L’allarme sembra rientrato. Resta la paura e restano molte
incognite. Perché quanto avvenuto in Bulgaria nella
centrale nucleare di Kozlodui, sulle rive del “bel Danubio
blu”, è ancora un mistero. Tutto avviene all’inizio del
mese, ma solo ora l’opinione pubblica locale e il mondo
intero vengono a conoscenza dei primi fatti; vale a dire
che la centrale atomica (quattro dei sei reattori
realizzati dall’Urss una ventina d’anni fa) ha registrato
una fuoriuscita di sostanze radioattive da una tubazione
ad alta pressione. La cronaca di quelle tragiche ore è
oggi ricostruita e ricorda paurosamente uno scenario già
visto con Cernobyl, quando le autorità sovietiche – era il
26 aprile 1986 – cercarono con tutti i mezzi di nascondere
al mondo la portata del disastro. Ed ecco i fatti che,
nonostante la “blindatura” bulgara, vengono alla luce.
E’ il 7 ottobre quando, nel corso di un’ispezione di
routine, i tecnici di Kozlodui si accorgono che nella zona
centrale del grande impianto, dove si trova il reattore
VI, si registra una fuga di radioattività. Scatta
l’allarme rosso e dalle prime indagini risulta che la
“perdita” è di venti volte più alta di quella ammissibile.
Comincia immediatamente l’opera dei tecnici che cercano di
individuare la natura del guasto. Ma nessun allarme è dato
ufficialmente. Tacciono le radio locali e il governo di
Sofia mantiene il silenzio. Poi a poco a poco - ed è
storia di queste ultime ore - cominciano le prime
ammissioni. ''Purtroppo – dichiara Ivan Ghenov, direttore
della centrale - è impossibile verificare con precisione
quando è avvenuto il guasto poiché l’ultima ispezione in
quel settore era avvenuta 12 giorni prima e non aveva
riscontrato anomalie”.
Nessuna parola, comunque, sul “perché” della perdita. Non
solo, ma solo due giorni dopo l’incidente la direzione
della centrale informa l’Anea con un rapporto nel quale
sostiene che non si è trattato di un incidente vero e
proprio e che la gravità dell’accaduto può essere
considerata di ''livello zero''. Intanto il direttore
della centrale annuncia che il tratto guasto della
tubazione, lungo una ventina di metri, è stato già
riparato e che il personale della centrale non è rimasto
contaminato dalla fuoriuscita radioattiva. Ma dall’Anea
arriva subito una dichiarazione del direttore Sergiej
Tzocev: ''Per fortuna - dice - la perdita di sostanze
radioattive non è uscita fuori dal capannone del reattore
facendo scongiurare così una grande avaria dalle
conseguenze imprevedibili”. A parte le dichiarazioni
bulgare (che, ripetiamo, ricordano quelle dei sovietici ai
tempi di Cernobyl) resta il fatto che da Vienna l'Agenzia
internazionale sull'energia atomica (Aea), fa presente di
non aver avuto alcuna comunicazione in merito
all'incidente...
E mentre paura e scandalo continuano a montare, si
apprendono nuovi particolari di ordine tecnico e
scientifico sulla centrale di Kozlodui, grazie alla quale
la Bulgaria è diventata - negli ultimi anni - il più
grande esportatore di energia elettrica nella Penisola
balcanica. Sulle rive del Danubio ci sono sei reattori
nucleari. Quelli identificati con i numeri I e II,
ritenuti obsoleti, sono già stati definitivamente chiusi
il 31 dicembre 2002. Ma gli altri - i reattori III e IV –
sono attivi perché, si dice, rispondono a tutti gli
standard moderni e possono rimanere in funzione per altri
anni ancora. Dovrebbero essere chiusi anticipatamente
entro la fine dell’anno su richiesta della Commissione
europea come condizione per l’ingresso del Paese balcanico
nell’Ue previsto (insieme alla Romania) per il primo
gennaio 2007.
Rimarranno in funzione nei prossimi anni soltanto i
piccoli reattori V e VI, moderni ma meno potenti, che,
secondo le stime degli esperti, riusciranno appena a
coprire i fabbisogni nazionali di energia elettrica.
Ma per la Bulgaria le situazioni di allarme sono state
anche altre. C'è stato, infatti, un grosso pericolo sempre
per la zona della centrale di Kozlodui. Tutto è avvenuto
quando si è scoperto che un’enorme chiazza di nafta (lunga
oltre 60 chilometri e larga 300 metri) proveniva dal
tratto serbo del Danubio inquinando la zona bulgara del
fiume e mettendo a rischio il sistema di raffreddamento
dei reattori. Si riuscì, comunque, ad impedire la
catastrofe. Ma non c’è da stare tranquilli.
Archivio Rischio Nucleare
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