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15/06/2006 Padoa Schioppa, Ministro dell’ Impero (Claudio Celani, Movimento Solidarietà, http://www.movisol.org)
15 giugno 2006 – Tommaso Padoa Schioppa, il nuovo ministro
dell’Economia, appartiene alla setta dei sostenitori di un sistema di governo
imperiale del mondo. I membri di questa setta sono uniti da un odio viscerale
nei confronti del Trattato di Westfalia del 1648, che pose fine alle guerre di
religione europee e gettò le basi per il sistema di diritto internazionale
basato sull’indipendenza e la sovranità nazionale. Padoa Schioppa e i membri
della sua setta sostengono che quel trattato, poiché segnò la nascita degli
stati nazionali, fu l’inizio di un percorso che portò alle due guerre mondiali.
Essi confondono la nazione con il nazionalismo. Basta leggere il testo del
Trattato di Westfalia per smontare queste critiche. Esso stabiliva, nel suo
primo articolo, che “la pace deve essere onestamente e seriamente salvaguardata
e nutrita, in modo che ogni parte promuove il vantaggio, l’onore e il beneficio
dell’altra.” Esso stabiliva, cioè, una comunità di nazioni basata sul principio
che ogni membro della comunità aveva il diritto di svilupparsi compiutamente
secondo i propri interessi, e il dovere di promuovere lo stesso sviluppo negli
altri membri della comunità.
Nel suo ultimo libro (Europa, una pazienza attiva), Padoa Schioppa si scaglia
più volte contro il Trattato di West-falia usando argomenti falsi e
superficiali. Lo fa citando il Gran Maestro della setta, l’ex consigliere di
Tony Blair George Cooper, oggi direttore generale degli affari esteri e politici
per il Consiglio dell’Unione Europea e primo consigliere del responsabile di
politica estera dell’UE Javier Solana. Cooper, scrive Schioppa, “ritiene che il
1989 abbia rotto il corso della storia europea (e forse planetaria) assai più
profondamente di altri anni simbolo, quali il 1789, il 1815 o il 1919. Il 1989,
infatti, non solo pone termine alla guerra fredda; segna anche il collasso
finale del sistema che la Pace di Westfalia aveva instaurato nel 1648. In quel
sistema, la pace riposava sull’equilibrio delle forze e sulla non interferenza
tra stati”. Falso, come abbiamo visto: la pace di Westfalia riposava su un
principio attivo, sulla promozione del bene comune tra le nazioni. Schioppa
continua: “Era illusoria, mero stato di non-guerra, e nel XX secolo le sue
precarie condizioni di sussistenza sono venute meno del tutto per l’avvento di
una potenza continentale di forza esorbitante (la Germania), di una tecnologia
che innalzava a dismisura il costo della guerra, di una società di massa che
aveva trasformato la guerra in scontro non di eserciti ma di popoli”. Altre
falsità. A parte il fatto che, anche se fossero vere le premesse di Schioppa,
una pace che dura quasi trecento anni non è poi da buttare; non fu la forza in
sé della Germania a scatenare le due guerre mondiali, né la tecnologia o lo
scontro tra i popoli. Furono le oligarchie europee, la monarchia inglese in
testa, e non solo la Germania, a scatenare la prima guerra mondiale e a gettare
i semi per la seconda. Fu proprio la “costosa” tecnologia a permettere agli USA
di rovesciare le sorti del conflitto e diventare l’”arsenale della democrazia”,
e quanto alle guerre di popoli, fu proprio la Pace di Westfalia a impedirle per
quasi tre secoli.
“Da ambedue le parti dovrà essere dimenticato e perdonato tutto per sempre”,
recita il secondo paragrafo del Trattato del 1648 riferendosi agli orrori delle
guerre. Ma per Padoa Schioppa, “riprodotta su scala globale, la logica
westfaliana è molto più distruttiva che nel secolo e mezzo del dominio europeo”,
ed “è ragionevole ritenere che il pericolo della guerra sia insito nella
sovranità stessa”.
Trovato il nemico, la sovranità, occorre sconfiggerlo. Ma la formula è a portata
di mano. “Secondo Cooper, la formula – generatrice di un nuovo ordine di pace
che egli chiama post-moderno – è quella elaborata nel secondo dopoguerra proprio
dall’Europa, che la sta applicando con successo in campi vitali come le
relazioni economiche e la sicurezza”. Dunque, l’Unione Europea come stato
sopranazionale? Padoa Schioppa respinge a parole l’idea di un Superstato
europeo, ma poi nei fatti è proprio quello che va cercando. Infatti, premesso
che il Patto di Stabilità è già “un’espressione straordinariamente forte di
potere soprannazionale, una disposizione che non troviamo nemmeno in federazioni
mature, in unioni politiche in piena regola”, Padoa Schioppa argomenta la
necessità che si formi anche il governo politico dell’Europa, con l’introduzione
del voto a maggioranza tra i membri dell’Unione. Egli si rammarica che la
cosiddetta Costituzione Europea sia stata bocciata, ma non è un gran male dato
che, dal quel punto di vista, non serviva a niente. Suggerisce che essa venga
riscritta e “migliorata”, abolendo il diritto di veto dei governi e permettendo
il passaggio effettivo dei poteri al Parlamento europeo e alla Commissione come
governo espresso da esso. Per aggirare le maggioranze elettorali nazionali, si
faccia il prossimo referendum su scala europea. Nel suo zelo apologetico,
tracciando la storia del “sogno europeo” e dei cosiddetti Padri Fondatori
dell’Europa, Schioppa si fa sfuggire che per taluni di essi “anche la Spada di
Satana, come la definì Luigi Einaudi, poteva apparire un mezzo tollerabile per
unire l’Europa e contribuì al favore con cui l’invasione tedesca fu accolta in
molti Paesi europei. Raramente si parlò tanto di Europa unita quanto nella
Germania di Hitler”. Un lapsus? Forse freudiano.
Guardiamo a quello che dice Cooper, con cui Padoa Schioppa è in disaccordo solo
quando afferma che l’Europa avrebbe già raggiunto la forma efficace di stato
soprannazionale. Nel testo citato da Schioppa, La fine delle nazioni, Cooper si
spinge ben più in là nella critica agli stati nazionali, fino a sostenere la
necessità degli imperi come forma ideale di sistema politico. In verità, Padoa
Schioppa stesso fa un cenno al tema, quando scrive: “Che l’identità nazionale
sia l’unico valido fondamento di un ordine politico è contraddetto
dall’esperienza storica”. Ma Cooper è molto più esplicito. Sentiamo:
“L’impero è storia. Tutto ciò che sappiamo della storia, dall’impero Sumero a
quello Babilonese, da quello Egiziano a quello Assiro, e poi la Persia, la
Grecia, Roma, Bisanzio, le dinastie cinesi, l’impero carolingio, il Sacro Romano
Impero, l’impero Mongolo e quello Asburgico, gli imperi spagnolo, portoghese,
britannico, francese, olandese e tedesco, l’impero sovietico, più tanti altri
che abbiamo dimenticato, tutto sta a suggerire che la storia del mondo è la
storia dell’impero...”.E ancora: “Rispetto all’impero lo stato nazionale è un
concetto nuovo. Il piccolo stato cominciò ad emergere nel Rinascimento e la
nazione diventò un fattore politico importante solo nel XIX secolo. Da allora lo
stato nazionale è stato per lo più confinato ad una ristretta parte del globo.
Non è un caso che questa sia stata anche la parte più dinamica. La mancanza
dell’impero però non ha precedenti storici. Resta da vedere se può durare. Vi
sono ragioni sia teoriche sia pratiche per ritenere che non durerà” perché “un
mondo di stati nazionali presenta un problema pratico “.Secondo Cooper,
“sembrano esservi tutte le condizioni per un nuovo imperialismo. Vi sono paesi
che hanno bisogno di una forza esterna per la stabilità (recentemente una
manifestazione in Sierra Leone chiedeva che si facesse ritorno alla dominazione
britannica) ... Un sistema in cui il forte protegge il debole, in cui chi è più
efficiente e meglio governato esporti stabilità e libertà, in cui il mondo è
aperto agli investimenti ed alla crescita rappresenta qualcosa di decisamente
desiderabile”.
Ed ecco il clou: “La forma di espansione imperiale che consente il massimo
allargamento è quella dell’Unione Europea”. Cooper raccomanda che l’EU si evolva
in una nuova struttura chiamata “impero cooperativo” sul modello dell’antica
Roma. Il 7 aprile 2002 Cooper ripeté gli stessi concetti in un articolo per il
grande pubblico, sull’Observer, intitolato “Il nuovo imperialismo liberale”, in
cui caldeggiò il ritorno a strutture imperiali e neocoloniali da XIX secolo. Un
mese dopo, fu nominato all’alta carica in seno all’UE che attualmente ricopre.
Ciò dimostra non solo una strategia imperiale britannica per il continente
europeo, ma anche l’influenza di reti sinarchiste sovrannazionali, associate a
gruppi come il Bilderberg, nella struttura della UE.
I quindici punti
Padoa Schioppa (come altri, ad esempio Amato), polemizza con Cooper su
questioni secondarie, ma non ne sfidano gli assiomi di base. Anzi,
sintetizzandone le idee, tace su quella che è l’dea centrale. Sarebbe come
scrivere un riassunto di Pinocchio senza dire che è un burattino, o una critica
di Joseph de Maistre senza parlare della sua esaltazione della figura del boia
(lo ha fatto il monarchico neosenatore della Margherita Domenico Fisichella).
E invece l’idea del sistema imperiale è l’idea alla base del sistema di
Maastricht e dell’Euro. Un nuovo sistema imperiale governato dai potentati
finanziari. E allora, tutte le tessere si collocano al loro posto. Si capisce la
BCE, si capiscono le pressioni esercitate dai “mercati”, si capisce perché Padoa
Schioppa, a poche settimane dal voto, ha scritto assieme ad altri membri
dell’Istituto Affari Internazionali (una filiazione del Royal Institute for
International Affaire di Londra), un programma di quindici punti che “sarebbe
auspicabile tenere fermi, qualunque schieramento vinca la sfida elettorale della
primavera”. Il primo punto è il postulato da cui dipendono gli altri
quattordici, come corollari in un sistema geometrico: “Consolidare la nostra
partecipazione all’euro. Non si tratta solo di smetterla con le parole in
libertà, di lamentare il nostro ingresso nell’euro o addirittura di ventilare
un’uscita. Occorre soprattutto una più forte presa di coscienza delle scelte di
fondo che l’economia e la politica economica debbono effettuare affinché
l’Italia adatti il proprio modello di sviluppo alla competizione nel mercato
unico e nell’economia globalizzata”. Il punto due quindi parla di “applicazione
rigorosa del Patto”, il punto tre di “completamento del mercato unico europeo
anche nei settori dei servizi e delle utilities” (do you remember Bolkestein?) e
così via. Notevole il punto 9, “Sostenere e specializzare la difesa italiana”.
Vi si chiede di “superare, a livello europeo, l’attuale distinzione tra impegni
e spese ‘per la difesa’ e ‘per la sicurezza’ e ripensare gli strumenti militari
europei in funzione di una maggiore integrazione civile/militare”. Significa
che, come già fa l’America per la “guerra al terrorismo”, le forze armate
saranno chiamate a svolgere funzioni di polizia. Una volta, la sinistra avrebbe
gridato al golpe.
Claudio Celani>
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