Con
il "ddl sviluppo", sottoposto in questi giorni al voto
della commissione Attività produttive della Camera e
all'esame dell'aula di Montecitorio a partire dal prossimo
giovedì, torna l'Agenzia per la sicurezza nucleare. Torna
attraverso un emendamento presentato dal governo e
depositato dal viceministro dello Sviluppo economico
Adolfo Urso, così come già anticipato dal relatore Enzo
Raisi. Scompare quindi l'ipotesi della delega per definire
profilo e modalità d’istituzione dell'organismo. L'agenzia
è la sola autorità nazionale responsabile per la sicurezza
e la salvaguardia nucleare. Sarà un organo collegiale
composto dal Presidente e da quattro componenti. Il
presidente è di nomina del presidente del Consiglio, due
componenti sono designati dal ministero dello Sviluppo e
due dal ministero dell'Ambiente.
Quindi, grazie a questa neonata Agenzia, sarà direttamente
Palazzo Chigi a guidare il processo di ritorno del
nucleare in Italia, senza nessun ministero ad interporsi.
Un pericoloso aumento di potere per il presidente del
Consiglio, in materia energetica. La decisione, anche se
presentata da Urso, è su proposta del ministro dello
Sviluppo economico Claudio Scajola e del ministro
dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo. Secondo il governo
stesso, è maturata dopo settimane di trattative e di
perplessità con il tira e molla tra ministero dello
Sviluppo economico e ministero dell’Ambiente. Entrambi i
ministeri avrebbero voluto un maggiore controllo sul
nucleare italiano. Tra i due litiganti si è scelto di
mediare e di passare il controllo direttamente
all'esecutivo.
L'Agenzia si occuperà di gestire i “compiti di autorità
nazionale per la regolamentazione tecnica, il controllo e
l'autorizzazione ai fini della sicurezza delle attività
concernenti gli impieghi pacifici dell'energia nucleare”,
della “gestione” e “sistemazione dei rifiuti radioattivi e
dei materiali nucleari”, della “protezione dalle
radiazioni”, oltre che “delle funzioni” e dei “compiti di
salvaguardia degli impianti e dei materiali nucleari,
comprese le loro infrastrutture e la logistica”. L’Agenzia
inoltre potrà svolgere ispezioni negli impianti nucleari
nazionali e loro infrastrutture, al fine di assicurare che
le attività non producano rischi per le popolazioni e
l’ambiente e che le condizioni d’esercizio siano
rispettate La durata in carica degli organi e' di sette
anni. Il viceministro Urso ha definito "equilibrata" la
soluzione individuata ed ha espresso l'augurio che "già
domani su di essa possa esserci il massimo consenso".
L'emendamento precisa infine che l'Agenzia opererà senza
nuovi oneri per lo Stato, utilizzando personale, strutture
e risorse dei dipartimenti che già si occupano di energia
nucleare all'Enea e all'Ispra, l'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale (ex Apat).
Scompare quindi l’indicazione di una legge delega come
provvedimento per definire le competenze del nuovo
organismo, dato che le linee guida e criteri di
funzionamento verranno stabiliti direttamente dal governo
che, entro tre mesi dall’entrata in vigore del ddl
sviluppo, dovrà emanare un DPCM (decreto del presidente
del consiglio dei ministri) su proposta del ministero
dell'Ambiente e del ministero dello Sviluppo economico che
contenga statuto, criteri di organizzazione, funzionamento
regolamentazione e vigilanza. Il ministero dello Sviluppo
economico ha già nominato il gruppo di lavoro competente
in materia di nucleare coordinato da Giovanni Lelli, ex
direttore generale dell'Enea.
Forse si sta correndo troppo? E' probabile. Il nucleare
civile in Italia è un capitolo che dovrebbe essere chiuso
da 20 anni, dopo un referendum che fece capire a tutti che
la maggioranza degli italiani non ne voleva sapere. Ma in
questi 20 anni le lobby, soprattutto industriali,
favorevoli alla reintroduzione del nucleare civile, hanno
lavorato e tramato con impegno, non solo sui governi, ma
anche sull'opinione pubblica, al punto che oggi è incerto
come la pensi la maggioranza degli italiani. La destra al
governo, interprete degli enormi interessi economici
legati alla reintroduzione del nucleare in Italia, sta ben
approfittando dell’andamento nevrotico del mercato
energetico e dei ritardi nella costruzione di
un’alternativa credibile fondata sulle energie
rinnovabili. Il Partito Democratico, già in campagna
elettorale si era schierato a favore di una reintroduzione
del nucleare in Italia. Pertanto, in Parlamento
attualmente il partito pro-nucleare ha il 94% dei seggi.
La conseguenza di questa totale sudditanza all'industria
nucleare da parte della politica italiana si è tradotta
nell'assenza di condizioni d’informazione, d’impegno
scientifico, culturale, sociale per costruire una risposta
politica all’altezza della sfida lanciata dalla destra.
Tanto per cominciare, è falso che la reintroduzione del
nucleare, complice la crisi energetica, non ha
alternative. Anche se nell’opinione pubblica è stata
forzosamente diffusa la convinzione che il nucleare civile
sia qualcosa con cui occorre convivere. Il nucleare nella
migliore delle ipotesi richiede 10-12 anni per essere
realizzato, mentre il risparmio energetico e le energie
rinnovabili possono dare risultati importanti in tempi più
brevi, ed in modo molto più efficace del nucleare.
Inoltre, la reintroduzione del nucleare civile in Italia
ha costi enormi. Si parla di almeno 30 miliardi di euro.
E’ chiaro che il nucleare civile finirebbe con l’assorbire
tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, per
interventi in campo energetico, a scapito delle altre
scelte. Questo proprio quando negli Stati Uniti Obama
dichiara di puntare sulle fonti rinnovabili e promette su
questa base 5 milioni di nuovi posti di lavoro di qualità.
Ma qui siamo in Italia.
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Archivio Rischio Nucleare
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