PAURA NUCLEARE IL CAPO DELLA CIA GOSS E’ STATO AD ANKARA PER CHIEDERE AL PREMIER ERDOGAN DI METTERE A DISPOSIZIONE LE BASI MILITARI
Spiegel: gli inviati di Bush hanno iniziato il giro degli alleati per
chiedere appoggio o informarli
«Il governo degli Stati Uniti ha cominciato a coordinare con la Nato i piani
per un possibile attacco militare contro l'Iran». Così ha scritto il
Jerusalem Post, riprendendo voci già pubblicate dal settimanale Der Spiegel
e da altri media tedeschi. Secondo queste informazioni, il 12 dicembre
scorso il direttore della Cia Porter Goss è stato in Turchia, proprio per
chiedere al primo ministro Recep Tayyp Erdogan di mettere a disposizione
degli Usa le basi militari da cui nel 2006 potrebbe scattare il raid. Le
fonti tedesche citate dal Jerusalem Post sostenono che i Paesi vicini, come
l'Arabia Saudita, l'Oman, la Giordania e il Pakistan sono stati aggiornati
sui potenziali piani d'azione. Gli inviati di Washington avrebbero avvertito
gli alleati che gli attacchi aerei sono una possibilità, senza però alludere
ai tempi dell'operazione. Der Spiegel, però, ha ricordato un articolo
pubblicato nel gennaio scorso dal settimanale New Yorker, secondo cui le
forze speciali di Washington hanno già infiltrato la Repubblica islamica,
per identificare i potenziali obiettivi.
La questione iraniana, aldilà dell'attendibilità di queste voci, è in cima
alla lista delle preoccupazioni della Casa Bianca. Gli Stati Uniti accusano
Teheran di voler sviluppare il programma nucleare per costruire bombe,
mentre il regime degli ayatollah risponde che il suo obiettivo è solo
produrre energia per uso domestico. Da mesi l'Unione Europea, attraverso il
terzetto composto da Gran Bretagna, Francia e Germania, sta tentando una
mediazione, che finora non ha dato risultati. L'ultima proposta di
compromesso è arrivata la settimana scorsa da Mosca, che ha suggerito di
arrichire nel proprio territorio l'uranio necessario a far funzionare le
centrali iraniane. In questo modo i russi potrebbero garantire che il
materiale ottenuto dalla Repubblica islamica non sia del livello necessario
a costruire bombe. In febbraio Sergei Kiriyenko, capo dell'Agenzia nucleare
federale di Mosca, andrà a Teheran per discutere questa idea, oltre a
definire i piani per completare la centrale che il governo di Putin sta
costruendo a Bushehr, nel Sud del Paese. Finora il regime degli ayatollah
non ha bocciato ufficialmente la proposta russa, forse anche nel timore che
un rifiuto faccia precipitare la situazione, aprendo la porta
all'approvazione di sanzioni economiche da parte del Consiglio di Sicurezza
dell'Onu. I media conservatori locali però hanno rigettato l'idea,
definendola una violazione della sovranità nazionale. In assenza di
soluzioni diplomatiche, da tempo circolano voci sull'ipotesi di azioni
militari, diventate sempre più intense da quando in ottobre il nuovo
presidente Mahmoud Ahmadinejad ha detto che Israele dovrebbe essere
«spazzata via dalla carta geografica». Nei giorni scorsi il giornale
britannico Sunday Times ha scritto che proprio lo Stato ebraico ha messo in
preallarme le proprie forze armate, per un potenziale attacco contro le
strutture nucleari iraniane a marzo, come quello lanciato nel 1981 da
Menachem Begin per distruggere la centrale irachena di Osiraq. Giovedì
scorso il capo di stato maggiore dell'esercito, Dan Halutz, ha escluso
l'ipotesi di un raid prevenivo imminente, perché comunque Teheran non sarà
in grado di costruire ordigni nucleari per altri due o tre anni. Ma l'ex
premier Netanyahu, rivale del capo del governo Sharon dopo la sua uscita dal
Likud, ha detto che lui favorirebbe un'azione «nello spirito» di Osiraq, e
altri rappresenanti dell'esecutivo non l'hanno esclusa. In questo quadro si
inseriscono le voci sul coinvolgimento americano.
Secondo fonti militari, i potenziali target dei raid sarebbero un paio di
dozzine. In cima alla lista c'è proprio Bushehr, che secondo il «Nonproliferation
Policy Education Center» può produrre tra 50 e 75 bombe, seguito da impianti
come quelli di Natanz e Arak. Gli Usa hanno ancora alcuni aerei rimasti in
zona dalla guerra in Iraq, ma il grosso dei bombardieri invisibili B-2 e
F-117 dovrebbe decollare direttamente dall'America, o dalle basi di Diego
Garcia e di Udeid in Qatar. Un'azione intensa ma limitata alla distruzione
di alcune strutture avrebbe il vantaggio di non coinvolgere truppe di terra,
già provate a Baghdad e Kabul, e rallentare i progetti nucleari di Teheran.
Se il regime restasse in piedi, però, esporrebbe gli Usa e i loro alleati a
rappresaglie militari e terroristiche
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Rischio Nucleare
Paolo Mastrolilli
Fonte: www.lastampa.it
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