Una politica economica efficace dovrebbe dare un robusto stimolo fiscale
oggi, in termini di ammortizzatori sociali e riduzioni di imposte,
controbilanciato da risparmi strutturali nel medio periodo. Risultato che si
può ottenere aumentando gradualmente l'età pensionabile già dal 2009 e
riducendo i privilegi di cui godono ancora troppe categorie. Ma esistono le
condizioni politiche per un simile compromesso? Un principio di equità
intergenerazionale imporrebbe che chi beneficia oggi degli stimoli fiscali
non trasferisca i debiti alle generazioni future.
L'articolo
di Luigi Guiso del 3 dicembre 2008 coglie con molta efficacia le
deficienze della politica economica del governo. Non so se Tremonti
sia rimasto folgorato sulla via di Maastricht, dopo le regalie alla
Cai e l'abolizione dell'Ici, ma in ogni caso il problema della
sostenibilità del debito pubblico tenderà ad aggravarsi per
le ripercussioni della crisi internazionale. CONSEGUENZE DELLA CRISI
I governi che in tutto il mondo stanno accollandosi le passività
del settore finanziario e tentano di sostenere l'economia reale con
stimoli fiscali, immetteranno sul mercato una tale valanga di
titoli da rendere lecito il dubbio se esista oggi al mondo un
massa di risparmio sufficiente a coprire questo fabbisogno, a tassi
ragionevoli. I paesi con forti surplus di partite correnti e quindi di
risparmio, in primis Cina e paesi del Golfo arabico, devono
fronteggiare i loro problemi interni e non saranno in grado di
assorbire trilioni di dollari (o di euro) di nuovo debito pubblico.
Per attirare risparmio i tassi a lunga dovranno, prima o poi, risalire
dai livelli di oggi. Per di più gli investitori saranno estremamente
selettivi con gli emittenti sovrani. Già oggi gli spread sul debito
pubblico italiano sono a livelli preoccupanti, e dunque non è il caso
di aggravare la posizione già precaria dei nostri conti pubblici,
(visto anche il persistente nervosismo che accompagna le aste di bond
in alcuni paesi di Eurolandia).
Il punto cruciale, tuttavia, come sottolineava Guiso, è che “il
governo non ha né una politica fiscale proporzionata al ciclo che si
sta attraversando né una politica fiscale di stabilizzazione
strutturale per il medio termine adeguata al gravissimo indebitamento
del paese”. In altri termini, una politica economica efficace e non
estemporanea dovrebbe dare un robusto stimolo fiscale
oggi controbilanciato da risparmi certi e strutturali
nel medio periodo.
RIVEDERE IL SISTEMA PENSIONISTICO
Esiste un modo efficace e credibile per conseguire questo
equilibrio inter-temporale: rivedere il sistema pensionistico. Una
tale scelta certo richiederebbe notevole coraggio politico, dati i
precedenti, ma i tempi e la gravità della crisi potrebbero indurre
alla ragionevolezza. Gli oltranzismi potrebbero essere superati se si
legasse questa riforma a un taglio robusto delle imposte dirette e a
una estensione degli ammortizzatori sociali per chi ne è sprovvisto.
L'aumento graduale dal 2009 dell'età pensionabile per
arrivare ai livelli prevalenti nel resto d'Europa, nel giro di due o
tre anni ad esempio, si potrebbe realizzare in tempi brevi. In
seguito, si potrebbe procedere a eliminare i privilegi
di cui ancora godono molte categorie e infine rivedere formule e
coefficienti in modo da assicurare da subito l'equilibrio
tra contributi e benefici. Un principio di equità intergenerazionale
imporrebbe che chi beneficia oggi degli stimoli fiscali non
trasferisca i debiti alle generazioni future, ma quantomeno
contribuisca a pagare il conto.
Sembrerebbe che il sindacato si renda conto della gravità della
situazione, visto che suoi autorevoli esponenti lanciano allarmi sui
400mila posti di lavoro precari a rischio immediato, e i molti altri
il cui contratto scadrà nel 2009, quando la recessione dispiegherà gli
effetti più gravi. Quindi si potrebbe azzardare che oggi esistano le
condizioni politiche favorevoli a un compromesso, se
al sindacato stesse effettivamente a cuore la situazione dei precari,
e di tutti i lavoratori che rischiano il posto, e non si arroccasse
nella difesa di un sistema pensionistico insostenibile. Oltretutto, la
crisi non risparmierà certo chi è protetto dallo Statuto dei
lavoratori. Quando le aziende falliscono non c'è articolo 18 che
tenga.
Un ultima postilla sul federalismo fiscale e
l'equilibrio dei conti pubblici: non è questo il momento adatto per
fare un salto nel buio di tale portata. L'attuazione dei principi
vaghi e contraddittori approvati dal governo rischia di innescare un
contenzioso di durata imprevedibile tra vari pezzi dello Stato e di
conseguenza introduce una forte incertezza circa le ripercussioni sul
bilancio dello Stato. Non sembra proprio il caso di intestardirsi.
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