l'Italia diventa l'improvviso spiraglio per
ammortizzare la propria crisi. A nostre spese.
Il neocolonialismo francese ottiene nuovi spazi nella
nostra penisola. Dopo aver riempito il territorio
nazionale di supermercati, aver acquisito catene di
distribuzione italiane, dopo aver acquistato a suon di
milioni di euro aziende aerospaziali italiane e gruppi
assicurativi o bancari, adesso si prepara ad invadere il
nostro mercato anche con l'energia nucleare. Qualcuno
obietta che già da anni l'Italia importa energia elettrica
dalla Francia, ma è un'obiezione da sempre in malafede:
l'importazione è iniziata con la privatizzazione del
mercato dell'energia in Italia, e l'importazione dalla
Francia era vantaggiosa proprio per le tariffe francesi,
che essendo statali erano, durante la notte, inferiori a
quelle delle centrali (private) italiane. Così gli
italiani preferirono spegnere di notte le proprie centrali
ed importare energia da Francia e Svizzera. L'assurdità di
questa pratica, volta solo al risparmio economico, salì
agli onori delle cronache con il black out nazionale del
settembre 2003.
Berlusconi non si ferma a questo. La demagogia continua
quando dichiara che i francesi con il nucleare "producono
l'80% del loro fabbisogno energetico consentendo ai
consumatori d'oltralpe di pagare le bollette la metà di
quanto pagano gli italiani". I francesi (ancora per poco)
pagano la metà perché l'energia elettrica è ancora un
servizio pubblico e non privatizzato come da noi, pertanto
le tariffe elettriche francesi non sono quelle di mercato,
alle quali siamo soggetti noi italiani, ma tariffe tipiche
di un servizio statale. Come era da noi 20 anni fa. La
pacchia finirà anche per i francesi, con la
privatizzazione di EDF.
Intanto, da noi in Italia la tariffazione è già a valori
di mercato e l'energia prodotta per via nucleare costa
molto di più di quella che usiamo attualmente. Berlusconi,
e con lui sia i francesi, sia la nostra Confindustria,
continuano a parlare di un costo di produzione di 3
centesimi di dollaro per chilowattora, dimenticando
appositamente di dire che questi 3 centesimi sono
calcolati per un impianto che ha già ammortizzato il costo
di costruzione e su un costo dell'uranio che è quello dei
vecchi contratti, che scadranno nel 2012. Uno studio che
ha cercato di fare una stima dei costi reali è stato
compiuto dal Keystone Center, ed ha valutato un costo pari
a 8-9 centesimi di dollaro per chilowattora, cioè un costo
triplo rispetto a quello che la lobby del nucleare vuol
far credere ai cittadini.
Secondo i piani del premier saranno quattro le centrali
nucleari previste in Italia. La prima dovrebbe essere
pronta nel 2020. A questo punto è bene precisare che nel
2020 il costo dell'uranio, molto più raro e prezioso del
petrolio, sarà secondo le stime triplicato, e ci si
aspetta addirittura un suo esaurimento entro il 2040-2050.
Pertanto stiamo per spendere soldi per costruire centrali
che nasceranno già obsolete, dopo aver speso qualche
miliardo di euro di soldi pubblici.
Gli impianti dovranno essere di tecnologia EPR, una
tecnologia che richiede zone poco sismiche o molto
stabili, vicino a grandi bacini d'acqua, ma senza pericolo
d’inondazioni, possibilmente lontano da luoghi densamente
popolati. In pratica, luoghi che in Italia non ci sono. In
base a questi criteri, il quotidiano La Stampa ha
interpellato alcuni esperti che hanno individuato alcune
zone adatte. Così sono rispuntati i siti già individuati
negli anni '70. Sono stati fatti i nomi di Caorso, nel
Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), perché
collocati sulla Pianura Padana, caratterizzata da scarsa
sismicità e disponibilità di acqua di fiume. Poi, Montalto
di Castro, in provincia di Viterbo, adatto per scarsa
sismicità e acqua di mare. Se si considera invece la
lontananza da grandi centri abitati e la stabilità del
terreno si possono vagliare la Sardegna, la costa rivolta
verso l’Africa della Sicilia (che si è candidata), la
Basilicata ed alcune aree della Puglia. Il Veneto,
prosegue La Stampa, si è fatto avanti proponendo
Porto Tolle (Rovigo). A questi, il quotidiano Il
Giornale ha aggiunto Monfalcone (Gorizia), Chioggia
(Venezia), Ravenna, Termoli (Campobasso), Mola (Bari),
Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento) e Oristano. Ma
la maggior parte di questi luoghi sono già occupati da
impianti energetici tradizionali.
Secondo Greenpeace l'accordo firmato tra Italia e Francia
sul nucleare è a tutto vantaggio di Sarkozy, che sta
cercando di tenere in piedi l'industria nucleare francese,
ma non offre all'Italia nessuna garanzia di maggiore
indipendenza energetica ed è anzi contro gli obiettivi
europei di breve termine; infatti, il governo italiano, lo
stesso governo che firma accordi-regalo con la Francia, ha
anche appena firmato accordi europei vincolanti per
giungere a una quota del 35% di energia elettrica da fonti
rinnovabili al 2020.
Altri Paesi, a cominciare da Stati Uniti e Giappone, hanno
già capito che il nucleare non ha risolto nessuno dei suoi
stessi problemi, da quello delle scorie (non esiste un
deposito di scorie definitivo su tutto il pianeta), alla
sicurezza intrinseca (gli incidenti sono decuplicati dagli
anni '60 ad oggi) alla proliferazione nucleare (la filiera
produttiva nucleare civile è la stessa di quella
militare). Gli USA l'hanno capito, e non costruiscono
altre centrali nucleari, attendendo che semplicemente
vadano in dismissione quelle esistenti. In tal modo
usciranno dal nucleare nell'arco di qualche decennio.
L'hanno capito in Gran Bretagna come in Spagna. Ancora una
volta, è l'Italia ad essere in controtendenza.
Il nucleare non risolve neanche il problema delle
emissioni in atmosfera: anche raddoppiando l’attuale
numero di reattori, cosa che accelererebbe l’esaurimento
delle risorse accertate di Uranio che, ai livelli attuali,
non superano i cinquant’anni, il contributo del nucleare
alla riduzione delle emissioni sarebbe marginale, non
oltre il cinque per cento. Con gli stessi investimenti in
maggiore efficienza energetica negli usi finali l’effetto
di riduzione delle emissioni sarebbe fino a sette volte
superiore. "La lobby nucleare", spiega Giuseppe Onufrio,
direttore di Greenpeace, "cerca di evitare una crisi
legata alla marginalizzazione di questa tecnologia che,
nei mercati liberalizzati, come in USA, è sostanzialmente
ferma da 30 anni. Gli unici investimenti effettuati,
infatti hanno riguardato il ripotenziamento e la
manutenzione dei vecchi impianti".
In Italia raggiungiamo poi l'assurdo con l'accordo firmato
da Berlusconi e Sarkozy. Per la tecnologia francese EPR,
esistono solo due cantieri: uno in Finlandia e uno in
Francia, nessun impianto ancora funziona. In Finlandia i
costi effettivi a metà della costruzione hanno già
superato del 50 per cento il budget. L'autorità di
sicurezza nucleare finlandese ha riscontrato 2100 non
conformità nel corso della costruzione. Il Presidente
Sarkozy, in assenza di nuovi ordinativi, ha annunciato che
la Francia, cioè lo Stato, chiederà a AREVA - società
quasi interamente pubblica - di costruire un secondo
reattore EPR in Francia. Un’implicita dimostrazione che
nucleare e mercato non sono compatibili: a ordinare
reattori dovrebbe essere un'azienda non lo Stato. Ma si
tratta di un settore che il mercato ha già bocciato. E
quando qualcosa non funziona, non va bene, è retrograda e
non porta miglioramenti, per miracolo diventa una grande
opera nell'Italia di Berlusconi.
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Archivio Rischio Nucleare
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