L’innalzamento delle pensioni minime a 800 euro mensili porterebbe i
pensionati beneficiati a superare l’attuale soglia di esenzione (no tax area).
A questo punto, a meno di non apportare onerose modifiche alla tassazione Irpef,
i futuri scenari possibili sono solo due: o i pensionati si vedranno erodere
dall’imposta, talvolta anche in misura rilevante, l’incremento di cui hanno
fruito o verranno esentati. Ma nella seconda ipotesi si verificherebbero effetti
fortemente sperequativi nei confronti degli altri pensionati che hanno maturato
la pensione per effetto dei contributi versati.
La proposta
Ecco quanto propone il programma elettorale 2006 della Casa delle libertà a
proposito di pensioni (pagina 18 del programma):
"Punto n. 9: società solidale
1. Incremento ad 800 euro delle pensioni minime, oggi a 551 euro e
mantenimento del potere di acquisto delle pensioni, attraverso il recupero
dell’inflazione".
La proposta si compone di due distinti elementi: il primo di carattere
specifico, orientato solo in direzione delle pensioni minime (incremento a 800
euro). E il secondo, di apparente carattere più generale, relativo al
mantenimento del potere di acquisto tramite recupero dell’inflazione.
Analizziamo singolarmente i due aspetti.
L’incremento delle pensioni minime
Per le pensioni minime, sembra ripresentarsi lo stesso iter verificatosi con
la Finanziaria 2002 che ne innalzò alcune a un milione di lire al mese.
La legge stanziò un apposito fondo e la platea dei beneficiati fu ritagliata su
tale cifra. Le ipotesi di "selezione" sono state diverse, per approdare poi a
quella definitiva (settanta anni, limite di reddito individuale e di coppia,
eccetera) stimando, allora, la potenziale platea in circa 2,2 milioni di
persone. In realtà, il provvedimento raggiunse solo 1,6 milioni di soggetti,
successivamente integrati con un esiguo numero di pensionati all’estero.
Alla fine del 2002 si rilevò che il fondo stanziato non era stato totalmente
utilizzato. Dopo aver più volte proclamato che si sarebbe ampliato la platea dei
soggetti beneficiati, si stabilì invece che le risorse derivanti da minori oneri
accertati nell’attuazione dell’articolo 38 della legge 28 dicembre 2001
avrebbero concorso al finanziamento dei benefici previdenziali per i lavoratori
esposti all’amianto, nonché al rifinanziamento del fondo nazionale per le
politiche sociali e del fondo per l’occupazione. (1)
Ora arriva la proposta di incremento a 800 euro mensili. Un’interpretazione
ampia è praticamente inattuabile, perché
troppo costosa.
Ma se si prende alla lettera l’esplicito riferimento alle sole pensioni
attualmente a 551 euro mensili, ignorando quelle comprese tra questa soglia e
800 euro, si può ipotizzare che la platea dei soggetti coinvolti sarà la stessa
del 2002, pari a poco più di 1,6 milioni. (2)
In questo caso, la spesa è stimabile in circa 5,2 miliardi di euro.
Ma gli effetti derivanti dalla promessa elettorale potrebbero non essere la sola
"limitazione" della platea interessata. Infatti, l’incremento concesso ai
pensionati dalla legge Finanziaria 2002, è stato erogato a titolo di
maggiorazione sociale e, in quanto tale, esente da prelievo fiscale. Per
induzione, e il termine scelto induce a questo tipo di considerazione, si può
prefigurare che anche l’ulteriore innalzamento a 800 euro mensili sarà esente da
tassazione.
In tali ipotesi, però, e in assenza di ulteriori interventi sull’attuale
struttura di imposizione del reddito delle persone fisiche, i pensionati che
usufruiranno di una pensione di 800 euro mensili, non per effetto
dell’incremento promesso, ma per meriti personali ovvero per contribuzione
versata, si vedranno sottoposti a un prelievo di 993 euro annui, secondo
aliquote, scaglioni e deduzioni vigenti per il 2005. In altre parole e
ragionando in termini di reddito disponibile, i soggetti beneficiati
dall’innalzamento con maggiorazione sociale avranno un reddito disponibile di
10.400 euro, pari esattamente all’importo della pensione percepita, mentre chi
la pensione se l’è interamente guadagnata avrà un reddito disponibile di poco
più di 9.400 euro.
Il fenomeno distorsivo si presenta, seppure con valori monetari diversi, per
tutti i pensionati con reddito da pensione fino a 11.800 euro annui. Ed è
illustrato nel grafico A, che visualizza il reddito disponibile (al netto
del prelievo Irpef) per diversi livelli di pensione percepita e per un
pensionato con soli redditi di pensione e senza carichi familiari. La barra in
rosso rappresenta il caso della pensione incrementata, con maggiorazione
sociale, a 800 euro mensili.
Come è possibile verificare, il reddito disponibile degli eventuali
beneficiari del promesso incremento sarà pressoché uguale a quello di un
percettore di poco più di 11.800 euro annui, ma passivo di Irpef. In altre
parole, tutti i pensionati titolari di pensione con un importo fino a circa 905
euro mensili godranno di un reddito disponibile inferiore a quello dei
beneficiati dall’incremento.
La portata del fenomeno interessa un numero di pensionati elevato e rapportabile
al numero dei soggetti agevolati dalla norma.
Un ulteriore risvolto di iniquità fiscale potrebbe essere l’imposizione
dovuta per le addizionali (regionali e comunali) a carico dei percettori di
pensione assoggettati all’Irpef. I soggetti beneficiati dall’incremento, essendo
esenti nei confronti del prelievo centrale saranno automaticamente
esentati dell’imposizione delle addizionali, aumentando, in tal modo, il
carattere sperequativo della proposta.
Né sembra possibile ipotizzare una qualsivoglia soluzione al problema, se non
con costi impossibili da sostenere. Oppure, qualora si prevedano rimedi limitati
ai soli percettori di reddito da pensione, con ulteriori risvolti sperequativi
nei confronti di altre tipologie di contribuenti, ad esempio, i
lavoratori dipendenti.
Il mantenimento del potere d’acquisto
La frase sul mantenimento del potere d’acquisto delle pensioni, attraverso il
recupero dell’inflazione, sembra invece ignorare che da sempre è prevista la
perequazione automatica delle pensioni: vale a dire il dovuto e automatico
incremento degli importi percepiti a fronte dell’adeguamento al costo della
vita.
Anche in questo caso, a meno di non creare ulteriori effetti distorsivi, non
dovrebbe essere percorribile la strada di interventi mirati alla sola platea dei
pensionati dal momento che l’indice utilizzato per l’adeguamento automatico
risulta essere lo stesso parametro di riferimento per i rinnovi contrattuali,
per l’indicizzazione degli affitti, e così via.
Probabilmente la garanzia di mantenimento del potere di acquisto delle pensioni
potrebbe non avere un carattere generale, ma riferirsi ai soli importi erogati a
titolo di maggiorazione sociale che, non soggetti alla perequazione automatica,
vengono incrementati con specifici provvedimenti.
(1) Articolo 25, comma 2 della Finanziaria 2003.
(2 ) I 551 euro sono l’importo delle pensioni di 1 milione di lire al
mese, rivalutate. La cifra di 1.600,000 persone è indicata a meno di cessazioni
e nuovi trattamenti. Se non si considerassero età e limiti di reddito, la platea
dei possibili beneficiari sarebbe molto più ampia.
Vedi Tabella 1: la tabella si riferisce alle sole pensioni
Inps. Si consideri anche che un singolo individuo può essere beneficiario di più
pensioni.

Fonte Inps: dati tratti dalle
banche dati statistiche consultabili sul sito
www.inps.it
I dati della tabella contemplano al loro interno gli innalzamenti previsti dalla
Finanziaria 2002

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