"Giovani di buona famiglia". Così vengono definiti i cinque
teppisti che hanno massacrato e ridotto in fin di vita Nicola Tommasoli.
Colpevole di non aver voluto "consegnare" loro una sigaretta, dopo regolare
intimazione. Giovani ultrà. Ultrà-giovani.
Occasionalmente di estrema destra. Neonazi oppure neofasci. Teste rasate. Un
simbolo inquietante, ormai. Al punto da indurmi in tentazione. Io, skin per
colpa del tempo che passa; e per eredità genetica. Oggi mi viene voglia di
ricorrere alle tecniche tricologiche: un trapianto, una parrucca...
Giovani ultrà di estrema destra. Abituati ad avere uno stadio a disposizione per
esibire i loro muscoli, i loro slogan, i loro simboli contro gli altri. I
nemici. Gli "altri". Non solo quelli dell'altra parte politica.
Dell'altra parte. Ma "gli altri", in generale. Gli stranieri, i nomadi. Gli
ebrei. I deboli. Hanno in spregio le persone "comuni". A cui la violenza non
piace. Quelli che la sera, in città, tirano tardi con gli amici. E passeggiano
in centro città. Immaginando che possa ancora essere una città. Luogo dove,
appunto, passeggi con gli amici. Fumi la sigaretta. Chiacchieri. Luogo di
relazioni, insomma. Rete di comunità. Non un agguato politico. Ma un'aggressione
"per caso". Chissà: gli aggrediti potevano essere leghisti, magari perfino
fascisti. In quel momento erano solo persone comuni. Finite sulla strada di
persone extra-ordinarie. Super-uomini in libera uscita.
Giovani di buona famiglia anche quelli che, a Torino, hanno costretto i vigili
ripiegare. Dopo averli circondati e aggrediti, qualche sera fa. La notte prima
della festa. I vigili impudenti e imprudenti. Pretendevano di multare le auto in
sosta dovunque, in Piazza Vittorio Veneto. In pieno centro. Perfino lungo le
rotaie del tram. Tanto la notte non circola. Pretendevano, i vigili. Di
interrompere la festa infinita. La "movida", come la chiamano adesso. La notte
bianca che si celebra ogni fine settimana.
Pretendevano di ostacolare il libero accesso alle auto e ai suv che, ovviamente,
sono padroni della notte. (In realtà, anche del giorno). Ovvia la rivolta di
questi giovani di buona famiglia contro tanta sfacciata arroganza. Così, a
centinaia, hanno costretto i vigili a fuggire. Non senza aver inferto loro
qualche colpo, qualche botta. Così, a futura memoria. Certo, in questo caso non
li hanno massacrati. Non erano neonazi e neofasci. (Magari, avessero incontrato
un nazi che chiedeva loro una sigaretta, sarebbe finita male anche per loro...).
Solo ragazzi normali, di "buona famiglia". Si sono limitati ad affermare la
legge del controllo sul territorio. Filmando la scena, regolarmente diffusa su "You
tube". A scopo esemplare.
Questi "figli di" buona famiglia, tecnologicamente attrezzati ed esperti. Per
fortuna: sono nati in tempi molto diversi e lontani da quel maledetto 1968, di
cui si celebrano i nefasti, a quarant'anni di distanza. L'eredità di illusioni
mancate e di violenze mantenute.
Questi giovani di buona famiglia, invece, non guardano lontano. Non cercano
figure e utopie di altri mondi lontani. Il comunismo, Mao, Che Guevara... Semmai
- alcuni di essi - guardano più indietro. Riscrivono storie da cui isolano ciò
che interessa loro. Il mito della forza. Il seme della violenza. Che coltivano,
quotidianamente, esercitando l'odio contro gli altri. Poveracci, accattoni,
zingari e stranieri. Clandestini e non.
Perché non conta distinguere, ma categorizzare e colpire "l'altro". Lo stesso
che fa paura alla gente comune. Quella che mai si sognerebbe di bruciare un
campo nomadi, tantomeno di ammazzare di botte un ragazzo perché non ti dà una
sigaretta. Potrebbe essere loro figlio, l'aggredito. E gli aggressori potrebbero
essere loro figli.
Giovani di buona famiglia. Quelli abituati a sfogarsi il sabato sera, in
discoteca, o nei bar del centro. Nelle piazze e nelle strade. Molti bicchieri e
qualche pasticca per tenersi su di giri. Per ammazzare il tempo insieme alla
noia. E l'angoscia che ti prende, in questa vita normale, in questa società
normale, in questa città normale. Dove i divieti sono comunisti e le regole
imposizioni inaccettabili. Dove dirsi "buoni" è un'ammissione di colpa. E la
debolezza un vizio da punire.
Giovani di buona famiglia. Genitori che non deprecano questa società senza
autorità, senza divieti e senza punizioni. E poi si indignano: di fronte ai
divieti e alle punizioni. Alle autorità autoritarie. Quando colpiscono loro e i
loro figli. Sempre gli ultimi a sapere. Cadono dalle nuvole, se scoprono cosa
combinano, quei loro figli, a cui hanno dato tutto. Senza chiedere nulla. Senza
sapere nulla di loro.
Questi genitori di buona famiglia. Ce l'hanno contro questa scuola senza voti.
Contro i professori che non si fanno rispettare. Contro i maestri che non sanno
comandare. Non sanno punire. Questi genitori. Non capiscono e non accettano: i
professori che impongono rispetto, comandano e puniscono. E magari bocciano. I
loro figli.
Giovani di buona famiglia. Figli di buona famiglia. Figli di.
Ilvo Diamanti - da Repubblica on line 5.5.2008
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