Il secondo punto forte del disegno di legge Gasparri riguarda i limiti
antitrust per la raccolta pubblicitaria. Qui il ministro dà il meglio di sé.
A prima vista, la nuova norma sarebbe ancor più rigorosa della vecchia. Ora
il tetto di raccolta è fissato al 20 per cento. Con la vecchia norma invece
si poteva arrivare fino al 30 per cento (limite peraltro regolarmente
sforato sia da Rai sia da Mediaset). Ma il trucco c'è, e si vede. La
Gasparri stabilisce che la barriera del 20 per cento non sia calcolata in
base a quanto il mercato radiotelevisivo è in grado di incassare (pubblicità
per Mediaset, pubblicità più canone per la Rai). Il conteggio del 20 per
cento va invece fatto su un paniere molto più ampio. Visto che la Gasparri
permette, pur con qualche limitazione, ai proprietari di tv di possedere
anche giornali, radio, imprese editoriali, siti internet, sale
cinematografiche, case di produzione e così via, nasce il «Sic»: Sistema
integrato delle comunicazioni.
Mediaset non deve quindi rispettare un limite antitrust calcolato sul valore
del mercato radiotelevisivo. Deve farlo sulla base del Sic. Cioè rimanere
sotto il 20 per cento delle entrate totali garantite da un contenitore
enorme, del quale fanno parte pubblicità nazionale e locale,
sponsorizzazioni, televendite, offerte televisive, vendite di beni,
produzioni, abbonamenti e molto altro. Il problema è che nessuno sa a quanto
esattamente ammonti questo fantomatico, incalcolabile Sic.
Spiega
Giovanni Sartori sul «Corriere della Sera»: «La
legge Maccanico stabiliva un tetto del 30 per cento del
mercato per ciascun operatore. La Gasparri fa scendere al 20 per cento
questo tetto, ma (ecco il trucco) amplia a dismisura il paniere delle
risorse che lo vanno a determinare. Il 30 per cento di 100 è 30; ma il 20
per cento di 200 è 40. Così Berlusconi si tiene tutto e può anche crescere
in pubblicità». Di quanto? Le stime tra gli esperti divergono. Secondo «Il
Sole 24 Ore», «il Sic consente al gruppo Mediaset una crescita valutabile
attorno a 1,2-1,7 miliardi di euro».
Fedele Confalonieri è
ancor più ottimista. Inizialmente si lamenta perché il tetto è troppo basso.
Poi una volta approvata definitivamente la legge (com'era il Sic addirittura
ridotto nella sua portata dopo le censure dell'intervento di Ciampi),
dichiara: «Le prospettive di ricavi in più sono nell'ordine di 1-2 miliardi
di euro».
C'è poco da meravigliarsi. L'idea del Sic, infatti, non è di Gasparri. È
degli avvocati
Cesare Previti e
Aldo Bonomo,
rispettivamente braccio destro di Berlusconi e presidente della Fininvest. I
due, già nel 1988 - come rivelerà alla Camera il diessino
Antonio
Soda - sostengono, in una memoria inviata alla Corte costituzionale
per conto di
Publitalia, che «per misurare il vero grado di
concentrazione del gruppo
Fininvest non ci si può limitare
a considerare il mercato della pubblictà televisiva; occorre assumere a
parametro l'intero mercato della comunicazione commerciale». Il Sic l'ha
inventato il gruppo Berlusconi. Gasparri l'ha solo tradotto in legge.
Decreto salva-Rete4
Il 5 dicembre 2003 la legge Gasparri arriva sul tavolo del capo dello
Stato. Che, dieci giorni dopo, decide di non firmarla perché spiega il
presidente alle Camere - «alcune parti della legge - per quanto attiene al
rispetto del pluralismo dell'informazione - appaiono non in linea con la
giurisprudenza della Corte costituzionale». Berlusconi non si scompone. Come
prima mossa emana un decreto che salva la sua rete fuorilegge dal rischio -
espressamente previsto dalla sentenza della consulta a partire dal 31
dicembre 2003- di finire sul satellite, causando una gravissima diminuzione
degli introiti pubblicicari. Il decreto del presidente del Consiglio è
l'apoteosi del conflitto d'interessi (ma in ogni caso, in quel momento, la
legge Frattini non è ancora in vigore). Sarà convertito in
legge solo grazie a una mozione di fiducia, per mettere in riga alcuni
alleati riottosi.
Intanto la legge Gasparri, con un paio di modifiche di poco conto, va
avanti. Il Senato approva la seconda versione in via definitiva il 29 aprile
2004. Commenta ancora Sartori: «È una legge spudorata... La sostanza è, e
resta, che da ora in poi l'impero mediatico di Sua Emittenza non è
riconducibile e nemmeno fermabile; sarà un impero in espansione continua...
Dicevo che la legge Gasparri è spudorata intendendo che chi la vota si
dovrebbe vergognare. Ma è anche, oggettivamente, una legge micidiale. Ci
occorreva una legge che salvasse il pluralismo dell'informazione e, invece,
ci viene servita una legge che aiuta Berlusconi a distruggerlo»."
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