Da Corea del Nord e Iran segnali opposti sulle
intenzioni dei rispettivi governi riguardo al dossier nucleare:
disponibilità da parte del regime di Pyongyang, intransigenza da Teheran,
con l’Onu che vota oggi le sanzioni.
Improvvisamente,
esce dal silenzio e si ricomincia a parlarne: ha causato tensioni nei
mesi scorsi, rischia di provocare ulteriori conflitti oggi, fra una
strategia di chiusura a riccio e un’altra di sfida frontale. Eppure, il
dossier sul nucleare è uno dei più importanti e cruciali all’attenzione
dell’opinione pubblica e degli stati membri delle Nazioni Unite, che
cercano di risolvere frizioni capaci di esplodere in pericolosi sbocchi.
Ieri un nuovo passo avanti è stato compiuto sulla via dell'attuazione
degli accordi di Pechino per lo smantellamento degli arsenali e dei
programmi nucleari della Corea del Nord, firmato lo scorso 13 febbraio
da Corea del Nord, Corea del Sud, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia.
Con quell’accordo, Pyongyang si era impegnata a compiere il ''passo
iniziale'' del processo di disarmo, la chiusura del reattore di Yongbyon,
in cambio di una prima tranche di aiuti costituita da 50.000 tonnellate
di petrolio. Ieri il regime militare si è dichiarato pronto a rientrare
nell'Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, e ad aprire
le porte dei suoi impianti nucleari agli ispettori dell'Agenzia
internazionale per il disarmo nucleare espulsi nel 2002. Una notizia
comunicata dal direttore dell'Aiea, Mohamed El Baradei, appena ritornato
tornato da una visita in Corea, definita ''utile'' e capace di
rasserenare” il clima tra l'Aiea e Pyongyang. Come risultato immediato,
gli Stati Uniti, poche ore dopo, hanno reso noto di aver sbloccato i
fondi bancari nordcoreani congelati da due anni a causa di sanzioni
finanziare decise contro Pyongyang: prove tecniche di dialogo avviate,
dunque, anche se la prudenza è d’obbligo. “Per ora (i nordcoreani) hanno
detto di essere pronti a chiudere Yongbyon e ad accettare le nostre
ispezioni, se lo faranno dovremo vederlo più avanti”, ha precisato El
Baradei ricordato che le relazioni tra Aiea e Corea del Nord sono state
''tempestose'' e hanno vissuto due crisi, nel 1993 e nel 2002. ''E'
importante che abbiamo sgombrato il campo dalle incomprensioni del
passato - ha concluso - e che siamo d'accordo nel guardare avanti, verso
la liberazione della penisola coreana da tutte le armi nucleari”.
Tirano acque agitate invece in Consiglio di sicurezza per quanto
concerne l’Iran: i cinque membri permanente più la Germania hanno
raggiunto ieri un “accordo di principio” su un pacchetto di nuove
sanzioni contro l'Iran, che saranno presentate oggi in una proposta di
risoluzione, a patto che arrivi il via libera dei rispettivi governi.
Certamente il placet degli esecutivi di Usa, Cina, Russia, Gran
Bretagna, Francia e Germania sarebbe un importante primo passo verso
Teheran, al quale si chiede la sospensione dell’arricchimento di uranio.
Tutto ciò proprio nel giorno in cui il ministro degli esteri iraniano
Manouchehr Mottaki ha incontrato a Roma il premier Prodi e il ministro
d’Alema.
Nella riunione - durata più di un'ora e mezzo - Mottaki è tornato a
spiegare ai suoi interlocutori la posizione di Teheran, che considera ''irrinunciabile''
il diritto di dotarsi di tecnologia nucleare per scopi pacifici. Una
linea peraltro già illustrata al presidente del Consiglio dal capo
negoziatore della repubblica islamica per il nucleare, Ali Larijani,
nell'incontro avuto con il 21 febbraio scorso a Palazzo Chigi. L'Italia,
pur considerando necessarie le nuove sanzioni contro l'Iran che saranno
decise dal gruppo dei 5+1, non ha mai chiuso i canali di dialogo con
Teheran. Ancora oggi, nel bilaterale avuto a Bari, D'Alema e il suo
omologo russo Serghei Lavrov hanno convenuto di ritenere le sanzioni
contro il regime degli ayatollah non un fine ma uno ''strumento'' per
continuare a negoziare. Nella convinzione - ribadita peraltro piùvolte
dallo stesso Prodi - che non vi siano altre soluzioni se non quella
diplomatica per risolvere il braccio di ferro tra l'Iran e la comunità
internazionale. Davanti a quanti, negli Stati Uniti, hanno fatto sapere
di non escludere nessuna ''opzione'' (compresa quindi quella militare)
per dissuadere Teheran dal nucleare, il governo italiano continua a
lavorare per una ''composizione negoziata” della crisi per evitare di
far precipitare la situazione verso un'altra guerra. Che farebbe saltare
definitivamente i già fragilissimi equilibri nella regione.
Archivio Rischio Nucleare
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