Il
principio di corrispettività, ovvero l’equivalenza
finanziario-attuariale fra i contributi versati da attivo e le
prestazioni godute da pensionato, è lo scopo fondamentale del modello
Ndc (notional defined contribution) che in Italia fu
riduttivamente chiamato ‘metodo contributivo’. Purché i contributi siano
remunerati in base al tasso di crescita della loro base imponibile (e
perciò anche del Pil in costanza delle quote distributive) è dimostrato
che la corrispettività garantisce, a sua volta, l’autosufficienza della
ripartizione e cioè l’uguaglianza fra la spesa e il gettito
contributivo. (1)
La corrispettività è perlopiù affidata ai coefficienti di
conversione (differenziati per età) purché essi siano correttamente
regolamentati. (2) In realtà, i coefficienti italiani sono
affetti da una pluralità di errori per eccesso. Poiché la
pensione è il prodotto del coefficiente per il montante contributivo, le
sopravvalutazioni si riflettono, tal quali, sulla rendita. Limitatamente
al sessantesimo anno d’età, il quadro 1 indica i valori che ciascuna
sopravvalutazione ha assunto nel primo decennio della riforma
(1996-2005). Nonostante che la formula contributiva abbia finora trovato
scarsa applicazione, l’esercizio è ugualmente utile perché getta luce su
quanto, in assenza di correzioni, potrà sistematicamente accadere in
futuro. Gli errori riguardanti le altre età ammesse al pensionamento
sono quantificati (non più in dettaglio) nel quadro 2.
Sopravvalutazione da assestamento
Un primo errore di sopravvalutazione riviene dal
fatto che la tavola di sopravvivenza del 1990 era ancora
provvisoria quando fu usata, nel 1995, per calcolare il coefficiente di
conversione. Nella forma definitiva oggi disponibile, "assestata" dopo
le risultanze del censimento del 1991, la tavola reca tassi di
sopravvivenza superiori a quelli in un primo momento stimati dall’Istat.
Il coefficiente ricalcolato dagli scriventi sui nuovi tassi è risultato
di mezzo punto inferiore (prima riga del quadro 1).

Sopravvalutazione da ritardo quinquennale
Quand’anche calcolato sulla sopravvivenza del 1990
perfettamente assestata, il coefficiente avrebbe pur sempre portato
sulle spalle una ‘obsolescenza’ di cinque anni. Non così se la
sopravvivenza fosse rilevata in tempo reale. In tal caso, sarebbe stato
possibile ottenere un coefficiente perfettamente aggiornato utilizzando
la tavola di sopravvivenza del 1995 (approntata nel 1998 e
successivamente assestata dopo il censimento del 2001). Calcolato dagli
scriventi, tale coefficiente è risultato del 3,1 per cento inferiore
a quello basato sulla definitiva tavola del 1990. Si configura perciò un
altro e più rilevante errore di sopravvalutazione (seconda riga del
quadro 1).
Sopravvalutazione da revisione decennale
Benché inizialmente aggiornato, il coefficiente
sarebbe tuttavia invecchiato nel corso del decennio di validità. Tale
progressiva obsolescenza configura un terzo errore di sopravvalutazione,
non più costante ma crescente (terza riga del quadro1). (3)
L’errore va dallo 0 per cento per i pensionati del 1996 a valori intorno
al 4 per cento per i pensionati dal 2002 al 2005. (4)
Sopravvalutazione da calcolo backward looking
Infine, ancorché aggiornato ogni anno in base alla
sopravvivenza dell’anno precedente, il coefficiente di conversione
sarebbe pur sempre rimasto di tipo backward looking, e cioè
calcolato non sulla effettiva sopravvivenza, sconosciuta ex ante,
della coorte cui è applicato, bensì su quella, rilevata ex post,
di coorti precedenti. Ad esempio, il coefficiente del 2005 non
avrebbe potuto giovarsi dei tassi, ancora indisponibili, con cui i
sessantenni di quell’anno, nati nel 1945, sono sopravvissuti a 61 anni
nel 2006 e sopravvivranno a 62 nel 2007, a 63 nel 2008, a 64 nel 2009, e
così via. In loro vece, sarebbero stati usati gli ultimi tassi rilevati,
alle medesime età, per le coorti precedenti. In particolare, se (come in
ipotesi) la sopravvivenza fosse rilevata senza ritardi, ai nati nel 1945
sarebbero stati imputati i tassi con cui nell’anno 2004 (ultimo
trascorso) i nati nel 1944 sono sopravvissuti a 61 anni, i nati nel 1943
a 62, i nati nel 1942 a 63, e così via, fino al tasso con cui i nati nel
1904 sono sopravvissuti a 100 anni.
Questa crescente obsolescenza dei tassi attribuiti alle età che
seguono il pensionamento genera il più rilevante fra gli errori di
sopravvalutazione. Per individuarne la misura, il coefficiente
backward looking calcolato sulla tavola di sopravvivenza dell’anno
che precede il pensionamento, è stato confrontato con quello forward
looking calcolato su una stima dei tassi di sopravvivenza propri
della coorte di riferimento, che gli scriventi hanno derivato dalle
proiezioni Istat della popolazione italiana al 2050. (5) La
quarta riga del quadro 1 espone le differenze ottenute. Si noti che la
sopravvalutazione da calcolo backward looking decresce nel tempo
sol perché l’Istat prevede che la crescita della sopravvivenza sia
destinata ad attenuarsi. Esercizi previsionali diversamente orientati
generano trend diversi. I recenti progressi in campo bio-medico non
escludono che la vita umana sia alle soglie di balzi in avanti
altrettanto significativi come quelli in passato generati dalla scoperta
della penicellina.
L’errore totale
La quinta e ultima riga del quadro reca la
sopravvalutazione totale di cui hanno beneficiato i sessantenni (in
verità molto pochi) cui, nello stesso periodo, è stata liquidata una
pensione (almeno in parte) contributiva. (6) La sopravvalutazione
va dal 9 per cento per i pensionati del 1996 al 12,3 per cento
per i pensionati del 2005. Per le altre età di pensionamento, il quadro
2 conferma tali ordini di grandezza. (7)

I correttivi
L’errore da calcolo backward looking può
essere eliminato solo prevedendo attendibilmente la sopravvivenza di
ogni coorte. La revisione annuale dei coefficienti rimuoverebbe
l’errore indicato sulla terza riga, destinato, invece, ad ingigantirsi
ove le revisioni fossero ulteriormente diradate. Infine, per porre
rimedio agli errori "tecnici" indicati sulle prime due righe, derivanti
dal ritardo con cui sono approntate le tavole di sopravvivenza e dagli
assestamenti cui sono soggette le tavole già prodotte, occorrono
soluzioni da ricercare in collaborazione con l’Istat.
In assenza delle correzioni indicate, resterebbero pregiudicati il
principio di corrispettività e perciò anche l’autosufficienza del
sistema.
(1) Vedi S. Gronchi e S. Nisticò, "Theoretical foundations of
pay-as-you-go defined-contribution pension schemes" in corso di
pubblicazione su Metroeconomica. La nuova dimostrazione di
Gronchi-Nisticò è più generale di quella offerta dagli stessi autori in
Fair and sustainable pay-as-you-go pension systems: theoretical
models and practical realizations, Cnel, Quaderno n. 27 del 2003 in
quanto evita l’ipotesi di crescita costante della produttività.
(2) La corrispettività è anche affidata al meccanismo di
indicizzazione. La riforma Ndc italiana non prevede un meccanismo
appropriato. Vedi, in proposito, S. Gronchi (1996), "Sostenibilità
finanziaria e indicizzazione: un commento alla riforma del sistema
pensionistico", Economia italiana.
(3) Per ogni anno del decennio (ad esempio, il 2003) la
sopravvalutazione indicata nella terza riga della tavola 1 è lo scarto
percentuale fra il coefficiente calcolato sulla tavola dell’anno
precedente (nell’esempio, il 2002) e quello calcolato sulla tavola di
sopravvivenza del 1995. La compilazione della riga ha quindi richiesto
l’uso delle tavole di sopravvivenza dal 1995 al 2004, l’ultima delle
quali non è ancora disponibile. Per colmare la lacuna, si è fatto
riferimento alle tavole previsionali che l’Istat utilizza per le
proiezioni demografiche. Poiché la prima di queste è relativa al 2005,
la sopravvivenza del 2004 è stata derivata dagli scriventi per semisomma
del 2003 e del 2005.
(4) La sopravvalutazione da revisione decennale (3,8 per cento)
di cui beneficiano i pensionati del 2004 è sensibilmente inferiore a
quella (4,3 per cento) goduta dai pensionati del 2003. Il fenomeno è
spiegato dalla accidentale riduzione subita dalla sopravvivenza nel 2003
a causa delle condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli.
L’episodio, anche se infrequente, suggerisce che per i coefficienti di
conversione sono necessarie forme di ‘destagionalizzazione’ paragonabili
a quelle con cui la riforma ‘stabilizzò’ il rendimento assumendolo
uguale alla media mobile quinquennale dei tassi di crescita del Pil
(anziché all’ultima crescita osservata). Occorre, però, evitare
soluzioni che accrescano l’obsolescenza del coefficiente.
(5) Distintamente per sesso, alla stima si è pervenuti
‘percorrendo in diagonale’ la matrice ottenuta affiancando le colonne
dei tassi di sopravvivenza relativi agli anni dal 1995 in poi. Per gli
anni fino al 2003 compreso, si sono utilizzate le colonne dei tassi
ex post già rilevati dall’Istat; per gli anni restanti si è fatto
ricorso alle colonne dei tassi ex ante previsti dall’Istituto ai
fini delle proiezioni demografiche. A chi va in pensione a 60 anni nel
2005, sono stati così imputati, nell’ordine, i tassi di sopravvivenza
che, nella matrice, compaiono:
· all’incrocio della riga intestata all’età 60 con la colonna intestata
all’anno 2005,
· all’incrocio della riga intestata all’età 61 con la colonna intestata
all’anno 2006,
· all’incrocio della riga intestata all’età 62 con la colonna intestata
all’anno 2007,
e così via.
(6) Il premio totale si ottiene per composizione (non per somma)
di quelli parziali.
(7) Il quadro evidenzia che l’errore (totale) tende a diminuire
con l’età. Il fenomeno è ascrivibile alla nota ‘scatolarizzazione’ della
sopravvivenza.
Archivio TFR
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