La stima dell’indicatore dei consumi di Confcommercio (Icc)
resa nota oggi mette in evidenza un calo dei consumi dello 0,7% nel primo
trimestre del 2008, mentre lo scorso mese di marzo registra un –1,7% rispetto al
marzo 2007. I risultati di un’indagine condotta dal Dipartimento di sociologia
economica dell’Università di Messina, pubblicati su Repubblica, raccontano di
“un’inflazione reale” più che raddoppiata nel corso degli ultimi 4 anni.
Come conseguenza di una situazione sempre più drammatica, in questa Italia che
anziché rialzarsi, secondo i dettami degli spot elettorali, sta affossandosi
sempre più sulle ginocchia, le famiglie italiane in crescente difficoltà stanno
cambiando le proprie abitudini. Ripiegano per i propri acquisti sui negozi
cinesi (soprattutto per quanto concerne l’abbigliamento) e scelgono prodotti di
scarsa qualità, fanno scorte alimentari seguendo le offerte promozionali dei
discount e coltivano il pezzo di terreno ricevuto in eredità dal nonno per avere
frutta e verdura di buona qualità a basso costo.
Molte volte quando scrivo o parlo di decrescita, qualcuno di fronte al
progressivo impoverimento delle famiglie italiane sottolinea che la decrescita è
già in atto e non si tratta in fondo di una gran bella cosa. Confondere
l’impoverimento con la decrescita è un atteggiamento abbastanza comune e tutto
sommato comprensibile per chi non abbia approfondito l’argomento ma rischia di
creare una confusione di fondo in grado di far perdere ogni coordinata.
L’impoverimento e la decrescita non hanno nulla in comune, anche se una delle
tante risultanti di entrambe le situazioni può essere costituita dal ritornare a
coltivare l’orticello ereditato dal nonno, pratica comunque virtuosa in sé a
prescindere dalle motivazioni che hanno indotto la scelta.
L’impoverimento è una situazione imposta dalla congiuntura economica che
determina un decadimento del benessere individuale. L’impoverito è costretto ad
acquistare merci a basso costo di qualità scadente, importate da paesi a
migliaia di km di distanza. L’impoverito deve basare la propria alimentazione
sulle offerte promozionali dei discount, a fronte di viaggi in auto alla ricerca
della promozione più alettante e di prodotti che spesso arrivano da molto
lontano, dalle dubbie qualità sia sotto l’aspetto organolettico sia dal punto di
vista nutrizionale. L’impoverito è costretto ad operare delle rinunce che
mettono a repentaglio il suo benessere e la qualità della sua vita, solamente al
fine di ottenere un risparmio monetario che possa permettergli di sopravvivere.
La decrescita (a prescindere dal fatto che si tratti di quella teorizzata da
Serge Latouche o di quella “felice” praticata da Maurizio Pallante) non mira a
diminuire il benessere delle persone, ma al contrario si propone di migliorarlo
ed accrescere la qualità di vita dell’individuo.
La decrescita non passa attraverso l’impoverimento, tenta semplicemente di
ridurre la dipendenza delle persone dall’economia rendendole più libere ed
autosufficienti senza deprivarle assolutamente del loro benessere. La decrescita
pretende la ristrutturazione degli edifici in funzione del loro rendimento
energetico, creando in questo modo posti di lavoro e risparmi dei consumi. La
decrescita persegue il miglioramento della rete di distribuzione dell’energia,
un miglioramento in grado di creare occupazione e taglio degli sprechi
energetici. La decrescita privilegia la filiera corta ed i prodotti locali in
un’ottica di ridotta movimentazione delle merci, risparmio economico e
miglioramento della qualità degli stessi. La decrescita non mira a ridurre il
potere di acquisto dei salari ma al contrario intende integrarlo attraverso l’autoproduzione,
lo scambio ed il dono che permettono di ridurre il numero di beni dei quali è
necessario l’acquisto sotto forma di merci.
La decrescita si oppone alla società globalizzata dove persone sempre più povere
sono costrette ad acquistare merci sempre più povere (il cui costo è determinato
in larga parte dal loro trasporto inquinante per migliaia di km) e propone una
società a misura d’uomo dove sia possibile riscoprire il senso della comunità,
ricostruire rapporti conviviali, privilegiare la qualità alla quantità ed al
gigantismo. La decrescita vuole ridare un senso al lavoro interpretandolo come
valorizzazione delle qualità dell’individuo, del suo estro e della sua
creatività finalizzato a “creare” qualcosa di utile, in netta contrapposizione
con lo svilimento attuale del mondo del lavoro, costituito in larga parte da
pratiche ripetitive e meccaniche di scarsa utilità (i call center rappresentano
un esempio su tutti) in grado di produrre solo alienazione e salari
insufficienti a garantire una sopravvivenza dignitosa.
L’impoverimento rappresenta semplicemente il futuro di un modello di sviluppo
basato sulla crescita infinita dei consumi che nel momento in cui i consumi
cessano di crescere inizia a creare esclusione sociale e precarietà, esattamente
il contrario della decrescita che si muove per evitare che tutto ciò accada.
Marco Cedolin -
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