Gli
abitanti della capitale sanno bene che la loro città può regalare singolari
giornate di caldo e cielo terso, tra il primaverile e l'estivo, anche in pieno
ottobre. Le chiamano infatti le "ottobrate romane", che spesso hanno trovato
spazio anche nella letteratura e nella poesia. Oggi è stata una di queste. Quale
migliore auspicio per il ritorno in piazza della sinistra, dopo il tracollo
elettorale di aprile, di un sole caldo e un'aria mite, che sembrano venuti in
soccorso di militanti, leader di partito e associazioni concentratisi nella
città eterna per protestare contro il governo? Nessuno, forse. Ed infatti il
clima dolce ha portato bene alla manifestazione che ha sfilato per le strade del
centro: circa 200mila è il numero reale che riassume la partecipazione di un
popolo che torna a far sentire la sua voce dopo averla persa in Parlamento solo
pochi mesi fa.
Non stupisce quindi la soddisfazione dei partiti dell'ex Arcobaleno, i cui
leader hanno aperto il corteo sfilando dietro lo striscione a fianco dei
rappresentanti dei movimenti e delle associazioni, promotori a luglio
dell'appello da cui è nato l'appuntamento di oggi. Se ne vedono tanti di
politici confusi tra la folla, con i volti sorridenti a scansare le bandiere che
finiscono sul viso per il vento. E di bandiere ce ne sono: PdCI, Prc, Sd, Verdi,
Idv (poche in realtà), No dal Molin, No Tav, Il manifesto (con la redazione
imbavagliata dietro uno striscione per ricordare la mannaia che il governo sta
per scagliare sull'editoria cooperativa, mettendo a rischio il pluralismo
dell'informazione). Un fiume molto giovane per partecipazione, che avanza
invocando soprattutto la difesa della scuola, tema particolarmente sentito da
questo popolo della sinistra che della sfida culturale ha sempre fatto un
proprio pilastro ideologico di riferimento. Ma anche per chiedere diritti sul
lavoro, la fine del precariato come condizione perpetua, il sostegno alle fonti
alternative, il rispetto della giustizia e della democrazia: chiedere tutto, si
diceva un tempo.
Colpisce però il silenzio. Il corteo di oggi non gridava, non cantava, non
urlava. O comunque se lo ha fatto è stato per poco e in pochi sporadici momenti.
Forse bisogna trovare parole nuove e un nuovo vocabolario per rispondere a
questo passaggio storico così difficile, con le destre al governo e la
recessione a minacciare il mondo, mentre la sinistra deve ricercare altri canali
per farsi sentire e per supplire all'afonia istituzionale, alla quale è stata
costretta in aprile e nelle urne da questo stesso popolo sceso oggi in strada a
protestare. Ma se pure c'è lontananza tra elettori ed ex eletti, e se il passato
fallimentare pesa nella relazione tra dirigenti e militanti, oggi si tenta di
ricompattare le file dell'opposizione a Berlusconi. A livello anche politico e
allargato. Non è un caso quindi che nel serpentone ci si imbatta in Livia Turco
e Vincenzo Vita, cioè nell'anima di sinistra del Pd, che invece scenderà in
piazza il 25 ottobre. Così come non è un caso che al lato del corteo spunti un
sorridente Fausto Bertinotti (firmatario per altro dell'appello), impegnato a
stringere mani e offrire abbracci, ma anche contestato dai Giovani comunisti che
lo salutano provocatoriamente come "qualcuno che ritiene il comunismo una parola
indecente".
Divisioni,
certo, ce ne sono. Per Rifondazione in particolare il presente non deve essere
facile se Vendola e Giordano scelgono di sfilare accanto al movimento di Claudio
Fava, dietro lo striscione "Per la Sinistra", di fatto evitando l'incontro con
il segretario o Claudio Grassi che aprono il corteo. Ma si sapeva e si è saputo
fino a ieri, dopo la polemica sull'annuncio dato da Diliberto in merito alla
corsa comune alle elezioni europee, la quale ha portato l'area dei
giordano-vendoliani, per l'occasione capeggiati da Migliore, a gelare il
segretario del PdCI ma anche a frenare la propria maggioranza interna. Con la
pronta reazione, anche oggi e nonostante oggi, di Marco Rizzo, il quale
suggerisce a "Vendola e agli anticomunisti come lui, Migliore e Bertinotti" di
fare le valigie: "Se ne vadano dal Prc altrimenti non saremo mai alternativi al
Pd e ai padroni", ha detto l'esponente del PdCI.
Polemiche a parte, la manifestazione è andata bene, soprattutto tenendo conto
che sei mesi fa questi partiti e queste forze hanno smarrito due milioni di
voti. Ed hanno quindi da commentare soddisfatti i protagonisti: militanti e
esponenti politici. "E' importante perché ridà voce alla sinistra", "dimostra
che ci siamo in questo deserto dei tempi", ha detto l'ex presidente della Camera
Bertinotti riferendosi alla piazza. Mentre per il segretario PdCI Diliberto "la
soddisfazione più grande è vedere tantissime bandiere nostre e di Rifondazione
mischiate per una prova di legittima resistenza contro governo e Confindustria":
un chiaro riferimento a quanto proposto ieri, sollevando mille polemiche, in
merito alla corsa comune in Europa. Per Ferrero l'11 ottobre "segna la fine
della ritirata dopo mesi di conflitti e congressi", mentre per Fava "occorre
tornare a fare opposizione politica e sociale nel Paese", ma non "con carezze,
bensì con il rigore della propria battaglia", che deve tener conto della
sconfitta di "ogni ritorno al nucleare", per privilegiare "l'energia rinnovabile
e la difesa dei beni comuni, come l'acqua", ma anche "la difesa delle basi della
democrazia...in un paese che appare rimberlusconito", gli fa eco la
coordinatrice dei Verdi Grazia Francescato.
Il punto è che questo fiume rosso marcia per dire che è "contro la distruzione
della scuola pubblica, contro un modello di lavoro che inneggia al precariato,
contro la politica fatta a misura e a piacimento del premier", quindi aspira a
fare e vedere opposizione. Come? In modo unitario. E questa istanza comune è
conosciuta dai dirigenti e dai leader che sfilano in corteo, non a caso Ferrero
avanza una proposta: quella di dar vita ad "un coordinamento di tutte le
opposizioni della sinistra, delle forze sociali e politiche. Inutile parlare di
costituente, questa è l'unica proposta unitaria percorribile". Un modo per
comunicare la rotta agli altri soggetti ma anche e soprattutto ai suoi, quelli
che spingono in direzione di un partito unico o almeno di un processo che muova
verso tale obiettivo. Non a caso replica Vendola: "Bisogna oltrepassare il senso
di frustrazione individuale". La costituente comunque, oggi e in questa
circostanza, non è terreno opportuno su cui confrontarsi: "Non rispondo a
polemiche intestine, quando qui c'è una domanda sociale. A me non pare
corretto", risponde il segretario. Fava le difficoltà non le nasconde, perché
pur essendo assieme in piazza, i partiti restano distanti su quale futuro li
aspetta: ci sono "due progetti politici diversi: quello di chi vuole un progetto
identitario, che riguarda la purezza dei comunisti, e chi come noi si batte per
costruire una sinistra civile e sociale per costruire in Italia un partito di
sinistra popolare, democratica e rigorosa". E questo è vero, ma forse è meglio
parlarne domani. Oggi ci si goda questo bel sole e questo popolo, trovando
unione, ancora una volta, contro quello che è sicuramente per tutti un
antagonista pericoloso: Berlusconi.
Marzia Bonacci
http://www.canisciolti.info
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