Cento km per il cibo. E gli orsi annegano
Polo Nord, la deriva degli iceberg costringe gli animali a lunghe nuotate
per alimentarsi Calotta di ghiaccio ridotta del 35%
Addio
isolotti di ghiaccio pullulanti di foche, autentici paradisi gastronomici
degli orsi polari: l'accelerazione del riscaldamento registrata negli ultimi
anni al Polo Nord li sta dissolvendo o riducendo a irraggiungibili iceberg
alla deriva, sempre più lontani dalla banchisa. E per la piccola comunità
dei candidi orsi polari suona la minaccia dell'estinzione. «Per la prima
volta abbiamo raccolto le prove che molti di questi animali annegano
stremati a causa delle maggiori distanze che devono coprire a nuoto per
raggiungere le zattere di ghiaccio in cui si trova il loro cibo preferito:
almeno quattro sono morti così in un solo mese», riferisce l'ecologo marino
Charles Mennet, capo di un gruppo di ricercatori americani che ha illustrato
i risultati di un nuovo monitoraggio sugli orsi polari e i cambiamenti
climatici, alla conferenza internazionale sui mammiferi marini.
IL PASTO PREFERITO - Gli orsi bianchi formano una popolazione di
circa 22 mila individui, distribuita nella fascia costiera della banchisa
artica e sulle numerose isole di ghiaccio vicine. Condividono questo habitat
con foche, trichechi, narvali e uccelli. Ma, fra tutte queste potenziali
prede, il pasto preferito è rappresentato dalle piccole e grasse foche, che
gli orsi aspettano pazientemente, sdraiati sul ghiaccio anche per ore, e
acciuffano con una zampata nell'istante in cui queste emergono dalle acque
gelate per prendere una boccata d'aria, dopo una lunga immersione.
ARRETRAMENTO DEI GHIACCI - Da alcuni decenni a questa parte, a
causa dell'aumento delle temperature medie, che nell'Artico oscilla fra 2 e
3 gradi centigradi (mentre alle nostre latitudini è di circa 1 grado), la
superficie dei ghiacci polari nella stagione estiva si è ridotta del 35% e
il caldo si prolunga da giugno a ottobre. Cinque lunghi mesi in cui gli orsi
sono costretti ad arretrare verso le latitudini più alte e, nello stesso
tempo, a perdere i contatti con le loro prede che rimangono, per lo più,
assiepate sugli isolotti di ghiaccio alla deriva. «Malgrado gli orsi polari
siano abili nuotatori, in grado di compiere tragitti di 30-40 chilometri
senza eccessiva fatica, tuttavia la nuova situazione li costringe a
spostamenti ancora più estenuanti per trovare il cibo: fino a 100
chilometri. E' per questo motivo che si stanno moltiplicando i casi di
annegamento osservati», spiega Steven Amstrup, un altro biologo marino del
servizio geologico degli Stati Uniti. In mancanza di foche o di altre carni
grasse come quelle dei trichechi e dei narvali, gli orsi polari possono
cibarsi anche di uova di uccelli marini. Ma questa alimentazione rappresenta
una specie di dieta ipocalorica dal momento che il loro fisico richiede
l'assunzione di circa 2 chilogrammi di grassi al giorno.
SCOMPARSA DELLA CALOTTA - La persistenza del fenomeno del
riscaldamento globale, accelerato dalla crescente concentrazione di gas
serra prodotti dall'uomo, secondo quanto è stato confermato dagli scienziati
riuniti all'ultima conferenza sul clima di Montreal, porterà alla completa
scomparsa della calotta polare nei mesi estivi attorno al 2080. Allora sarà
la fine completa non solo degli orsi polari, ma anche della maggior parte
delle specie viventi nell'Artico. Gli stessi rappresentanti della
popolazione di 150 mila eschimesi (inuit nella lingua locale), hanno
denunciato la distruzione del loro cultura e delle loro tradizioni a causa
del rapido cambiamento morfologico che stanno subendo i loro ambienti e
hanno fatto causa al governo degli Stati Uniti per non avere aderito al
Protocollo di Kyoto.
LA CAMPAGNA DEL WWF - Con la suggestiva immagine di un Babbo
Natale seduto su un continente che si scioglie, il Wwf ha lanciato una
campagna per la salvezza dell'Artico: «Il cambiamento del clima nell'Artico
avrà effetti anche sul resto del mondo, con ulteriore aumento del
riscaldamento globale e l'innalzamento dei mari - osserva Maria Grazia
Midulla, responsabile delle campagne internazionali del movimento
ambientalista -. Gli scienziati ci dicono che è ancora possibile rallentare
i mutamenti climatici: ma per farlo bisogna tagliare le emissioni dei gas
che provocano l'effetto serra, prima fra tutti l'anidride carbonica, del
60-80%. Questo vuol dire cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo
energia. Occorre imboccare con decisione la strada di Kyoto e concordare
obiettivi obbligatori di riduzione delle emissioni inquinanti».
Archivio Protezione degli Animali
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