La capacità della Finanziaria 2007 di
incentivare i lavoratori privati a indirizzare il
Tfr ai fondi pensione
è ancora oggetto di dibattito, nel contempo il governo annuncia un
prossimo decreto per coinvolgere nello smobilizzo anche i dipendenti
pubblici per i quali l’operazione è più complessa. (1)
Il dibattito continua a soffrire di alcuni
limiti riguardo:
1) gli orizzonti temporali per il confronto
dei rendimenti;
2) il ruolo delle agevolazioni fiscali;
3) l’endogenità del Pil rispetto alle riforme
previdenziali.
I rendimenti
Ricostruiamo all’indietro nel tempo i
rendimenti netti che i fondi pensione negoziali avrebbero ottenuto se
avessero mantenuto la composizione media di portafoglio di fine 2004 su
archi di tempo pluridecennali, e confrontiamoli con il tasso di crescita del
Pil e con la rivalutazione netta del
Tfr. (2)
Il rendimento è al netto sia dell’imposta
sostitutiva dell’11 per cento (virtualmente estesa all’indietro e applicata
anche al tasso di rivalutazione del
Tfr) sia degli oneri onnicomprensivi di gestione, di cui si suppone
rimanga costante l’incidenza sul patrimonio del 2004.
Italia – Pil, fondi pensione e
Tfr a confronto
tassi su base annuale e in
capitalizzazione composta |
1969-2004 |
1982-2004 |
tasso di crescita medio reale del
PIL
(tasso di accumulazione nozionale
dei contributi nel pilastro pubblico)
|
3,4%
(11,5%) |
2,5%
(7,4%) |
tasso di rendimento medio reale
dei fondi pensione negoziali
(al netto delle spese di gestione
e dell’imposizione sull’accumulazione –
11%)
|
2,4%
(10,5%) |
5,3%
(10,2%) |
tasso reale di rivalutazione del TFR
(al netto dell’imposizione
sull’accumulazione –
11% come per i fondi; D. Lgs. n.
47/2000)
|
- 1,4%
(6,7%) |
- 0,3%
(4,6%) |
tasso reale di rivalutazione del TFR
nel caso
ipotetico
di perfetta indicizzazione all’inflazione
(idem)
|
0,4%
(8,5%) |
0,8%
(5,7%) |
nota: valori nominali tra parentesi;
tra il 1969 e il 1982 il
Tfr non è esistito e il suo tasso di rivalutazione è virtuale
fonte: elaborazioni Cerm su Covip (2005) e
Ocse (2006)
Pur nei limiti dell’esercizio, alcune
considerazioni sono possibili. Nel periodo 1982-2004, il rendimento reale
dei fondi è del 5,3 per cento e supera di 2,8 punti percentuali il
tasso di crescita del Pil. Considerando invece il periodo 1969-2004 il
rendimento scende a 2,4 per cento, un punto percentuale in meno rispetto al
Pil. Tuttavia, le dinamiche di crescita contenuta che hanno caratterizzato
gli ultimi quindici anni ci inducono a ritenere più verosimile il primo
degli scenari prospettati. Emerge comunque l’inefficienza del
Tfr, che offre un rendimento inferiore sia al tasso di crescita del
Pil sia al rendimento dei fondi, qualunque sia l’orizzonte temporale
considerato.
Il nuovo ruolo delle agevolazioni fiscali
Si deve aggiungere che i dati
sottostimano la performance dei fondi per due ragioni. In primo
luogo, il portafoglio medio del 2004 non necessariamente corrisponde alla
composizione ottima in termini di rischio/rendimento che una gestione
efficiente avrebbe realizzato anno per anno. Inoltre, quanto più è lungo
l’orizzonte temporale, tanto più incide il fattore di inefficienza, e questo
concorre a spiegare la differenza fra il rendimento dei fondi nei due
periodi temporali considerati.
In secondo luogo, si considera l’aliquota
agevolata sui rendimenti (al suo livello massimo pari a 11 per cento), ma
non le agevolazioni fiscali nella fase di contribuzione e di
godimento dei benefici.
Cerm stima che il complesso delle agevolazioni
può aumentare il tasso di rendimento annuo di 2-3 punti percentuali, a
seconda dell’aliquota marginale Ire. Se si introducesse una moderata
progressività nello schema impositivo dei pilastri privati, non solo la
convenienza allo smobilizzo sarebbe più chiara per tutti i lavoratori
dipendenti, ma si aggiungerebbero altri effetti positivi:
-
la redistribuzione premierebbe
gli investimenti in capitale produttivo;
-
gli incentivi sarebbero più
forti nelle classi di reddito medio-basse, dove la propensione al risparmio
è inferiore e maggiori saranno i problemi di adeguatezza della pensione
pubblica;
-
se ne gioverebbero le
occupazioni flessibili e discontinue, dove si concentrano i redditi
medio-bassi e i lavoratori più giovani. (3)
L’endogenità del Pil
Un aspetto ancor più importante è l’endogenità
del Pil alle riforme previdenziali.
Oggi, il risparmio previdenziale si accumula
quasi integralmente a tassi nozionali. (4) Così operano la
pensione pubblica e il
Tfr. (5) Così funzionerà il “fondo infrastrutture”
avviato dalla Finanziaria. Circa il 40 per cento del monte retribuzioni
lorde viene virtualmente accumulato ogni anno, per maturare rendimenti
virtuali.
Un ribilanciamento con iniezione di
capitalizzazione reale attraverso gli investimenti dei fondi può
sostenere la formazione di capitale e la crescita economica. Ciò è
urgente se si considera che: (a) negli ultimi anni si sono rafforzati i
segnali di una sottocapitalizzazione del sistema produttivo (vedi l’ultimo
Dpef, capitoli 3 e 4); (b) con l’invecchiamento della
popolazione, la propensione al risparmio tenderà a diminuire e le scelte di
portafoglio a divenire più liquide.
Il ricorso diffuso alla capitalizzazione
nozionale rende necessaria la ripartizione: infatti, così si finanziano il
sistema pensionistico pubblico, il
Tfr e il neonato “fondo infrastrutture”. (6) Negli anni Sessanta,
Settanta e primi Ottanta, la numerosità degli attivi rispetto agli anziani
ha permesso che si potessero finanziare a ripartizione pensioni generose.
Con l’inversione della piramide demografica i parametri sono cambiati: una
quota crescente dei redditi prodotti anno per anno è assorbita dal pagamento
delle pensioni. Si generano così effetti disincentivanti su offerta/domanda
di lavoro e su investimento/produzione. La teoria economica mostra come tali
effetti siano più che proporzionali rispetto al livello di pressione
fiscale-contributiva.
Utilizzata in proporzioni squilibrate, la
ripartizione tende a rallentare la crescita economica; per
questo motivo è necessario un ribilanciamento con il finanziamento
tramite liquidazione di investimenti effettuati ad hoc e che nel
tempo hanno concorso al processo produttivo.
Un nuovo modello
La capitalizzazione nozionale
estende a tutti l’accesso a uno stesso tasso di rendimento a rischio basso o
nullo, grazie al finanziamento a ripartizione e al patto intergenerazionale
su cui essa si regge. La ripartizione, inoltre, finanzia la perfetta
indicizzazione delle pensioni pubbliche all’inflazione. Per converso, sia la
capitalizzazione nozionale che la ripartizione fanno affidamento sui redditi
esistenti, non si “misurano” direttamente con le attività di investimento e
di produzione di ricchezza.
Al contrario, la
capitalizzazione reale non può assicurare un tasso di rendimento
garantito né l’acquisto di una rendita perfettamente indicizzata
all’inflazione, ma indirizza i capitali previdenziali verso le opportunità
migliori di rendimento/rischio, entrando direttamente nel processo di
produzione di ricchezza reale.
Il processo di invecchiamento
della popolazione fa venire meno le condizioni che avevano giustificato il
ricorso esclusivo alla capitalizzazione nozionale finanziata a ripartizione.
Su questo quadro di sfondo, è necessario
costruire un modello nuovo, fondato su un mix dei criteri di calcolo
e finanziamento, per produrre effetti positivi sia per il
lavoratore-investitore (i rendimenti) sia a livello aggregato (il Pil).
(7)
È solo all’interno di un modello
misto che possono trovare collocazione la riforma delle pensioni pubbliche,
il rafforzamento della
spesa assicurativa e assistenziale
(8),
l’avvio dei fondi pensione per il pubblico impiego su basi
finanziarie reali e non virtuali.
(1)
Al di là della trasformazione del trattamento
di fine servizio (Tfs) in
Tfr per gli assunti prima del 1° gennaio 2001, nel pubblico impiego il
vero “scoglio” è quello di rendere effettivi i flussi di
Tfr destinati ai fondi (da reperire nelle disponibilità della pubblica
amministrazione). Il versamento figurativo e l’accumulazione virtuale, oggi
previsti dalla normativa (
http://www.fondoespero.it/html/01.00.00.php e
http://www.uiltn.it/servizi/lab_fond/lab_fond.html), sono una
contraddizione nei termini, se l’obiettivo è quello di affiancare il
pilastro pubblico a capitalizzazione nozionale (finanziato a ripartizione)
con uno a capitalizzazione reale (finanziato con i “frutti” degli
investimenti). Vedi Inpdap (2006), “La
previdenza complementare dei dipendenti pubblici. Le particolarità e le
prospettive dopo il decreto n. 252/2005”,
Edizioni Franco Angeli; e Consiglio di vigilanza dell’Inpdap (2003), “Rapporto
sulla previdenza complementare nel pubblico impiego -
2003”; vedi anche l'opuscolo
informativo.
(2)
Per omogeneità con le modalità con cui Covip
calcola il rendimento reale dei fondi (rendimento medio nominale meno il
tasso di inflazione medio di periodo, vedi pagg. 87-90
della “Relazione
Annuale Covip per il
2004”,
il tasso di crescita reale del Pil è calcolato come quello medio nominale al
netto del tasso di inflazione medio di periodo. Se si partisse direttamente
dalla serie storica deflazionata del Pil (Ocse base 2000), i tassi di
crescita reali sarebbero inferiori in entrambi i periodi e pari,
rispettivamente, al 2,4 e all’1,9 per cento; di conseguenza, l’evidenza che
si desidera portare troverebbe anche maggior conferma. Si è scelto di
replicare il criterio di calcolo del rendimento reale dei fondi per
mantenersi prudenti nel comparare i tassi.
(3)
Vedi Cerm – Competitività, Regolazione, Mercati (2005), “Opting-out
previdenziale, smobilizzo del
Tfr e basi strutturali del pilastro privato”, Quaderno n. 4-05
(pagg. 36-38). E Cerm – Competitività, Regolazione, Mercati (2005),
“Non si
sottragga il
Tfr allo sviluppo del sistema pensionistico multipilastro”, Nota
Cerm n. 1-07. Vedi anche “Incentivazione
della previdenza privata e contenimento della tax expenditure”
Nota Cerm n. 5-04.
(4)
In tutti i casi in cui i benefici pensionistici si accumulano a un tasso di
rendimento che non è quello effettivamente, anno per anno, prodotto da
attività (finanziarie o reali) in cui si è appositamente investito,
si ha capitalizzazione nozionale. In tutti i casi in cui per pagare le
pensioni maturate non si ricorre alla liquidazione, al loro valore di
mercato, degli investimenti appositamente effettuati, si ha finanziamento a
ripartizione, perché le risorse devono essere reperite all’esterno del
vincolo di bilancio intertemporale del singolo.
(5)
La natura spuria del
Tfr rende possibili punti di vista diversi sulla sua classificazione.
Nella nostra interpretazione (differentemente che in Jappelli-Pagano), le
caratteristiche lo accomunano ai sistemi a capitalizzazione nozionale
finanziati a ripartizione:
-
l’offerta di capitali è
obbligatoria per legge e gli stessi non possono muoversi alla ricerca
dell’allocazione migliore;
-
i benefici si accumulano ad un
tasso prefissato, scollegato dal rendimento dell’attività in cui i capitali
sono virtualmente investiti, cioè quella del datore di lavoro;
-
offerta rigida e basso tasso
debitorio non responsabilizzano a sufficienza il datore di lavoro nella
massimizzazione dei ritorni reali;
-
a scadenza, l’una tantum
è sì pagata con liquidità del datore di lavoro, ma con il supporto di due
meccanismi a ripartizione, consistenti (a) negli accantonamenti che i
lavoratori ancora attivi continuano a versare e (b) nel fondo di
garanzia del
Tfr (a logica mutualistica) sempre pronto a soccorrere in caso di
inadempienza del datore di lavoro.
Per i dipendenti pubblici non v’è dubbio che
il
Tfr rientri tra i sistemi a capitalizzazione nozionale finanziati a
ripartizione.
(6)
Solo così si ha garanzia che siano sempre possibili i pagamenti,
indipendentemente dai ritorni reali degli investimenti.
(7)
Non esiste quella dicotomia macrovantaggi - microsvantaggi che alcuni
lamentano come il pericolo del multipilastro: i maggiori rendimenti per il
singolo sono “l’altra faccia della medaglia” della maggior crescita
dell’economia. Inoltre, il mix non è a “somma zero”, perché non
consiste soltanto in un rimescolamento di voci contabili tra ciò che
annualmente è prelevato come contribuzione sociale e ciò che è investito
spontaneamente nel fondo pensione. Cambia la dinamica strutturale del
sistema economico.
(8)
Se è
vero, come tanta parte della recente letteratura economica dimostra, che la
spesa pubblica per welfare può divenire strumento di crescita
economica, essa lo diviene sicuramente di più quando non è concentrata sulla
voce pensioni a sola tutela del benessere nell’ultima fase della vita degli
insider al sistema pensionistico pubblico, ma è diversificata a
favorire il mantenimento del benessere e dell’integrità psico-fisica di
tutti i cittadini in tutte le fasi della vita. Anche da questo punto di
vista, la diversificazione multipilastro e il ridimensionamento della spesa
pubblica per pensioni mostrano connessioni endogene con la crescita del Pil.
Si pensi, per fare un esempio su tutti, allo sviluppo di una moderna ed
efficace assicurazione contro la disoccupazione che impedisca la dispersione
del capitale umano e ne favorisca il reinserimento.
Archivio TFR
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