Dice che «anche gli animali piangono». Poi si corregge. «Forse sono io che
piango, quando vedo gli occhi di un camoscio in agonia colpito al ventre da
un bracconiere. Questi delinquenti usano una palla di piombo grande come una
noce - si chiama brenneke - che non lascia scampo, qualunque parte colpisca.
E io devo usare la pistola per non fare soffrire più l' animale». Giancarlo
Ferron, quarantacinque anni, è un guardiacaccia della Provincia di Vicenza.
«Non ci sono più i bracconieri per fame, quelli che partivano a mezzanotte
per le cime dei monti per essere pronti all' alba quando gli stambecchi
iniziano il loro pascolo. Ci sono invece tanti delinquenti che uccidono gli
animali per sfidare la legge, per fare vedere che sono più furbi dei
guardiacaccia. Sfidano il mondo per poter dire: io sono il padrone della
montagna, se qualcosa mi piace la prendo e basta. Fra di loro ci sono anche
dei malati di mente. Ma come si fa a tagliare con un coltellino la pancia di
un tordo vivo solo per capire se sia maschio o femmina? Vedere se ci siano o
no le gonadi - dicono - è l' unico modo per conoscerne il sesso. Solo il
maschio canta e viene messo in gabbia come richiamo di altri uccelli. La
femmina finisce allo spiedo».
Non è ancora stata raggiunta la pace, fra le guardie e i ladri di animali.
Il bracconaggio resiste in tutta Italia, isole comprese. Non abbandona i
vecchi strumenti - il fucile, la rete, la trappola, la tagliola~ - e ne
utilizza di nuovi: la carabina che uccide a quattrocento metri, i visori
notturni, i mirini telescopici, i fari delle auto.
«Una volta almeno - dice Giancarlo Ferron - il bracconiere faceva fatica.
Ore e ore di cammino notturno per arrivare alla preda. Adesso il cacciatore
di frodo usa il fuoristrada, in un quarto d' ora arriva ovunque. Ha il
telefonino, per restare in contatto con altri bracconieri ed essere
informato sulla presenza delle guardie. Nelle notti di luglio i fari dei
fuoristrada, nei prati di alta montagna, abbagliano lepri e caprioli. Gli
animali vedono la luce, credono sia sorto il sole all' improvviso e per la
meraviglia si bloccano come statue. A volte sei appostato per controllare un
branco e all' improvviso vedi un animale colpito da una fucilata. Con le
carabine di precisione, non capisci nemmeno da che parte sia partito il
colpo». è anche scrittore, il guardiacaccia vicentino («non metta il nome
del mio paese, le guardie non sono molto amate e a qualcuno hanno anche
bruciato la macchina). Ha scritto Ho visto piangere gli animali e altri
libri sulla sua vita di «nemico naturale dei bracconieri». «Arrivi anche a
odiarli, questi delinquenti. Quando vai nel bosco e trovi la femmina di
capriolo uccisa dal laccio di acciaio, ti senti male. Le apri il ventre e
scopri che il giorno dopo avrebbe partorito due piccoli. Lo sanno, i
bracconieri, che è sempre la femmina a guidare il branco, ed è lei a morire
perché arriva al laccio prima degli altri. Cerca di liberarsi e si strozza».
Ci sono anche le favole alla rovescio, sulle montagne del Pasubio. Il film
La volpe e la bambina qui ha un finale tragico. Una bimba adotta un cucciolo
di volpe, lo tiene in casa e lo coccola. Quando è adulta, la volpe va nel
bosco e trova un pezzo di carne appeso a un albero. Salta per morderlo e
rimane appesa a un uncino, come un pesce all' amo. Viene trovata dal
guardiacaccia Ferron, che non dirà mai nulla alla bambina. «No, non è la
fame a spingere i bracconieri. Quando li prendi, o stanno zitti o dicono:
"Le bestie le abbiamo sempre prese così". Sono organizzati bene, in grosse
compagnie. Tengono caprioli o lepri nei freezer della zia o dell' amico. E
anche quando li prendi con le mani nel sacco, non rischiano quasi nulla. Se
pagano un' oblazione fra i mille e i duemila euro, c' è l' estinzione del
reato. Se c' è la denuncia penale, quasi sempre arrivi davanti al giudice
quando il reato è già prescritto. La licenza di cacciatore viene sospesa
solo se un individuo viene trovato tre volte con uccelli protetti. E anche
in questo caso non vengono tolte le armi. è una battaglia impari, la nostra.
Nel vicentino ci sono ventimila cacciatori e quaranta guardie, e noi
dobbiamo occuparci anche di cave, miniere, pesca, funghi, agriturismi~ Sì,
lo so che mi chiamano "il guardiacaccia bastardo, uno che non la
risparmierebbe nemmeno a suo padre". Ma quando trovi il camoscio sventrato
da una pallottola, per l' uomo che ha sparato non puoi avere nessuna
comprensione». «Impiccheranno Giordi con una corda d' oro / è un privilegio
raro / rubò sei cervi nel parco del re / vendendoli per denaro». Alessandro
Bettosi, comandante del Noa, il Nucleo operativo antibracconaggio della
Forestale, nei corsi di formazione per le guardie cita sempre questa canzone
di Fabrizio De André. «Un tempo si rubava al re, oggi allo Stato.
Il bracconaggio è cambiato perché non c' è più la necessità di portare un
po' di carne su tavole troppo povere ma resta, purtroppo, la "tradizione".
Si mettono le reti per catturare pettirossi e fringuelli nel Bresciano, per
l' antica "polenta e osei", si cacciano i ghiri in Calabria». A Bivonci e
Stilo, nella Locride, con l' operazione "Piatti indigesti", in due
ristoranti sono stati trovati i ghiri già cucinati ma ancora con testa e
coda, per essere riconosciuti dai clienti che, pagando caro, non volevano
essere truffati. «Si mangia l' istrice in Toscana, si mettono reti e roccoli
sulle isole, dove si posano gli uccelli sfiniti dalle migrazioni. In nome
della "tradizione" si commettono crimini che non hanno nessuna
giustificazione. E poi ci sono gli atti vandalici. Si mettono bocconi
avvelenati nei parchi protetti per tenere lontano i predatori. Ma i bocconi
messi per i lupi finiscono per uccidere, come è successo nel parco nazionale
dell' Abruzzo, anche un' orsa che ancora allattava i cuccioli». Pettirossi,
cinciallegre, capinere, pispoloni nelle campagne veronesi sono chiamati
«quelli del becco gentile». «I bracconieri dicono che sono i più buoni -
spiega Francesco Di Grazia, delegato regionale della Lipu e coordinatore
delle guardie volontarie di Verona - perché mangiano insetti. Ne fanno
strage per la "polenta e osei" che sarebbe vietata ma ancora resiste, perché
le norme antibracconaggio sono lassiste e chi fa controlli viene visto come
un guastafeste». Gli uccelli vengono presi con le reti che sono messe fra
arbusti e alberi. «Ci sono quelle illegali e anche quelle che, solo in
apparenza, sono in regola. Qui a Verona ad esempio ci sono dieci roccoli
autorizzati dalla Provincia e altri venticinque sono a Vicenza. In teoria,
funzionano così. Gli uccelli finiti nella rete vengono consegnati alla
Provincia che li paga otto euro l' uno al concessionario del roccolo e poi
li regala ai cacciatori per essere usati come richiamo. Ma c' è il mercato
nero. Basta consegnare alla Provincia solo una parte degli uccelli e
nascondere le altre catture. Un maschio che canta, in questo mercato non
tanto nascosto, viene pagato dai venti ai cinquanta euro. Il gestore del
roccolo diventa ricco. Certo, anche qui, per distinguere il tordo maschio
dalla femmina si fa un' incisione per vedere se ci sono le gonadi e poi si
richiude la pancia con una goccia di attaccatutto.
Gli uccelli destinati al richiamo vivono malissimo. In natura cantano all'
arrivo della primavera, ma questi sono tenuti al buio per mesi e mesi fino
all' autunno quando dovranno richiamare gli uccelli di passo. Appena vedono
la luce si mettono a cantare, credono sia finalmente arrivata la primavera.
Li chiudono in gabbie piccolissime. Si ammalano perché non possono mai fare
il bagno e dopo poco tempo si lasciano morire». Sarebbe vietata, la "polenta
e osei" con uccelli locali. «Ma basta comprare un pacco di passeri o
fringuelli congelati che arrivano dalla Tunisia o dai Paesi dell' Est,
tenere la fattura e se c' è un controllo dire che gli uccellini (comprati
dal bracconiere) arrivano dall' estero. è per questo che noi, quando
facciamo i controlli, andiamo a vedere anche nei bidoni della spazzatura e
spesso troviamo le piume. è successo anche in un ristorante di Roncà. In
frigorifero c' erano mille fra capinere, passeri, lucherini e anche un
picchio verde. I bracconieri prendono cinque euro per un uccellino di dodici
grammi, penne comprese. Il ristoratore fa uno spiedino con cinque uccellini
e lo vende a cinquanta euro, e così tutti ci guadagnano. Non si tratta certo
di casi isolati. Basta dire che si possono comprare anche le macchine
automatiche per spiumare gli uccellini. Non si costruiscono macchine così
costose se non c' è mercato».
Ci sono trappole crudeli nel museo del bracconaggio al castello di Bardi. C'
è il "bussolotto", un cono di corteccia che veniva infilato nel terreno con
dentro chicchi di granoturco; il fagiano o il gallo cedrone beccavano il
mangime e la loro testa restava bloccata dalla colla di vischio. C' è la
"fossa lupaia" per catturare i lupi; si scavava una buca profonda, si
copriva con rami e arbusti; il lupo veniva attirato da un' esca viva - un
cane o una pecora - e cadeva nel fossato. C' è l' "archetto spezzagambe" che
mutila gli uccellini che si posano su un ramo. C' è il gancio che soffoca i
caprioli. «Anch' io da piccolo - confessa il sindaco, Pietro Tambini,
settant' anni - facevo il bracconiere. Noi bambini andavano a cercare i nidi
dei merli per rubare i piccoli poco prima che imparassero a volare. La mamma
li preparava in umido. I grandi cacciavano la volpe mandando il fumo nella
tana, poi la uccidevano con un colpo alla gola, per non rovinare la
pelliccia. Ma erano anni in cui solo chi emigrava trovava da mangiare e chi
restava doveva arrangiarsi». Oggi non serve l' ingegno per costruire un
archetto che spezza le gambe o soffoca gli uccelli. Nel veronese si comprano
già fatti, di plastica. E se la trappola non funziona, c' è sempre la
carabina che uccide a quattrocento metri.
Jenner Meletti
Fonte: http://ricerca.repubblica.it
Link: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/06/01/091la.html
1.06.08
Ogni anno una strage di falchi per proteggersi dalle corna
(Valerio Gualerzi, Fonte: http://ricerca.repubblica.it, http://www.comedonchisciotte.org)
Fossimo condannati a morte, probabilmente preferiremmo morire fucilati
piuttosto che appesi a una forca. Finire i nostri giorni per una sciocca
superstizione ci sembrerebbe però ancora più assurdo dell' idea di essere
diventati la cena di un animale feroce. Gli uccelli simili distinzioni non
ne fanno, ma sono le due "opzioni" che gli offre il bracconaggio. Se al
Settentrione il fenomeno ha il volto crudele di chi nasconde micidiali
trappole per dare ai ristoranti la possibilità di cucinare "polenta e osei",
in Calabria cacciare di frodo significa sparare ai rapaci che attraversano
lo Stretto di Messina diretti a nord. La morte in questo caso arriva sotto
forma di un colpo secco di doppietta, e probabilmente è meno dolorosa, ma il
"movente" è forse persino più atroce di un peccato di gola. «Sono più di
dieci anni che combatto questa battaglia e le posso assicurare che il
vecchio credo popolare secondo cui abbattere un "adorno", come vengono
chiamati i falchi in dialetto calabrese, mette al riparo dalle infedeltà
coniugali è molto più che una nota di folclore, ha un aspetto essenziale».
Alessandro Bettosi è il comandante del Nucleo operativo antibracconaggio
della Forestale e la battaglia di cui parla è l' "Operazione adorno", la più
impegnativa - insieme alla "Pettirosso" - delle campagne a tutela della
fauna selvatica. è dal 23 aprile che, come ogni anno, un centinaio di agenti
di tre reparti divisi in cinque pattuglie controllano dall' alba al tramonto
il tratto di costa che va da Bagnara a Capo Pellaro. E non smetteranno fino
al 5 giugno, quando sarà finito il "passo", ovvero la migrazione di falchi
pecchiaioli, poiane, nibbi e albanelle dall' Africa centrale verso i rilievi
dell' Europa nordoccidentale e dei Balcani, in cerca di un posto per fare il
nido. Un flusso di specie protette che riprende puntuale a ogni primavera,
ma che la brutalità degli uomini qualche anno fa aveva quasi spezzato. «Ora
l' Italia è obbligata dalle convenzioni internazionali e dalle norme
comunitarie a proteggere l' incolumità di questi uccelli - ricorda Bettosi -
ma se siamo diventati così attenti e scrupolosi è anche perché in passato ci
fu una sollevazione dell' opinione pubblica europea per quanto accadeva
durante il sorvolo del nostro territorio». Se vi indigna il fatto che ancora
oggi ci sia bisogno di questo spiegamento di forze per proteggere i rapaci
dai riti scaramantici dei mariti che temono di finire cornuti, non avete
idea di cosa poteva accadere fino a qualche anno fa. «Oltre agli uomini che
setacciano boschi e campagne - spiega Bettosi - a darci una mano ci sono
anche due elicotteri: ci permettono di trasportare rapidamente le pattuglie
da un capo all' altro della costa, ma originariamente abbiamo organizzato
questo servizio come forma di tutela dopo una serie di attentati. Ricordo le
prime volte che ho partecipato all' operazione: si sentivano spari ovunque,
sembrava ci fossero i fuochi d' artificio, i colpi partivano anche dalle
finestre delle periferie delle città».
Ora la situazione è migliorata, ma fino a un certo punto. «Inevitabilmente
certe tradizioni si vanno affievolendo, ma qualche anno fa abbiamo arrestato
un insegnante di liceo che era tornato apposta dal Piemonte per adempiere al
rito». A incastrarlo era stato il possesso di un fucile non dichiarato. Di
solito se la cavano con una denuncia per contravvenzione della legge sulla
caccia, visto che in primavera la stagione è chiusa. Se sono riusciti a fare
delle prede, si può aggiungere il reato di "abbattimento di specie
protette". Il bilancio finale della "Adorno", dal 1986 a oggi, parla di 12
arresti, 247 comunicazioni di reato, 160 denunce, 150 armi sequestrate, 47
animali trovati uccisi, 180 feriti e dati in affidamento ai centri di
riabilitazione della fauna selvatica.
Valerio Gualerzi
Fonte: http://ricerca.repubblica.it/
Link: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/06/01/090ogni.html
1.06.08
http://www.comedonchisciotte.org
Archivio Protezione degli Animali
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