Nei giorni della commemorazione dell'atomica
su Hiroshima, è triste vedere giornalisti RAI, degli autentici
pezzi di merda, in Israele, con il giubbotto antiproiettile,
così, tanto per fare coreografia, perché l'eventualità che
vengano colpiti da un missile di Hezbollah è purtroppo
equivalente a quella che una tegola arrivi loro in testa quando
escono dall'hotel di lusso in cui alloggiano. La funzione del
loro giubbotto è duplice: abituare l'opinione pubblica alla
guerra e far credere che Israele sia sottoposta alle medesime
piogge di fuoco a cui sottopone i libanesi e i palestinesi.
E' triste vedere i media all'opera per la
grande mistificazione che da sempre dipinge gli USA e i loro
alleati come SALVATORI. Con Hiroshima e Nagasaki sperimentarono
gli effetti della bomba atomica in due città. I motivi
storiografici ufficiali, ossia: premere sul governo giapponese
per imporgli resa, è una fandonia lunga decenni. Bastava far
esplodere un'atomica nel Pacifico, a qualche centinaio di
chilometri dalle coste nipponiche, per far capire la disparità
tecnologica e militare al Giappone. Ma gli USA vendono armi, le
usano come sistema per rimpinguare le casse e far volare
l'economia, da sempre... e le sperimentano. C'è un filo diretto
che collega Hiroshima all'uso di proiettili con l'uranio
impoverito in Kossovo e in Iraq, e all'uso di armi sperimentali
come i raggi laser sulla poplazione civile irachena (vedi i
servizi di Sigfrido Ranucci).
E' triste vedere la cosiddetta opposizione
pacifista italiana tacere in queste settimane, quando a Londra
la società civile, quella della pace, scende in piazza con
centomila manifestanti. Cos'è, deleghiamo l'azione di dialogo a
D'Alema, al governo Prodi? Ora che "siamo al governo", cara
Rifondazione, non dobbiamo disturbare il manovratore? Non è in
discussione la necessità di un'azione diplomatica intelligente,
che punti a fare cessare il conflitto e far sedere tutte le
parti al tavolo delle trattative. E' in discussione la
consapevolezza della posta in "gioco" e la natura e le ragioni
degli attori che si muovono in questo scenario. I media
continuano a giustificare le ragioni israeliane facendo leva sul
fatto che Hamas ed Hezbollah non riconoscono lo Stato di
Israele. Ma quello che non emerge è il cuore della strategia di
guerra preventiva degli USA e dei suoi alleati: nelle guerre
moderne i belligeranti riconoscevano la parte avversa, così è
stato nelle guerre mondiali del ventesimo secolo, persino con la
Germania di Hitler.
I neocon della Casa Bianca e lo Stato
d'Israele non riconoscono Iran, Siria e il governo palestinese,
eletto in regolari elezioni. Sulla natura totalitaria dei primi
due non ci sono dubbi. Così come sulle raqioni della vittoria
elettorale del terzo, frutto dell'aggressione armata israeliana
che ha indebolito Fatah e le forze palestinesi del dialogo. Ma
per Iran e Siria non ci sono ragioni per non dialogare. Così per
Hamas, prodotto duplice dell'esasperata reazione popolare a un
eccidio permanente e della politica israeliana che ha
trasformato i territori in una grande prigione priva di risorse
e possibilità minime di vita economica e sociale. I media non ci
dicono che è proprio la mancanza di dialogo che è alla base
della politica di Bush e Olmert. Ribaltano in modo osceno e in
malafede la frittata. Solo la potenza narcotizzante dei monopoli
televisivi e della grande stampa, sinistra inclusa, possono far
passare le vittime per aggressori e viceversa.
Eppure è così chiaro: Israele si è mosso
aggredendo il Libano perché deve dare sbocchi alla sua economia
di guerra (è un dei più grandi produttori di armi), perché deve
rafforzare il suo controllo sull'area, ma principalmente perché
la sua azione è parte integrante della strategia statunitense di
ridefinizione delle aree di controllo nell'intero scacchiere
asiatico mediorientale. Questo non può non essere chiaro alla
sinistra radicale italiana, ora nel governo. E se la sua
intenzione è quella di fare politica, non può non tenere conto
di questo scenario e definire chiaramente chi è oggi nemico
della pace mondiale e chi pratica una resistenza, a volte
discutibile (vedi i kamikaze palestinesi o iracheni), ma pur
sempre una resistenza.
Sulla questione israelo-libanese e
palestinese, basta mandare a quel paese per qualche minuto i
ribaltamenti farneticanti della realtà dei vari mezzibusti
televisivi e fare un ragionamento elementare: ma se un paese
come, supponiamo, la Francia, per qualsiasi ragione, anche la
peggiore, gli italiani sono complici di Materazzi o peggio,
hanno rapito qualche gendarme di Nizza, decidesse di bombardare
sistematicamente l'Italia, e buttasse giù ponti, centrali
elettriche, fabbriche, tirasse giù il Duomo a Milano o le due
torri bolognesi, radesse al suolo Trastevere e Tor Bella Monaca,
che opinione avrebbero del fatto i nostri demagoghi da salotto
tv? Si scandalizzeebbero se molti nostri compatrioti dedicassero
il 99% della loro esistenza per rinviare al mittente, con
interessi, quanto i francesi hanno fatto? Su, non si offenda la
nostra intelligenza con queste minchiate!
Non si offenda l'intelligenza di uomini e
donne che vogliono la pace e che come minimo s'incazzano se per
colpa di USA e Israele si ritroveranno con un tasso variabile
aumentato sul mutuo della casa, a causa dell'aumento dello 0,25%
dei tassi fatto dalla Banca Europea, o con il riscaldamento o
l'elettricità alle stelle. E come massimo con un mondo sempre
più involuto nella nuova barbarie ad alta tecnologia, dove ormai
democrazia è una parola sempre più vuota, svuotata da élites di
governanti al soldo degli interessi di pochi e potenti gruppi
finanziari. Questa è la realtà. Il resto sono solo chiacchiere.
E da questa realtà occorre ripartire per difendere dai nuovi
barbari, purtroppo al potere nelle cosiddette democrazie
occidentali più potenti, la democrazia e la civiltà che in
secoli di storia abbiamo raggiunto e acquisito, per lo meno sul
piano dei valori costitutivi della comunità mondiale (le varie
carte dei diritti dell'uomo).
Per evitare che sempre più aree nel mondo
diventino grandi macelli a cielo aperto come l'Iraq. Per evitare
che integralismi di varia natura si sentano in diritto per dio
Allah o per il dio Dollaro di buttare giù grattacieli,
bombardare città, uccidere indiscriminatamente a Beirut come a
Londra, a New York come a Falluja. E' una resistenza urgente e
doverosa, civile e improntata al dialogo tra comunità e popoli,
tra nazioni e religioni. Ma intransigente nell'indicare le vere
ragioni e i responsabili di questo grande mattatoio. Che ne
tengano conto i nostri antagonisti a corrente alternata. Nessuna
abitudine all'orrore. I giubbotti antiproiettili, gli sciacalli
delle news delle 20, se li mettano dove non batte il sole.
di Nico Maccentelli
Fonte: Carmillaonline.com
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