Lunedì 10 aprile, alle 20.40, gli italiani erano
tutti davanti ad un televisore a prestare attenzione
ai risultati elettorali e disattenzione a tutto ciò
che non riguardava voti, schede, Camera e Senato.
Così, nonostante uno dei temi fondamentali dei
programmi di entrambe le coalizioni sia quello
energetico e riguardi in particolare il ritorno
all'uso dell'energia nucleare, è sfuggito a tutti
che in quel preciso istante in Giappone, 3.40 ora
locale, in una centrale nucleare in costruzione
situata a Rokkashomura, nella provincia
settentrionale di Aomori, qualcosa non ha
funzionato.
Secondo i comunicati ufficiali giapponesi,
l'incidente è stato causato da una miscela avente un
volume di circa 40 litri di Mox.
Il Mox è un combustibile nucleare, un liquido
contenente 260 grammi di uranio e un grammo di
plutonio: é fuoriuscito dal reattore centrale
durante delle operazioni da parte di tecnici addetti
alla messa a punto del reattore.
Nessun pericolo dalla fuga di liquido radioattivo,
secondo Yukio Takahashi, portavoce della Japan
Nuclear Fuel, società che gestisce l'impianto di
produzione del Mox. Secondo Takahashi il liquido
radioattivo fuoriuscito non si è disperso
nell'atmosfera e nessuna persona è stata
contaminata. L'incidente sarebbe stato provocato dal
malfunzionamento di un robot che per errore ha
aperto un contenitore riempito di questo liquido.
Ci sarebbe da chiedersi a questo punto se
l'inchiesta aperta dalle autorità nipponiche sarà in
grado di esaminare l'apposito software di controllo
e automazione che pilotava il robot.
Da un punto di vista tecnico, si è trattato di un
incidente pericoloso, in quanto c'è stata la
dispersione di un grammo di plutonio. Non ci si deve
lasciare ingannare dal dato numerico: già un
milionesimo di grammo, se inalato, è letale per
l'uomo.
L'impianto in cui è avvenuto l'incidente è il primo
impianto sperimentale giapponese, essendo dotato di
dispositivi per il ritrattamento, cioè per la
fabbricazione di plutonio; si tratta inoltre di un
nuovo tipo di reattore per il Giappone, di tipo
autofertilizzante.
Questa particolare caratteristica dell'impianto
aumenta la gravità dell'incidente: in caso di
pressioni da parte dell'opinione pubblica
giapponese, potrebbe anche seguire nelle prossime
settimane uno stop alla sperimentazione nel settore.
Inoltre, un impianto di questa classe permette la
produzione di plutonio sia per la filiera
industriale civile sia per quella militare, si
tratta quindi del primo impianto nucleare che
teoricamente è in grado di produrre plutonio anche
per armi nucleari.
La costruzione della centrale era attesa da ben
13 anni, poi solo all'inizio di questo mese era
giunto il definitivo via libera alla costruzione
dell'impianto autofertilizzante.
Quel che appare certo, è che l'incidente riaccende
le polemiche su questo tipo di centrali nel Paese
del Sol Levante. Il Giappone infatti, unico paese
finora vittima di bombardamenti nucleari, ha
un'opinione pubblica particolarmente sensibile a
queste polemiche, ed anche se il governo si attiene
ad una politica di totale rifiuto degli armamenti
atomici, restano i mille dubbi sollevati da un
impianto che permette comunque la produzione di
ordigni nucleari.
Greenpeace Giappone ha subito denunciato
l'incidente, chiamando in causa l'industria privata
che sta costruendo l'impianto di Aomori e le misure
di sicurezza che ha adottato, pur se la fuga è stata
messa subito sotto controllo.
Chi ci lavora, anche con tutte le dovute
precauzioni e schermature, è sottoposto comunque ad
elevate dosi di radiazioni e, nonostante tutti i
filtri possibili, ciò che esce dall'impianto sotto
forma di gas o liquidi, genera un pericolo altissimo
di leucemia per le popolazioni circostanti.
Interpellato sull'argomento dalla rivista "Nuova
Ecologia", il fisico Massimo Scalia ha evidenziato
un aspetto strettamente connesso alla cronaca di
questi giorni: è il legame fra il "nucleare ad uso
civile" e quello militare. "È singolare", dice
Scalia, "che questo incidente sia avvenuto in
Giappone, dove la strategia militare appare chiara,
proprio mentre ci si oppone ai progetti dell'Iran".
Riguardo a chi pensa che il nucleare sia oramai
sicuro, dovrebbe forse riflettere bene sulle
competenze, sulla segretezza del software di
automazione e, in generale, su come la gestione di
un impianto nucleare richieda livelli di attenzione
e di precisione che solo una lunga esperienza può
fornire. "Il nucleare fa scalpore e notizia",
continua ancora Scalia, "quando avvengono incidenti
straordinari come questo in Giappone, ma gli
incidenti sono la routine quotidiana. E possono
avvenire su tutto ciò che comporta il ciclo del
nucleare, non solo nelle centrali, perché anche
quando viene trattato il materiale grezzo si è in
presenza di materiale radioattivo".
Il Mox, pericoloso e non di prima scelta, in
quanto si tratta per lo più di materiale riciclato,
era già balzato agli onori delle cronache quattro
anni fa, per appena 24 ore, al momento della
partenza dal porto giapponese di Takahama di una
nave brittanica che doveva trasportarne un
imprecisato quantitativo dal Giappone
all'Inghilterra.
Per 24 ore e non di più (era il 5 luglio 2002) il
mondo intero ha parlato di un viaggio pericoloso
attraverso tre oceani, di una nave possibile
obiettivo di attentati terroristici, di un carico
che per motivi di sicurezza non avrebbe attraversato
il canale di Suez; poi di nuovo tutti a parlare del
Brasile neo-campione del mondo e delle prodezze di
Ronaldo.
In realtà spedizioni di carichi nucleari avvengono
relativamente spesso, nell'ordine di una decina di
viaggi all'anno. Se in quell'occasione la partenza
della spedizione ha avuto gli onori delle cronache,
è stato solo per la solita spettacolare azione degli
attivisti di Greenpeace.
Stavolta invece il pericolosissimo Mox è tornato
alle cronache per un incidente, una sua fuoriuscita
può avere conseguenze disastrose per centinaia di
anni, ma non per questo si smette di farne uso:
essendo un combustibile di seconda scelta costa
molto meno di altri combustibili nucleari. Dalla sua
filiera di produzione esce anche un altro prodotto
di scarto ma molto usato, il cosiddetto uranio
impoverito.
Chi si aspetta una messa al bando del Mox, può
rassegnarsi: la costruzione di impianti nucleari
oggi è diminuita fortemente rispetto a 20 anni fa,
ma i nuovi impianti in progetto o in costruzione
sono tutti impianti a Mox; prima tra tutti la
centrale di Sinop, sul Mar Nero, dove il governo
turco ha scelto di installare la sua prima centrale
nucleare, che sarà costruita dalla Westinghouse,
controllata dalla giapponese Toshiba. Quella
Westinghouse che si candida apertamente anche
a costruire le future centrali italiane, dopo il
ribaltamento del risultato referendario del 1987.
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