Nell’articolo
pubblicato su lavoce.info del 6 agosto, Tito Boeri e Marcello
Messori avanzano alcune proposte per favorire il decollo della
previdenza complementare, che, almeno alla luce dei primi dati disponibili
(21% di adesioni rispetto al 40% atteso),
non sembra riscuotere grande successo tra i lavoratori italiani. Le proposte
riguardano sostanzialmente l’accorpamento dei fondi pensione
contrattuali con più bassi tassi di adesione e l’incentivazione delle
adesioni collettive ai fondi aperti per i comparti con prevalenza di piccole
e medie imprese.
Grandi e piccoli fondi
L’obiettivo è quello di raggiungere dimensioni
efficienti per i fondi abbattendo i costi di gestione e rimuovendo
possibili barriere per i dipendenti delle imprese di minori dimensioni.
Questi interventi, oltre ad ampliare la platea dei possibili aderenti ai
fondi, potrebbero avere una ricaduta anche su un diverso, e altrettanto
importante, versante.
Si perdono ormai nella notte dei tempi le invocazioni agli investitori
istituzionali come protagonisti necessari per la definitiva maturazione dei
nostri mercati finanziari e tra questi il ruolo principale dovrebbero
giocarlo proprio i fondi pensione.
Probabilmente c’è un eccesso di aspettative verso questi soggetti che non
potranno certo fare miracoli, ma è indubbio che alcuni dei problemi che
tradizionalmente assillano la nostra finanza, primi fra tutti la ridotta
dimensione dei mercati e la chiusura degli assetti proprietari,
potrebbero trovare, come in parte testimoniano le esperienze europee,
soluzioni più agevoli. Lo sviluppo dei fondi potrebbe, poi, dare un
sostanzioso contributo a una reale ed effettiva tutela degli investitori:
il nostro
Testo unico della finanza è sicuramente una normativa avanzata su questo
terreno, ma la quasi totalità degli strumenti di protezione delle minoranze
e di controllo dell’operato del management non funzionano semplicemente
perché le minoranze organizzate hanno difficoltà proprio a organizzarsi. Ed
è completamente inutile, oltre che dannoso, progettare nuove regole se poi
non c’è nessuno che le utilizza: basta pensare al totale insuccesso della
sollecitazione delle deleghe assembleari.
Quando i fondi pensione fanno sentire la loro voce
I fondi pensione, dovendo normalmente agire in una
prospettiva di più lungo periodo, sono considerati i migliori candidati per
l’afflusso di grandi risorse sul mercato con investimenti nelle società
"consapevoli e interessati" e non puramente legati a logiche speculative.
Esiste una abbondante letteratura in materia, con accese discussioni circa
la reale capacità dei fondi di interpretare questo ruolo. Di recente, però,
sono usciti i risultati di alcune ricerche empiriche forse utili per
le scelte di policy in quei sistemi, come il nostro, in cui la previdenza
integrativa è agli albori.
Le prime indagini relative agli effetti sul mercato finanziario svedese
della riforma previdenziale del 2000 hanno verificato come la struttura
industriale dei fondi pensione abbia inciso sulle performance societarie
rilevando una correlazione positiva tra dimensione del fondo, dimensione
dell’investimento e valorizzazione delle azioni. In altri termini, più
grande il fondo, più consistente è stato l’investimento e più hanno
guadagnato i titoli. I risultati indicano l’importanza anche di altre
variabili, come ad esempio l’indipendenza nella gestione del fondo, che
caratterizza soprattutto quelli pubblici. Ma il dato più significativo
riguarda proprio il differenziale tra grandi e piccoli fondi. (1)
E un’altra ricerca, basandosi per la prima volta su una ricca banca dati di
un grande fondo pensione inglese, mette in rilievo, smentendo molte teorie
sulla passività di questi soggetti, l’"attivismo" nei confronti della
governance societaria e la conseguente valorizzazione dell’investimento.
È interessante notare come si tratti prevalentemente di interventi privati,
che cioè rimangono nella sfera di rapporti tra fondo e management, ma in un
contesto dove proprio l’esistenza di strumenti di protezione delle minoranze
attribuisce efficacia all’effetto "minaccia". (2)
Le occasioni perse
Questi riscontri non consentono conclusioni definitive,
anche perché il ricco filone di indagine sullo shareholder activism degli
investitori istituzionali non ha ancora raggiunto risultati uniformi.
(3) Rappresentano, però, un significativo punto di riferimento. La
scelta di incentivare economie di scala negli operatori della previdenza
integrativa per favorire l’affermarsi di un sistema dove la concorrenza si
coniughi con dimensioni efficienti e non comporti eccessi di frammentazione
tra i fondi, può avere effetti positivi sui mercati.
La dimensione non rappresenta, ovviamente, l’unico fattore che incide sulla
creazione di rapporti "virtuosi" tra fondi, mercati finanziari e governance
societaria. È una strada, questa, ancora lastricata di molte difficoltà, ma
non vi è dubbio che può incentivare le società partecipate a ricercare
assetti organizzativi più attenti alle (e rispettosi delle) esigenze
degli investitori.
La proposta di accorpare i fondi con più bassi tassi di adesione può, in
sostanza, generare operatori più forti e più ricchi, non solo interessati a
utilizzare gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, ma in grado
di divenire loro stessi fonte di autoregolamentazione definendo, e
anche qui esistono significative esperienze, criteri e standard di
comportamento degli emittenti che condizionano le politiche di investimento.
Tutto questo appartiene al futuro; qualcuno potrebbe dire, guardando la
nostra realtà, al mondo dei sogni. Sarebbe, tuttavia, la classica occasione
persa, della quale successivamente pentirsi, non creare tutti i presupposti
affinché anche un sogno possa realizzarsi.
(1) M. Giannetti, L. Laeven, "Pension Reform,
Ownership Structure, and Corporate Governance: Evidence from Sweden", Egci
Finance Working Paper, June, 2007, sul sito
www.ecgi.org
(2) M. Becht, J. Franks, C. Mayer, S. Rossi, "Returns to Shareholder
Activism. Evidence from a Clinical Study of the Hermes U.K. Focus Fund".
London Business School - Centre for Corporate Governance, Finance Working
Paper n. FIN 462, december 2006 sul sito
www.ecgi.org
(3) S.L. Gillan, L.T. Starks, "The Evolution of Shareholder Activism
in the United States", sul sito www.ssr.com
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