Ora
basta, con la cultura del sospetto si sta davvero esagerando. Ma credete davvero
che un giurista, un uomo di legge del calibro dell’on. avv. Niccolò Ghedini
inserirebbe mai nel pacchetto sicurezza un codicillo di 13 righe che favorisce
il suo cliente più illustre, Silvio Berlusconi? Ma andiamo, via. E’ vero che
l’idea di affidare il pacchetto proprio a lui, lasciando inoperosi tutti i
giureconsulti che impreziosiscono il governo - da Alfano a Calderoli, da Maroni
alla Carfagna, senza dimenticare la Brambilla, esponente della scuola
giurisprudenziale autoreggente - potrebbe ingenerare qualche malignità.
Qualcuno potrebbe persino malignare sul fatto che l’unica emergenza sicurezza
che sta a cuore a Ghedini è quella del Cainano, imputato per corruzione
giudiziaria del testimone Mills e per falso in bilancio, appropriazione indebita
e frode fiscale nel processo Mediaset. Ma, conoscendo quel pezzo d’uomo dell’On.
Avv., siamo pronti a giurare che il codicillo che allunga i processi di un paio
di mesi (nel testo iniziale erano addirittura 2 anni) per dar modo all’imputato
di decidere con comodo se patteggiare anche a fine dibattimento e rinviare la
sentenza del processo Mills a dopo le ferie, quando il reato sarà caduto in
prescrizione, è stato studiato soltanto al nobile scopo di abbreviarli, i
processi. E poi - come lui stesso ha osservato, giustamente ferito da tutti quei
sospetti seminati da decine di esponenti dell’opposizione irresponsabile e
malfidata (cioè da Di Pietro) - vi pare possibile che un presidente del
Consiglio possa patteggiare? Che figura farebbe agli occhi della comunità
internazionale, da sempre abbagliata dalla sua cristallina moralità, dalla sua
purissima innocenza, dalla sua immacolata reputazione? Sarebbe un colpo mortale
alla sua immagine.
A parte il fatto che il processo si bloccherebbe anche se chiedesse di
patteggiare Mills, qualcuno potrebbe obiettare che non sarebbe la prima volta
che il Cainano chiede di patteggiare: il 27 giugno 1999, preceduto da una visita
dialogante del fido Marcello Pera al procuratore D’Ambrosio, il Caimano
travestito da agnellino salì le scale del palazzo di giustizia di Milano per una
presentazione spontanea, accolto dai pm Ielo e Greco. Consegnò un memoriale di
sei pagine, con una prima, timida ammissione: nelle sue società c’erano state
“carenze organizzative e apparenti difetti di trasparenza”. Una rivoluzione
copernicana per chi, fino al giorno prima, gridava al complotto, dipingeva il
suo gruppo come un tempio di legalità e irrideva a ogni accusa dei pm (“Fondi
neri? Gli unici che conosco sono quelli delle tazzine da caffè”). Fuori verbale,
lasciò addirittura capire di essere disposto a patteggiare, per il mare di fondi
neri (1500 miliardi di lire su 64 società off-shore nei paradisi fiscali)
contestati nei processi All Iberian 1 e 2. Restava solo da stabilire il quantum.
I suoi legali proposero meno di 3 mesi di reclusione, convertibile in una comoda
pena pecuniaria di poche decine di milioni. Troppo poco, per la Procura: sia
alla luce della gravità delle accuse, sia per l’impossibilità tecnica di
accontentare l’illustre imputato. Per quei falsi in bilancio, quand’erano ancora
reato, si partiva da una pena base minima di 1 anno, che con le attenuanti
generiche scendeva a 8 mesi; con l’ulteriore attenuante del risarcimento del
danno, passava a poco meno di 6 mesi e, con lo sconto del patteggiamento, a 4.
Ma, per trasformare il carcere (virtuale) in multa, bisognava scendere sotto i
3. Pene comunque irrisorie, che nessun giudice avrebbe mai avallato. Così la
trattativa si arenò dopo qualche mese. E subito, come per incanto, l’agnellino
tornò Caimano, riprese la guerra ai giudici e, rientrato a Palazzo Chigi nel
2001, sistemò la faccenda depenalizzando il falso in bilancio. Con una legge
scritta anche da Ghedini.
Ecco, oggi qualcuno potrebbe obiettargli tutto ciò, se qualcuno ricordasse
qualcosa. Ma per fortuna nessuno ricorda più nulla, e l’amnesia è il miglior
viatico per il dialogo. Che, sia chiaro, deve proseguire. O vogliamo rischiare
che entro l’estate, con tutti i problemi che già ha ereditato dalla sinistra -
dai rom ai clandestini, dal buco nell’ozono alla monnezza, dall’Alitalia alla
Costituzione, dal Codice penale all’Europa - quel pover’uomo venga pure
condannato per corruzione di un testimone? Basta dunque con questi attacchi
strumentali del Pd all’avvocato Ghedini e al suo illustre cliente per l’ennesima
legge ad personam. Qualcuno obiettera: ma nessuno, nel Pd, ha attaccato Ghedini
e il suo illustre cliente per l’ennesima legge ad personam. Appunto, ma non si
sa mai. Meglio prevenire.
Marco Travaglio - Ora d'aria da L'Unità, 21
maggio 2008
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Archivio Nuovo governo Berlusconi
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