Uno dei punti più rilevanti del "Contratto con gli italiani" stipulato cinque
anni fa dal premier prevedeva "l’innalzamento delle pensioni minime ad
almeno un milione al mese", ovvero a 516 euro.
Oggi il centrodestra rilancia, e propone di portare le pensioni più basse, nella
prossima legislatura, a 800 euro mensili. Vediamo se l’impegno preso nel 2001 è
stato rispettato, e se la nuova promessa è realizzabile.
L’impegno del Contratto con gli italiani
Cinque anni fa nel nostro paese vi erano circa sei milioni di
pensionati che percepivano importi inferiori ai 516 euro mensili. Di questi,
solo 1,6 milioni hanno beneficiato dell’aumento deliberato dal Governo di
centrodestra con la Finanziaria del 2002. (1)
Per ottenere l’aumento, infatti, non è sufficiente percepire una pensione bassa,
bisogna anche avere almeno settanta anni e disporre di un reddito familiare
inferiore a determinate soglie, che tengono conto anche del reddito
dell’eventuale coniuge, e di altri redditi diversi dalle pensioni (come gli
interessi sui depositi postali o su titoli di Stato). Nel 2002, ad esempio, una
coppia non doveva avere reddito superiore a 866 euro, cioè il 68 per cento in
più del reddito di una persona sola. Nel valutare la condizione economica dei
potenziali beneficiari, nessuna differenza è prevista tra chi vive in una casa
di sua proprietà e chi invece deve pagare l’affitto.
A causa dell’indicizzazione automatica delle pensioni al costo della vita, nel
corso degli anni il numero dei beneficiari della maggiorazione si è via via
ridotto, tanto che già nel 2004, secondo stime della commissione povertà del
ministero del Welfare, sono scesi a circa 1,4 milioni, cioè il 9 per cento
del totale dei pensionati. Per gli under settanta, la maggiorazione era (ed è)
riconosciuta solo in presenza di un cospicuo numero di anni di versamenti
contributivi.
In conclusione, oggi, nel 2006, si può stimare, con la recente indagine Banca
d’Italia sui bilanci delle famiglie, che vi siano ancora 4,4 milioni di persone
con pensione inferiore ai 550 euro. (2)
La promessa del 2001 è stata quindi rispettata? Nella sua versione
più estensiva (portare a 516 euro tutte le pensioni inferiori a quella cifra)
ovviamente no, ma la stessa Casa delle libertà è stata molto cauta nel
precisare, fin dall’inizio, che l’incremento avrebbe riguardato solo una quota
dei pensionati con redditi bassi.
Nella sua versione più restrittiva (garantire un reddito complessivo di 516 euro
mensili ai pensionati poveri soli, e di 866 euro alle coppie), invece, la
promessa è stata mantenuta. Ma rispettarla era facilissimo. Per farlo, è stata
sufficiente una spesa di circa 900 milioni di euro, una cifra molto
modesta se comparata agli ordini di grandezza tipici delle manovre annuali di
finanza pubblica. (3)
Ci si è quindi trovati di fronte a un semplice adeguamento dei redditi dei
pensionati più poveri e non a una grande e innovativa conquista sociale.
La nuova promessa
Nonostante in questa legislatura l’obiettivo dell’aumento di tutte le
pensioni alla fatidica soglia del milione di lire al mese non sia stato
raggiunto, il programma della Casa delle libertà rilancia in grande stile,
promettendo l’incremento a 800 euro delle
minime . La promessa, se presa alla lettera, e cioè nella sua versione più
generosa, non è realistica.
Si consideri innanzitutto che la pensione media, calcolata con
riferimento a tutti i pensionati, è di circa 860 euro al mese, e che
circa il 53 per cento di essi percepisce un assegno mensile inferiore agli 800
euro.
Si può allora notare che la proposta della Casa delle libertà si scontra con due
problemi principali.
Il primo riguarda il livello molto elevato a cui si pensa di portare le pensioni
più basse. Poiché si tratta di un valore vicino a quello della media delle
pensioni, molti italiani raggiungono questo livello dopo una vita di lavoro e di
versamenti contributivi. Si creerebbe così una evidente iniquità: si
troverebbero a godere di un assegno di analoga entità soggetti che per
raggiungere la pensione hanno dovuto versare anni di contributi, e soggetti che
invece hanno versato poco o nulla.
Il secondo problema consiste nel fatto che, a differenza della precedente,
questa nuova promessa costa molto. Aumentare tutte le pensioni a 800 euro
costerebbe infatti circa 30 miliardi, quasi tre punti di Pil. Come cinque
anni fa, al di là delle enunciazioni generiche contenute nel programma, il
centrodestra ha in mente anche oggi un incremento molto più mirato e
condizionato. Se, come sembra emergere dalle dichiarazioni di alcuni esponenti
del Governo, l’aumento fosse riservato solo agli ultrasettantenni, si può
stimare che la spesa necessaria per portare a 800 euro mensili tutte le pensioni
inferiori a questo livello per una persona sola (e a 1.344 euro al mese per una
coppia, se si vuole conservare lo stesso rapporto di oggi tra i redditi delle
famiglie con una e due persone) si aggiri attorno ai 9,5 miliardi di euro.
Ma è difficile pensare che solo gli ultrasettantenni beneficerebbero
dell’aumento, perché troppo drastico sarebbe lo scalino tra chi ha meno o più di
settanta anni. Se quindi estendiamo il beneficio anche ai pensionati poveri
under settanta, il costo aumenta a circa 15 miliardi, più di un punto di
Pil. Una promessa almeno dieci volte più impegnativa di quella fatta cinque anni
fa.
(1) Fonte: Rapporto annuale Istat 2003, pag. 380.
(2) Vedi anche il recente rapporto Istat "I beneficiari delle prestazioni
pensionistiche nel 2004", febbraio 2006, tab. 6.
(3) Vedi anche il "Rapporto 2004 sulle politiche contro la povertà e
l’esclusione sociale" della commissione per l’esclusione sociale, pag. 92 e
seguenti, disponibile nel sito del ministero del Welfare.
Segue Pagina
|