In
tempi in cui la credibilità internazionale degli USA si
registra ai minimi storici di sempre, a causa delle
ripercussioni internazionali e sistemiche prodotte
all’interno dei mercati finanziari di tutti i continenti e
dalle sconsiderate politiche ultraliberiste
dell’amministrazione Bush, un’altra tegola – seppur non
ancora pienamente accertata – potrebbe segnarne il
definitivo collasso: ci si riferisce allo sconvolgente
documentario intitolato “Le accuse del Veterano: la terza
bomba nucleare” andato in onda su Rainews24 alle
ore 20 di Giovedì 9 ottobre e su RaiTre alle ore
5:30 di Venerdì 10 ottobre. Mancherebbe, infatti, solo la
cosiddetta “pistola fumante”, ma tutte le evidenze
raccolte fin’ora avvalorano le agghiaccianti rilevazione
dell’ex veterano Jim Brown, ingegnere meccanico nella
decima divisione montana di Fort Drum: il 27 febbraio del
1991, ultimo giorno del conflitto noto come “Desert Storm”,
una bomba nucleare da cinque chilotoni sarebbe stata
sganciata dal comando militare americano nell’area tra la
città di Bassora e il confine con l’Iran.
A raccogliere le sconvolgenti dichiarazioni Maurizio
Torrealta, giornalista responsabile del settore inchieste
per Rainews24 e autore di straordinari
documentari tra i quali “Falluja, la strage nascosta” dove
si denunciò, per primi, l'impiego da parte dell'esercito
statunitense di armi chimiche ai danni della popolazione
irachena. A parlare è Jim Brown, un veterano dell'esercito
americano con dieci anni d'esperienza. Nato nel 1965,
Brown entra nell'esercito a 22 anni dove diventa ingegnere
meccanico. Partecipa a Desert Storm in Arabia Saudita dal
25 settembre del 1990 al 16 Febbraio 1991 salvo poi
rientrare per problemi familiari e cominciare ad accusare
strani disturbi. Come altri veterani iniziò una lunga
battaglia perché la sua malattia venisse riconosciuta. Si
ammalò – a suo dire – a causa di un vaccino contro
l'antrace che gli fu somministrato sempre in Arabia
Saudita durante il conflitto. Nel 1997 viene ripreso
ufficialmente per alcuni contrasti e degradato da
ingegnere di quarto livello ad ingegnere di terzo livello:
in seguito a quella degradazione, non potendo più svolgere
le sue mansioni, fu congedato dall’esercito, ma con onore.
La sua attività nell'organizzazione dei veterani
dell'esercito americano lo ha già portato ad essere citato
dalla grande stampa, come nel caso di un articolo del 2003
pubblicato sul New York Times, e ad essere
ascoltato dal Comitato di Consulenza della Presidenza
degli Stati Uniti sulle malattie dei Veterani della Guerra
del Golfo. Nell’intervista rilasciata a Maurizio Torrealta
lancia accuse pesantissime ma molto precise: durante la
prima guerra del Golfo una piccola bomba nucleare di 5
Chilotoni, sarebbe stata fatta esplodere tra la città
irachena di Basra ed il confine con l'Iran. Se cosi fosse
stato, si sarebbe trattato della terza bomba nucleare
sganciata dagli americani sulla testa di civili inermi,
dopo quelle di Hiroshima e Nagasaki.
Interrogato dal giornalista sul tipo di arma, risponde
sicuro: “L'Arma è essenzialmente una bomba a penetrazione
ad alta efficienza: quando viene sganciata penetra
all'interno dell'obiettivo, in questo caso è penetrata
all'interno del terreno ed è esplosa là dentro. Viene
anche utilizzata per rendere inaccessibili certe aree.
Significa in pratica che l'intera area viene investita
dalle radiazioni. E' anche un messaggio molto efficace se
volete dire a qualcuno di stare lontano da quel posto.
Viene chiamata Bunker Booster ”. Se, infatti, una
bomba nucleare di 5 Chilotoni è una bomba relativamente
piccola, più piccola sia di quella di Hiroscima, che era
di 16 Chilotoni, sia di quella di Nakasakhi, che era di
22, gli effetti della radioattività, però, sono sempre
ugualmente terribili.
Molte sono le prove indirette, di carattere empirico, che
avvalorano le rivelazioni del veterano: in primo luogo la
registrazione della terribile onda d’urto generata dalla
deflagrazione dell’ordigno. Nella banca dati online del
Centro Sismologico Internazionale è stato infatti
registrato, esattamente nell’area intorno alla città di
Basra, un evento sismico di Magnitudo di circa 4,2 nella
scala Richter; esattamente quello che provoca la forza di
5 Chilotoni.
Dai dati contenuti nel database del Centro risulta poi che
l'unico evento sismico avvenuto durante i 43 giorni di
Desert Storm è stato proprio l’evento di magnitudo 4.2
della scala Richther registrato nella zona descritta da
Jim Brown . E' catalogato con il numero 342793 ed è
avvenuto il 27 di Febbraio del 1991 , proprio l'ultimo
giorno del conflitto, alle ore 13:39. Il fenomeno è stato
registrato da 9 centri sismici, 2 in Iran, 4 in Nepal ,
uno in Canada ,uno in Svezia ed uno in Norvegia . Si deve
a questi ultimi due istituti la misurazione dell’intensità
dell’esplosione. La sua profondità viene collocata nel
primo livello superficiale che va da 0 a 33 km sotto il
livello del suolo; dato questo che coincide con la
descrizione data dal Brown di una bomba a penetrazione ad
alta efficienza.
Contemporaneamente i casi di tumori, malformazioni e
leucemie nella zona sarebbero cresciute esponenzialmente.
Jawad Al Alì, responsabile del Reparto oncologico
dell'ospedale di Bassora, intervistato da Torrealta,
mostra durante il documentario i dati frutto delle
ricerche: dai 34 casi di tumori del 1989 si è passati agli
oltre 600 degli ultimi anni. Moltissimi all'interno delle
stesse famiglie, un fenomeno assolutamente fuori dal
comune. “Abbiamo assistito a una rarissima forma di
slittamento dell'età legata a particolari tumori, bambini
sotto i dieci anni affetti da malattie e malformazioni
inspiegabili”. Tuttavia, se da una parte una straordinaria
esposizione delle popolazioni indigene a forti radiazioni
è stata dimostrata, non è però possibile, dall’altra,
ricondurre il dato allo sganciamento di un ordigno
nucleare. In quegli anni, infatti, faceva il suo debutto
sul campo di battaglia un’altra terribile arma: l’uranio
impoverito.
“L'uranio impoverito e l'uranio non impoverito – afferma
sempre Jim Brown – mostrano entrambi una sorta di firma
radioattiva che poteva permettere di confonderli uno con
l'altro, di scambiarli l'uno con l'altro. Inoltre con
l'uranio impoverito, gli effetti immediati che vengono
provocati sugli individui, sui palazzi, sui veicoli,
imitano in qualche modo gli effetti che vengono provocati
da un’esplosione nucleare più grande come l'essicazione
dei corpi, l'immediata distruzione delle strade, la
perdita di sangue dagli occhi e dal naso. Le radiazioni
rilasciate da piccoli proiettili all’uranio impoverito
sono anch’esse sempre presenti, ma se questi proiettili
vengono usati ripetutamente - come ad esempio nelle
mitragliatrici dell’aereo A 10, un proiettile dopo
l'altro, uno dopo l' altro - provocano un forte impatto di
radiazioni, non solo nelle polveri che rilasciano, ma
nelle radiazioni liberate dalle esplosione dei proiettili
”. Alla domanda sul se un massiccio utilizzo di questi
proiettili sarebbe potuto servire ad occultare l’utilizzo
di un vero e proprio ordigno nucleare, la risposta è
secca: “Poteva coprire praticamente tutto quello che
avveniva”.
Interrogato sul caso il dipartimento della Difesa ha così
risposto: “Durante la guerra del Golfo del 1991 sono state
usate solo armi convenzionali. Gli Stati Uniti hanno un
certo numero di munizioni che hanno una capacità esplosiva
di oltre 5000 pound (duemila tonnellate)… non è possibile
per noi confermare il preciso incidente al quale vi
riferite, ma se una bomba potente fosse stata sganciata in
quel luogo è ragionevole supporre che la detonazione
sarebbe stata registrata dalle attrezzature di rilevamento
sismografico”. In una lettera successiva il Dipartimento
della Difesa informò il caparbio giornalista italiano che
si sarebbe potuto trattare della bomba BLU-82, che ha una
capacità esplosiva di circa 7000 tonnellate, per poi
tornare a ribadire che, durante la prima guerra del Golfo,
furono utilizzate solo armi convenzionali. Tocca
sottolineare, tuttavia, che la bomba BLU-82, detta anche
“la madre di tutte le bombe” o “taglia margherite”,
facendo reagire una miscela di ossigeno, idrogeno ed altri
elementi nell' aria – e non sottoterra (!) – produce però
una magnitudo 3 della scala Richter e non 4.2 come appare
nei dati sismici.
Secondo l’ex veterano il medesimo ordigno nucleare sarebbe
poi stato sganciato anche in Afghanistan tra l’1 e il 3
marzo del 2002. Uno scenario questo che, se confermato,
segnerebbe la fine, una volta per tutte, di quella
menzogna che vede gli USA come la più luminosa tra le
democrazie occidentali. Facendo salvo, però, il beneficio
del dubbio, non possiamo non unirci all’invito, rivolto
dallo stesso Maurizio Torrealta, ai colleghi giornalisti
di tutto il mondo: “Non possiamo da soli verificare
definitivamente l'autenticità delle dichiarazioni, vista
la complessità delle indagini – ha chiarito all'inizio
della conferenza stampa svoltasi presso la sede nazionale
dell'Fnsi, la Federazione nazionale dei giornalisti
italiani – ma le ricerche, che auspichiamo vengano
approfondite dagli organismi internazionali predisposti,
si muovono in questa direzione” . Per ora, però, tutto
tace.
http://altrenotizie.org
Quest'opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons
Archivio Rischio Nucleare
|